Poesie, Racconti

Non dimenticheremo: le donne vinceranno la guerra

di Giuseppe Mazzella di Rurillo

Sono le immagini terribili dei bambini che fuggono dalla guerra e delle donne che combattono che mi commuovono. Fino alle lacrime.
Seguo Enrico Mentana su “la 7” ogni giorno per tre ore e resto muto nel dolore. Ripenso alla Barbara di Prévert (1) e ripeto con orrore: Quelle connerie la guerre – Che coglionata è la guerra.
È pazzesco che in pieno XXI secolo, a 75 anni dalla seconda guerra mondiale in Europa si faccia una guerra. Che i bambini vengano uccisi. Che i bambini fuggano. Che i bambini perdano la casa, la scuola, il paese.

Ma in questo orrore emerge il coraggio delle donne.
Olga, 48 anni, medico con 12 figli di cui 6 adottati, “mamma eroina” è morta combattendo in Ucraina ed i suoi figli non ne hanno avuto ancora il corpo. Ma Irina, 31 anni ha fatto nascere i suoi due gemelli sotto le bombe a Leopoli, dopo 75 ore di treno senza cibo e acqua. Marina, 44 anni giornalista in Russia protesta in tv contro la guerra e rischia il carcere e la rappresaglia contro se stessa ed i suoi due figli.
Sono convinto che saranno le donne a vincere la guerra e ad ottenere la pace. Sono loro la forza morale più grande. Hanno più memoria. Non dimenticano.
Ho letto oltre cinquant’anni fa un dramma di Curzio Malaparte (2) che amo molto perché nessuno meglio di lui ha saputo descrivere l’orrore della guerra. Si chiamava: Anche le donne hanno perso la guerra.
Ricordo solo – quella mi è rimasta impressa – la risposta della protagonista alla domanda se bisogna dimenticare l’orrore della guerra.
No. Non si deve dimenticare. Se dimenticassimo per l’umanità non ci sarebbe più speranza.
É ancora disperatamente vero.
G. M. di R.

 

Barbara
par Jacques Prévert

Rappelle-toi Barbara
Il pleuvait sans cesse sur Brest ce jour-là
Et tu marchais souriante
Epanouie ravie ruisselante Sous la pluie
Rappelle-toi Barbara
Il pleuvait sans cesse sur Brest
Et je t’ai croisée rue de Siam
Tu souriais, et moi je souriais de même
Rappelle-toi Barbara
Toi que je ne connaissais pas
Toi qui ne me connaissais pas
Rappelle-toi, Rappelle-toi quand même ce jour-là
N’oublie pas
Un homme sous un porche s’abritait
Et il a crie ton nom
Barbara
Et tu as couru vers lui sous la pluie
Ruisselante ravie épanouie
Et tu t’es jetée dans ses bras
Rappelle-toi cela Barbara
Et ne m’en veux pas si je te tutoie
Je dis tu a tous ceux que j’aime
Même si je ne les ai vus qu’une seule fois
Je dis tu a tous ceux qui s’aiment
Même si je ne les connais pas
Rappelle-toi Barbara, n’oublie pas
Cette pluie sage et heureuse
Sur ton visage heureux
Sur cette ville heureuse
Cette pluie sur la mer, sur l’arsenal
Sur le bateau d’Ouessant
Oh Barbara, quelle connerie la guerre
Qu’es-tu devenue maintenant
Sous cette pluie de fer
De feu d’acier de sang
Et celui qui te serrait dans ses bras
Amoureusement
Est-il mort disparu ou bien encore vivant
Oh Barbara
Il pleut sans cesse sur Brest
Comme il pleuvait avant
Mais ce n’est plus pareil et tout est abîmé
C’est une pluie de deuil terrible et désolée
Ce n’est même plus l’orage
De fer d’acier de sang
Tout simplement des nuages
Qui crèvent comme des chiens
Des chiens qui disparaissent
Au fil de l’eau sur Brest
Et vont pourrir au loin
Au loin très loin de Brest
Dont il ne reste rien.

