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L’America forse non è solo il paese dove scorrono latte e miele.
L’ennesima strage, questa volta di bambini piccoli, fatta da chi possiede un’arma e pensa di essere un dio usandola, credo che dimostri come gli Stati Uniti non siano stati capaci di creare uno stato che protegga. L’affidamento al singolo della difesa personale non può dare sicurezza alla comunità.
E la situazione non sembra che possa cambiare a breve termine visto che la fortissima lobby delle armi – che è presente in tutte le campagne elettorali con il sostegno economico ai candidati più favorevoli all’uso delle armi – non intenderà mai diminuire i propri guadagni, per cui troveremo difficilmente una maggioranza di politici intenzionata a disarmare la popolazione.
Dovrebbero essere i cittadini a scendere in piazza per chiedere che le armi debbano essere portate solo dalle forze dell’ordine, ma anche questo non è previsto perché permane l’idea, che appartiene ai discendenti dei coloni che occuparono le terre d’America ed erano intenzionati a difendersi dagli indiani o da altri immigrati europei o da banditi, che ognuno doveva difendere la terra che aveva conquistato e che era diventata la propria terra. E questo principio è presente nel secondo emendamento della Costituzione americana (ben diversa da quella italiana) che dice: Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una milizia ben organizzata, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non può essere infranto.
Per cui il grosso della disputa è sulle regole per l’acquisto delle armi. Da un recente sondaggio risulta che il 14% vorrebbe leggi più flessibili delle attuali, il 32% ritiene giuste quelle in atto e il 53 % vorrebbe regole più ferree. Intanto negli USA ci sono 357 milioni di armi e 328 milioni di persone
Possiamo dire che anche gli Stati Uniti non hanno fatto i conti col proprio passato, favoriti dalla particolarità che è uno stato che ha accolto nel tempo sempre nuovi immigrati i quali si sentivano esenti dalle responsabilità di fatti ed eccidi compiuti dai predecessori. Di sicuro l’eliminazione dei nativi – non tutti scomparsi, ma ridotti alla fame e alla povertà -, la ricchezza accumulata con la tratta degli africani, lo sfruttamento degli immigrati fino al punto da considerarli schiavi a tutti gli effetti fino allo scomputo della somma del viaggio, non toccano i nuovi immigrati, che si sono sempre considerati in gamba e fortunati, per essere riusciti a trovare una loro strada in un paese che ha sempre considerato la libertà il valore per eccellenza.
Ma forse in questo concetto di libertà è debole quell’aspetto particolare che ritiene importante porre il limite alla propria libertà là dove incomincia quella degli altri e questo equilibrio s’incrina troppo facilmente se tutti possono portare armi che possono essere utilizzate per difendersi, ma anche per attaccare.
Così tra le maglie troppo larghe della libertà americana passano frequentemente gli stragisti locali e nel solo 2020 sono state uccise circa 580 persone con le modalità delle stragi. Eppure è dal tempo della strage di Columbine (1) nel 1999 che il pensiero di togliere dalla circolazione la presenza delle armi nelle mani di chiunque ha iniziato a circolare con insistenza. Ma non passa, non riesce a diffondersi.
Così nel paese della libertà, un ragazzo fino a 21 anni non può giustamente comprare e bere superalcolici, ma già dai 18 può acquistare armi. e l’innalzamento dell’età è stato dichiarato incostituzionale proprio lo scorso anno.
Io credo che se lo Stato è l’espressione del livello di civiltà raggiunto dal genere umano,
perché lo libera dalla quotidiana lotta per la sopravvivenza che appartiene agli altri esseri viventi – pensiamo all’Homo homini lupus di Hobbes -, non si può pensare che rinunci ad una delle sue prerogative fondamentali in nome di una libertà che può sfociare nell’insicurezza generale.
Da questo punto di vista lo stato americano garantisce l’esercizio della forza del più forte e non riesce a proteggere il debole.
E questo anche appartiene alla mentalità americana.
Nota della redazione
Bowling a Columbine (Bowling for Columbine) è un film documentario del 2002 diretto da Michael Moore, vincitore del premio Oscar 2003 come miglior documentario.
Elephant è un film del 2003 diretto da Gus Van Sant, vincitore della Palma d’oro al miglior film e del premio per la miglior regia al 56º Festival di Cannes, liberamente ispirato al massacro della Columbine High School nel 1999. Il titolo allude al proverbiale elefante nella stanza, metafora di un problema che tutti vedono ma di cui nessuno vuole parlare
La prima immagine dell’articolo è la vignetta di Mauro Biani su la Repubblica di oggi, 26 maggio 2022
Appendice del 26 maggio (pomeriggio) – Cfr. commento di Sandro Russo
L’amaca del 26 maggio, da la Repubblica (cliccare per ingrandire)
Sandro Russo
26 Maggio 2022 at 16:48
Volevo aggiungere, dalla stampa di oggi, solo due voci, quella della giovane poetessa americana Amanda Gorman e quella del solito Michele Serra, capace di dire in un trafiletto di neanche duecento parole, tutto l’essenziale.
In immagini, nell’articolo di base.
silverio lamonica1
28 Maggio 2022 at 17:34
L’ex Presidente USA suggerisce: “Armiamo gli insegnanti” https://www.ilgiornale.it/video/mondo/trump-armi-agli-insegnati-nelle-scuole-fermare-male-2038063.html . Mi meraviglio come non abbia fornito un altro suggerimento: “Forniamo agli alunni di tutte le scuole giubbotti anti proiettili”. Gli articoli o emendamenti di qualsiasi Costituzione si possono modificare, o quantomeno aggiornare. Se la maggioranza dei parlamentari statunitensi ritiene che sia un diritto per ciascun cittadino armarsi per potersi difendere ( e da questo punto di vista appare evidente la sfiducia degli americani nelle forze di polizia) almeno si aggiunga a quel famoso emendamento: ogni cittadino che acquista o possiede un’arma, sia sottoposto ad accertamenti neuropsichiatrici periodici, al fine di accertarne la piena funzionalità delle facoltà mentali. Del resto gli USA sono all’avanguardia negli studi di psicologia e psichiatria.