di Enzo Di Fazio
Il faro della Guardia è stato, nel tempo, sempre un “personaggio” difficile.
Dico “personaggio” perchè, come affermano in tanti in questi giorni che è partita la campagna di affidamento al FAI per salvarlo, è un luogo dell’anima e dei ricordi, un luogo che racconta di storie e di emozioni. Ha quindi qualcosa dell’umano.
“Difficile” perché è stato sempre difficile arrivarci e perché è difficile proteggerlo.
Oggi lo paragoniamo ad un gigante solitario bisognevole di cure ed attenzioni, usando termini che hanno a che fare con il cuore e i sentimenti.
Quando nel 1886 decisero di costruirlo, all’estrema punta dello sperone di roccia del faraglione, in sostituzione del faro edificato sul Monte Guardia, sicuramente in molti ebbero a pensare d’aver realizzato un’opera straordinaria per bellezza e ingegnosità.
E quasi per sottolinearne la vulnerabilità e preservarne la maestosità crearono in quello stesso anno, per arrivarci, una strada lunga e tortuosa, fatta di tornanti e di pericoli, che, scoraggiando i più a percorrerla ha, negli anni, alimentato il mistero nato intorno al luogo e smosso la fantasia di chi lo vedeva solo dal mare e da lontano.
Così il raggiungimento di quel faro, sicuramente orgoglio di chi l’aveva progettato e realizzato, ha fin dalla sua nascita provocato ansie e paure: ieri per via di una strada i cui pericoli di caduta massi si amplificavano lungo il percorso a causa dei tornanti; oggi per via di quella frattura che, da tempo, si è consumata con il mondo vivo dell’isola.
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Può essere, allora, interessante ricordare cosa accadeva intorno agli anni ’30 quando Ministeri, Commissioni, Genio Civile e Comando Zona Fari decidevano di affrontare il problema della sicurezza della strada che portava al faro.
Siamo alla fine del 1930.
In Italia c’è la monarchia e capo del governo è Mussolini.
Ponza è provincia di Caserta.
I fari di Ponza fanno capo, come ancora oggi, al Comando della Zona dei fari di Napoli.
A Ponza sono funzionanti già dal secolo precedente i fari di Zannone e quello della Madonna entrambi costruiti nel 1858 e il faro della Guardia costruito nel 1886.
A quest’ultimo si arriva attraverso una mulattiera che, partendo dal pianoro abitato degli Scotti e affrontando una piccola salita nella zona cosiddetta “macchia dell’asparago”, va a scoprire, dopo un viottolo pianeggiante, i faraglioni del Calzone Muto.
A quel punto “voltato l’angolo” e abbandonata la visione di terre coltivate e vissute, ci si incammina per il sentiero che, tracciato ai piedi del monte Guardia – o meglio, della “Scarrupata” – va a congiungersi, dopo una serie di tornanti, con la stradina che dalla sella del faraglione si inerpica, disegnando un movimentato budello, sulla criniera dello stesso fino a raggiungere il piazzale del faro.
La strada per il faro con – particolare a sinistra – la vecchia strada a zig-zag
Il viottolo che dalla sella del faraglione conduce al faro
Questo percorso nasce nel 1886 assieme al faro e tale rimane fino agli anni ’50/55 allorquando viene costruita, sotto la direzione del geometra Raffaele Perrotta e con gli uomini della sua impresa, una nuova strada, l’attuale, che taglia, a guisa di cerniera, la base del costone del monte Guardia, unendo la parte alta sopra il Bagno Vecchio all’innesto del faraglione, con un dislivello dolce e lineare.
Faro della guardia con la strada costruita negli anni ’50
Grande conquista per i fanalisti deve essere stata la realizzazione di questa nuova strada visto che quel percorso a zig-zag, appesantito da 10 tornanti e forti pendenze, troppo a ridosso della montagna e così poco agevole, aveva destato negli anni precedenti tanta apprensione nei responsabili della Divisione Fari del Ministero della Marina.
Evidentemente i fanalisti avevano avuto modo di lamentarsi non poco se il problema della loro sicurezza era stato più volte oggetto di interesse sia del Ministero della Marina che di quello dei Lavori Pubblici, al punto da animare, in quegli anni, una grossa discussione intorno ad una serie di proposte atte a trovare una soluzione che potesse rendere sicuro l’accesso del personale, dall’abitato di Ponza al faro.
Pensate, si arrivò a valutare, perfino, la possibilità di spostare il faro dal faraglione della Guardia all’isola di Palmarola!
Si legge, infatti, in una relazione del Corpo Reale del Genio Civile di Caserta datata 24 settembre 1930 quanto segue:
“Da gran tempo al Ministero della Marina ed a quello dei Lavori Pubblici è stato prospettato, dal personale addetto alla sorveglianza del Faro faraglione della Guardia in Ponza, il continuo e gravissimo pericolo cui si va incontro percorrendo la stradetta di accesso dall’abitato di Ponza al Faro in parola, pericolo costituito dalla frequente caduta sulla sede stradale di grossi massi rocciosi che si staccano dalle pareti quasi verticali del soprastante Monte della Guardia.
Allo scopo di evitare l’accertato pericolo furono ventilate svariate proposte sia per spostare il Faro da Ponza alla vicina Isola Palmarola, sia per assicurare l’accesso al faro per via mare”.
Ovviamente, l’ipotesi di spostare il faro a Palmarola non trovò molti consensi e di lì a poco venne scartata.