Barbara

Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua quel giorno su Brest
E tu camminavi sorridente
Raggiante rapita grondante, sotto la pioggia
Ricordati Barbara
Pioveva senza tregua su Brest
E t’ho incontrata in rue de Siam
E tu sorridevi, e sorridevo anche io
Ricordati Barbara
Tu che io non conoscevo
Tu che non mi conoscevi
Ricordati, ricordati comunque di quel giorno
Non dimenticare
Un uomo si riparava sotto un portico
E ha gridato il tuo nome
Barbara
E tu sei corsa incontro a lui sotto la pioggia
Grondante rapita raggiante
Gettandoti tra le sue braccia
Ricordati di questo Barbara
E non volermene se ti do del tu
Io do del tu a tutti quelli che amo
Anche se non li ho visti che una sola volta
Io do del tu a tutti quelli che si amano
Anche se non li conosco
Ricordati Barbara, non dimenticare
Questa pioggia buona e felice
Sul tuo viso felice
Su questa città felice
Questa pioggia sul mare, sull’arsenale
Sul battello d’Ouessant
Oh Barbara, che coglionata la guerra
E cosa sei diventata adesso
Sotto questa pioggia di ferro
Di fuoco acciaio e sangue
E lui che ti stringeva fra le braccia
Amorosamente
È forse morto disperso o invece vive ancora
Oh Barbara
Piove senza tregua su Brest
Come pioveva prima
Ma non è più cosi e tutto si è guastato
È una pioggia di morte desolata e crudele
Non è nemmeno più bufera
Di ferro acciaio sangue
Ma solamente nuvole
Che schiattano come cani
Come cani che spariscono
Seguendo la corrente su Brest
E scappano lontano a imputridire
Lontano lontano da Brest
Dove non c’è più niente


Note

(1) – Jacques Prévert (1900 – 1977) è stato un poeta e sceneggiatore francese. Nel 1946, nel dopoguerra, esce la raccolta di poesie Paroles, in cui Barbara è contenuta. Già dai primi versi il poeta delinea il luogo in cui l’opera è ambientata: si tratta di Brest, una cittadina portuale francese pesantemente bombardata nel 1944.

(2) – Curzio Malaparte è stato uno scrittore, giornalista, militare, poeta e saggista italiano, nonché diplomatico, agente segreto, sceneggiatore, inviato speciale e regista cinematografico; una delle figure centrali dell’espressionismo letterario in Italia e del neorealismo (da Wikipedia). Sul sito si è scritto del libro di Malaparte, La pelle (1949) e del film che ne è stato tratto, di Liliana Cavani con Marcello Mastroianni (1981), in un articolo recente sulle calamità e tragedie di Napoli

4 Comments

4 Comments

  1. Sandro Russo

    18 Marzo 2022 at 23:54

    Mi dispiace di essere sempre io a tarpare le romantiche fantasie di Giuseppe Mazzella da Ischia.
    Non mi aveva convinto quando aveva scritto: “La guerra non si farà perché i bambini cinesi non la vogliono” (vedi Commento).

    Delle donne avrei più fiducia, anche se finora le cose non sono andate troppo bene. E qualcosa sta cambiando, ma così lentamente! Credo anch’io che avremmo un mondo diverso, se fossero le donne a prendere le decisioni importanti, ma siamo nel mondo dei “se”.
    Ne ha scritto Annalisa Cuzzocrea in un articolo che abbiamo riportato sul sito proprio per la ricorrenza dell’8 marzo: “Dedicato alle donne ucraine”:
    “Perché da sempre, in tutte le guerre che i vaneggiamenti, gli errori e le sottovalutazioni degli uomini hanno portato, le donne hanno combattuto e combattono: mettendo al sicuro chi non può farlo da solo, imparando a imbracciare un fucile se serve, soffrendo tutto l’orrore del mondo. Sarebbe stato diverso se a guidare gli equilibri dell’ultimo secolo fossero state le donne? Non possiamo saperlo”.
    Intanto in Germania si è aperto un grosso dibattito sul ruolo di mutti Merkel nella sottovalutazione del pericolo Putin nei sedici anni in cui è stata alla guida del suo paese.

    Ma ringrazio Giuseppe per avermi fatto ritrovare il poeta dei miei anni verdi: con Jacques Prévert hanno imparato a parlare d’amore tutti i ragazzi della mia generazione! Però è un ritorno al passato, non un’analisi in proiezione futura.
    Di questo passo torneremo – noi e le nostre attempate compagne – a dipingerci la faccia con il triangolo rovesciato iscritto in un cerchio, il simbolo di Fate l’amore non la guerra!

