Defunti

Per Silvia, mia sorella

di Sandro Vitiello

Un paio di giorni fa ci ha lasciati mia sorella Silvia; aveva 83 anni e da qualche tempo la sua salute non era delle migliori.

La sua infanzia e poi la gioventù è stata comune a quella di tante ragazze di Ponza, nate a ridosso della guerra. Era una vita molto semplice ma c’era una comunità ricca di relazioni dove i gesti della vita quotidiana diventavano riti spesso da condividere.
Silvia ha avuto un’infanzia felice, anche se crescendo, ed essendo la maggiore tra i figli, ha dovuto aiutare la madre ad accudire i suoi fratelli minori.
Uno dei ricordi della mia prima infanzia è legato a lei che mi portava in chiesa e poi, sulla strada del ritorno, si fermava a comperarmi dei dolci.
Da mia madre aveva sicuramente ereditato la passione per i fornelli: ricordo con nostalgia una cena alla vigilia di Natale a Senago durante la quale si era esibita nella preparazione di gustosissimi piatti della tradizione ponzese.


Dopo il matrimonio ha passato gran parte della sua vita a Senago, pochi chilometri più a nord di Milano.
Vi era arrivata nel 64, sposata da poco a Candido Musella che, a Ponza, abitava sul Montagnone, poco lontano dalla nostra casa.
Candido aveva passato gran parte della sua vita lavorativa in giro per il mondo, imbarcato sulle navi mercantili, ma aveva creduto nella possibilità di un cambiamento lavorativo che gli permettesse di tornare a casa la sera e di avere una vita con ritmi normali.
La sua esperienza da motorista sulle navi gli diede la possibilità di diventare responsabile delle caldaie all’ospedale Fatebenefratelli di Milano.
I motori che faceva girare prima portavano le merci in giro per il mondo, i motori dell’ospedale salvavano vite umane.
Era un buon mestiere.


I primi anni in Lombardia sono stati difficili; negli anni sessanta trasferirsi al nord non era una passeggiata.
Non c’erano solo problemi di comunicazioni, c’erano soprattutto problemi di integrazione.
E poi sono arrivati i figli – Anna e Antonio – e poi i nipoti Claudia, Giulia e Marco.
Tutte le estati Silvia, con il marito ed i figli, si trasferiva a Ponza nella casa sopra al Montagnone.
Quella casa che lui aveva fatto costruire prima di sposarsi.
Costruita alla vecchia maniera, con il mastro muratore a dirigere e tutta la famiglia che partecipava come manovali.
Era una casa con i tetti a cupola, con il pozzo per l’acqua piovana, con il cortile davanti che diventava luogo di vita quotidiana.


A Milano la sua casa è stata sempre aperta a quanti arrivavano da Ponza, a cominciare da me.
Se la mia vita ha seguito un certo percorso è anche perché mia sorella abitava da queste parti.
Quando Candido si è ammalato Silvia lo ha accudito amorevolmente fino alla fine, di lei.

Era la mia sorella maggiore. E’ stata anche un po’ mia madre.
Ciao Silvia

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