di Francesco De Luca
Consentitemi di proseguire nel ricordo del Corpus Domini. Nel pezzo precedente – leggi qui – ho accennato al canto precipuo del culto: Sia lodato ogni momento… che proseguiva con l’invocazione:
O cuore amabilissimo
del caro mio Gesù,
il vostro amor dolcissimo
non voglio niente più.
In chiesa c’erano i bambini che avevano ricevuto la prima comunione: belli per l’età e per la purezza, i giovani cui era demandata la gestione del baldacchino, e la chiesa profumava di gigli, di rose, di fiori di campo, di ginestre, nei sorrisi delle ragazze, leggere nei vestiti d’ estate, e nella presenza delle donne avanti in età, desiderose di dar sfogo, ai primi caldi, alla gioia di aver scampato l’inverno.
Le monache davano ordini alle congreghe di sistemarsi per la processione e, non appena l’ostensorio varcava la soglia della chiesa, la banda mandava la musica.
La nave di Anzio, all’attracco, lanciava il suo suono, e il paese si chinava gioioso al passaggio dell’ Eucarestia.
Il vostro amor dolcissimo
non voglio niente più
…si cantava, e la torre umana di Maurino teneva d’occhio l’ondeggiare del baldacchino, tanto ingombrante quanto maestoso, e la processione si inoltrava per il Corso, fra le finestre ornate con le coperte colorate ai balconi, e i Ponzesi scioglievano le catene dell’esistenza al favore dell’estate incombente.
I forestieri, quei pochi fortunati, si sentivano irretiti in un sodalizio di sacro e umano, di calore terreno, di fede carnale, di pura e autentica ‘ponzitudine’.
Il paese si ergeva a ‘guardia d’onore’ al Santissimo, che negli occhi impuri dei Ponzesi acquistava umanità, come imponeva l’imperativo:
il vostro amor dolcissimo
non voglio niente più.
Mezzogiorno, la campana scandiva della giornata il cammino, il paese viveva una festa autentica.
A casa, la tavola era imbandita. Il padre aveva concesso al vino di essere presente. Col dolce che la mamma aveva sfornato l’uomo diede la stura allo spumante di Antonio di sopra i Conti. Anche i piccoli ne potettero assaggiare e la mente fu gettata nelle più alte atmosfere. Si visualizzavano esistenze profumate di giallo ginestra, come se il leggero vento che seguiva il pomeriggio avesse portato via ogni affanno esistenziale.
Se dovessi dire, oggi, in cosa si concretizzi il sacro, mi viene alla mente quella circostanza. Di pura, essenziale umanità.