segnalato da Sandro Russo
Interessante articolo di Massimo Recalcati da la Repubblica del 31 maggio sulle motivazioni profonde che hanno portato a profonde lacerazioni nella sinistra italiana sul modo di interpretare la guerra in corso. Con un solo difetto, secondo la mia esperienza: per quanto veritiero e condivisibile non convincerà nessuno dei destinatari, tetragoni nelle loro idee e impermeabili a qualunque interpretazione diversa dalla loro.
S. R.
Il commento
La seduzione sovietica
di Massimo Recalcati
La sinistra dello schieramento variegato che caratterizza l’opinione pubblica filorussa nel nostro Paese manifesta una seduzione mai spenta nei confronti del simbolo della falce e del martello. Tale simbolo, infatti, riappare, quasi sempre sottotraccia, come uno spettro inquietante, a sostenere le sue tesi. Esso non è però più associato agli ideali di giustizia sociale, all’emancipazione della classe lavoratrice e dei suoi diritti offesi, ma all’idea nostalgica di un regime totalitario fiero della sua radicale opposizione alle democrazie occidentali.
Non a caso Putin stesso, come è noto, resta figlio pienamente legittimo di una cultura – di matrice stalinista – che ha trovato nel Kgb la sua applicazione poliziesca più pura. Il sostegno alle ragioni russe quando avviene da sinistra ha spesso come denominatore comune una sorta di nostalgia inestinguibile della vecchia Unione Sovietica. A segnalare il fatto che per una parte della sinistra italiana l’anti-americanismo e l’anti-europeismo si confondono con l’ostilità innata verso la forma parlamentare della democrazia occidentale.
La sua lettura degli eventi legati alla guerra in Ucraina assomiglia ad una vecchia canzone d’organetto: gli Stati Uniti e l’Europa sarebbero egualmente colpevoli di volere la guerra schierandosi con l’Ucraina nazista contro il popolo russo che reagisce solo difensivamente alle provocazioni militari della Nato rivendicando il pieno diritto a presidiare i suoi confini insistentemente minacciati dalla potenza bellica occidentale. Con minime variazioni questa canzone è la stessa che ascoltavamo negli anni della guerra fredda.
È un fatto: nella cultura di una certa sinistra qualcosa è rimasto psichicamente bloccato, congelato, immobilizzato. Il lutto per la fine di una stagione politica che vedeva nell’Unione Sovietica il faro della libertà dei popoli, è rimasto incompiuto. Era stato Enrico Berlinguer a sollecitare negli anni Settanta questo difficile lavoro che avrebbe comportato un triplice riconoscimento: l’esaurimento della spinta propulsiva della rivoluzione d’ottobre; l’appartenenza del nostro Paese alla Nato; la democrazia parlamentare come unica forma possibile di governo. L’avvento di quello storico strappo non ha però impedito che una sorta di piaga nostalgica si sedimentasse e desse vita ad una concezione delle democrazie occidentali costantemente critica, come se al fondo di quel lutto necessario si fosse palesato qualcosa di psichicamente indigeribile.
È questo resto incommestibile ad alimentare una visione della democrazia come strutturalmente corrotta. È un leit motiv classico della sinistra autoritaria. La tesi della “guerra per procura” è l’ultima rappresentazione scenica di questa corruzione. Non è il popolo ucraino e il suo governo, legittimamente eletto, a difendere l’inviolabilità del proprio Paese, ma sono gli Stati Uniti e l’Unione Europea ad essi asservita a voler fare, per il tramite del popolo ucraino, una guerra senza frontiere al popolo russo.
La tesi della guerra ucraina come “guerra per procura” è l’ultima di una serie di tesi che interpretano la serie degli eventi traumatici più recenti (11 settembre, terrorismo, guerre in Afghanistan e in Iraq, pandemia) come espressione della regia occulta e criminogena degli Stati Uniti avallata dal ruolo di comparsa impotente giocato dall’Europa.
Il lutto mancato per la fine di un mondo – quello che l’Unione sovietica aveva incarnato – si rovescia così nel sospetto cronico nei confronti delle democrazie. Il trauma della pandemia era stato il più recente e significativo banco di prova: l’ideologia No Vax ha cavalcato la critica alle istituzioni colpevoli di voler trasformare, come in un vero e proprio golpe di Stato, la democrazia stessa in una forma di regime sanitario totalitario.
Attualmente il banco di prova è quello della guerra in Ucraina, ma la sostanza non cambia: come era falso e manipolatorio l’allarme per il pericolo del virus è altrettanto falsa e manipolatoria la guerra del popolo ucraino in difesa dell’aggressione russa. È una sola impostura a due teste. Con la pandemia si trattava di disattivare i meccanismi democratici per imporre un regime totalitario; con l’invio di armi al popolo ucraino si vuole indebolire il regime di Putin per allargare l’imperialismo americano in Europa.
Non importa se l’epidemia non è stata un brutto sogno ma una terribile realtà. Non importa se la guerra in Ucraina non è la guerra voluta dai nazisti ucraini contro il popolo russo, ma una difesa eroica del popolo ucraino della propria libertà contro una aggressione imperialista. La clinica della psicoanalisi lo insegna quotidianamente: la non elaborazione del lutto genera fenomeni allucinatori.
Si vede quello che non c’è per continuare a immaginare il mondo così com’era una volta prima che tutto crollasse.
[Di Massimo Recalcati. Da la Repubblica del 31 maggio 2022]
(*) – Nostalghia è anche del titolo di un film di Andrej Tarkovskij del 1983. Vinse il Grand Prix du cinéma de création al festival del cinema di Cannes di quell’anno.