Era da una decina di anni che il problema di dare maggiore sicurezza ai fanalisti ed alle loro famiglie era dibattuto tra i competenti Ministeri e le Commissioni d’indagine dagli stessi nominate.
Molto interesse e credito assunse la proposta di costruire un porticciolo in corrispondenza dell’istmo verso sud, là dove peraltro c’era già un piccolo approdo naturale, con la realizzazione di uno sbarcatoio e la riparazione di uno scalo di alaggio già esistente.
Particolare dello sbarcatoio
Tale proposta fu anche oggetto di una gara d’appalto indetta nel dicembre del 1924 con un prezzo base d’asta di Lire 124.000=
Ma non se ne fece nulla né in quella circostanza, in quanto la gara andò deserta, né nelle successive, nonostante la revisione dei prezzi.
Su questa proposta erano in tanti ad aver osservato che il porticciolo sarebbe stato un palliativo, vista l’impossibilità di attraccare in presenza di mare grosso che avrebbe avuto facilmente ragione anche della scogliera di cui era prevista la costruzione a protezione dell’approdo.
Ma l’idea di dotare il faro di un piccolo pontile di approdo, utilizzabile comunque con il mare calmo e nelle stagioni buone, non venne del tutto abbandonata, e se ne auspicò la realizzazione soprattutto se si fosse contenuta l’entità della spesa nei limiti dei lavori essenziali.
Si legge infatti ancora nella relazione di cui sopra:
“…con tale soluzione non si garantirebbe in modo assoluto il transito da Ponza al Faro, ma si ridurrebbero in modo sensibile le probabilità di incidenti”.
Emerge dalla lettura della relazione un’altra proposta curiosa, per la verità prontamente abbandonata: quella di spostare il tratto di strada pericoloso (il sentiero zigzagato) sulla cresta del monte Guardia.
A colui che l’aveva presentata venne fatto osservare che, a parte l’allungamento del percorso, il tratto dal costone alla sella (il punto di inizio del faraglione) presentava un dislivello di circa 170 metri ed era costituito “da roccia a picco, fessuratissima con elementi già disgregati ed in equilibrio instabile”
Il faro visto da Monte Guardia con particolare della roccia
Venne presa in considerazione anche la possibilità di “rendere il faro permanente ad acetilene disciolto, e quindi insorvegliato da personale…”, ma per fortuna tale soluzione non venne ritenuta ideale, data la grande importanza di quel faro “…la sua ottima caratteristica a splendori bianchi e la sua portata sicura di miglia 24”.
Prese corpo, allora, la proposta che sembrò ai più essere quella idonea a risolvere il problema.
Recita la relazione
“…Non resta, quindi, che ricorrere alla costruzione di una galleria a piccola sezione nel tratto di via dalla sella alla garitta (1) (2) …tale soluzione assicura in modo stabile e continuativo l’accesso al Faro ed indurrebbe il personale di guardia a prendere dimora fissa al faro, il che tornerebbe utile al servizio potendosi anche ridurre il numero del personale addetto…
La galleria avrebbe avuto una lunghezza di 520 mt. e procedere dalla zona del Bagno Vecchio in leggera pendenza verso la sella del faraglione.
L’illuminazione e la ventilazione sarebbero state assicurate da piccole finestre praticate in punti opportuni.
Si legge ancora nella relazione
“…per quanto è dato desumere da un primo esame della tettonica dei terreni e dalla descrizione geologica, nel taglio della galleria s’incontrerebbero rocce tufacee o pomicee, per cui è da prevedersi un rivestimento murario di modesto spessore…”
Ma perchè non venne realizzata la galleria? Che oggi poteva essere la ‘Via dell’Amore’ della nostra isola, non meno emozionante e bella di quella che, alle Cinque Terre, unisce Manarola a Riomaggiore?
Costava troppo.
In una cifra largamente approssimata si parlò di oltre 550.000 lire tra il costo della galleria, quello dei lavori di messa in sicurezza dei massi pericolanti tra la sella e il faro e il costo di riparazione dello sbarcatoio. A questi bisognava aggiungere quelli delle consulenze dell’ingegnere geologo e dei sondaggi del sottosuolo.
Alla discussione parteciparono nove alti dirigenti di una commissione appositamente nominata, ognuno con considerazioni e proposte diverse.
La conclusione?
Visto il momento congiunturale dell’epoca e visto l’alto costo dell’opera da intraprendersi:
“..la Commissione decide che sia opportuno attenersi, per ora, alla prima soluzione proposta dal Genio Civile di Caserta, di sistemare, cioè, convenientemente il piccolo pontile di approdo, e di riattare la stradetta dal pontile stesso alla sella, RIMANDANDO LA QUESTIONE DELLA COSTRUZIONE DELLA GALLERIA AD EPOCA PROPIZIA”.
Passeranno altri 20-25 anni prima di arrivare alla realizzazione dell’attuale strada.
Nel frattempo chissà se mai venne ripresa l’idea della galleria.
Certamente il Comando Zona Fari ebbe a trovarsi ancora a fronteggiare le lamentele e le sollecitazioni dei fanalisti.
Allora come oggi, quando parliamo di tutela del territorio e di messa in sicurezza dello stesso, dobbiamo supporre che ci furono per anni assicurazioni e promesse, risultati come sempre sedativi e non rimedi.
Note
(1) nella relazione si parla di una garitta “di recente costruzione per la Milizia Volontaria”
(2) Doveva trattarsi di un “corpo di guardia” collocato lì dove, lasciata la vista dell’abitato di Ponza, si comincia a vedere il faraglione della Guardia.