  2. Giuseppe Mazzella di Rurillo

    19 Marzo 2022 at 17:53

    Il ’68: la generazione politica
    La mia generazione è stata “politica” cioè fortemente impegnata sui temi del cambiamento strutturale del modello di sviluppo economico e di assetto civile del mondo moderno. La grandissima parte del “Movimento Studentesco” – qui il termine è usato nel senso partecipativo – era schierata nell’area del socialismo e del comunismo internazionalisti partendo dalla considerazione condivisa che il capitalismo doveva essere superato perché in sé conteneva il vizio (o peccato originale) dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. E ciò era, nel capitalismo, immodificabile.
    Nelle aule universitarie degli anni ’70 il tempo era dedicato più alle discussioni sui massimi sistemi che allo studio regolare. Io facevo Economia e Commercio non filosofia. I “classici”, da Adam Smith a Marx, erano pietre miliari.
    La visione da “destra” o “cattolica sociale” era di una minoranza della popolazione studentesca, tuttavia altrettanto ideologizzata.
    Su “Riforma” o “Rivoluzione”… le discussioni fra “colleghi” e con qualche grande “maestro” non potevano non partire che da robusti libri universitari, dalla ricerca della obiettività storica, dai valori condivisi della Rivoluzione Francese del 1789: Liberté, Égalité, Fraternité.
    Così la mia generazione si è formata sulla assoluta fedeltà alla repubblica, alla democrazia politica, al diritto alla partecipazione al pensiero libero al lavoro, e l’azione politica – con partiti diversi che si chiamavano PCI, PSI, PRI – era tesa ad estendere le frontiere della sovranità popolare con consapevolezza culturale.
    La pace per l’umanità era valore assoluto come assoluta era l’adesione alla non violenza.

    Le generazioni successive hanno abbandonato la vita politica ed hanno preso atto, con la globalizzazione, della irreversibilità del capitalismo, soprattutto nei suoi aspetti più negativi.

    Queste riflessioni mi sono venute alla penna vedendo le immagini dei giovani alla manifestazioni di Putin allo stadio di Mosca. Giovani con i colori della nuova bandiera nazionale dal 1991 sul viso. Bandiere ovunque come una partita di pallone. Urla, slogan…
    Mi è sembrato un ritorno al Medio Evo ed alla barbarie al tempo dei telefonini.
    La mia gioventù manifestava contro la guerra in Vietnam. Cantava Bandiera rossa, l’Internazionale, Bella ciao. Si appassionava alle “mozioni congressuali” pubblicate su l’Avanti! e sognava l’Europa socialista di Altiero Spinelli.
    G. M. di R.

  3. Nicola Lamonica

    19 Marzo 2022 at 20:29

    Letture orientate umanizzanti significative ed edificanti, riflessioni critiche per una vita migliore, sui diritti negati e su prospettive di rivolta sociale per una rinnovata civiltà; impegni di lotta locale ricchi di sano e realistico idealismo su di un orizzonte rosso… hanno caratterizzato la nostra esistenza, caro Peppino, cari tutti… E ne siamo fieri!
    Viva la vita vissuta nei valori costituzionali e nell’idealità

  4. vincenzo

    20 Marzo 2022 at 09:57

    Nostalgici del pacifismo, che cosa abbiamo insegnato a questi giovani “che con telefonini tornano alla barbarie del medio evo?” (ammesso che il medio evo fosse solo barbarie).

    Abbiamo fatto sviluppare nelle nostre scuole “letture umanizzanti, riflessioni critiche per una vita migliore?”

    Se adulti – arrivati per loro fortuna alla pensione, cresciuti a pane e rivoluzione contro il capitalismo e l’imperialismo sia americano che sovietico – non si ribellano a questo sistema che produce scuole aziendali, libri che esaltano la superiorità del democrazia liberista, una stampa e Tv che propaganda costantemente il progetto dell’élite mondialiste, quale esempio possiamo essere per figli e nipoti?

    Abbiamo mai provato a spiegare a questi giovani:
    – Chi ha ucciso Aldo Moro?
    – Chi ha permesso il divorzio tra la Banca d’Italia e Tesoro e quali sono state le conseguenze per l’Italia?
    – Chi ha svenduto il patrimonio industriale italiano?
    – Chi ha dato l’ordine per distruggere la prima Repubblica?
    – Chi ha imposto questa Europa del mercato truccato e non certo dei popoli? E con quali strategie si è arrivati a questo?
    – Chi sta distruggendo la Costituzione italiana?
    – Chi impone il pareggio di bilancio?
    – Chi impone la Bolkestein, la riforma del catasto, la privatizzazione dell’acqua pubblica?
    – Chi ha permesso che il 10% della popolazione italiana fosse ghettizzata, discriminata e criminalizzata?
    – Perché aumentano i prezzi?
    – Chi ha imposto questo mondo basato sul ricatto degli usurai internazionali?
    – Chi produce le guerre nel mondo, la fame, la distruzione ambientale?
    – Chi si arricchisce con questo sistema economico e chi si impoverisce?

    Siamo cresciuti a pane e politica. Negli anni sessanta andavamo alle manifestazioni contro la guerra in Vietnam. C’era una ragazzo che come me cantava Gianni Morandi. Oppure: “eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo” cantava Gino Paoli.

    Io ho rispetto per i giovani che non hanno la Costituzione a proteggerli e devono inventarsi una vita, questa sì diventata un inferno nelle mani dei nuovi barbari.

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