di Amelia Ciarnella
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Per quanto ne so, ci sono due tipi di solitudine: una volontaria, piacevole e avventurosa, che è sempre stata giovanile e passeggera. L’altra involontaria, definitiva e triste che arriva quasi inevitabilmente dopo la terza età.
Sappiamo tutti che la caratteristica infantile è la curiosità, perché i bambini crescono guardando, curiosando e sperimentando nel loro piccolo ogni cosa. Poi, crescendo, la curiosità aumenta con essi e vogliono fare esperienze più importanti, come quella di scoprire posti nuovi e conoscere il mondo. Con questo desiderio e interesse, nei tempi passati, alcuni giovani lasciavano il proprio paese, andandosene a vivere in un territorio straniero, senza conoscere luogo, lingua, e persone. In quel caso dovevano cavarsela da soli e nonostante iniziare una nuova vita in posti sconosciuti doveva essere molto duro e difficile, poiché ogni luogo rappresentava una completa incognita, poteva anche riservare delle piacevoli sorprese. I primi emigranti saranno stati certamente dei giovani avventurosi e coraggiosi, stimolati sempre da quella stessa curiosità di scoprire, vedere e conoscere posti nuovi e diversi: mai nulla e nessuno li avrebbe fermati, né spaventati o fatti arretrare davanti ad eventuali pericoli. Ecco, questa è soltanto una bella solitudine volontaria, giovanile e passeggera.
La solitudine invece che arriva ad una certa età è sempre involontaria e piuttosto seria, poiché le persone anziane non hanno più l’energia, la capacità e la forza di un tempo, e, non potendo fare quasi più nulla, si sentono limitate in tutto. Da lì subentra lo sconforto e lo scoraggiamento che è maggiore nelle persone deboli. Inoltre se c’è qualche patologia che li accompagna la solitudine diventa oltremodo pesante e avvilente, sia per gli stessi anziani che per chi li assiste.
L’unico rimedio per ogni persona della terza età, (se fosse possibile!) sarebbe quello di poter fornire loro una buona dose di autonomia per incoraggiarli ad andare avanti senza l’aiuto di nessuno, fino al termine della vita. Solo in quel caso l’anziano potrebbe resistere a non cedere del tutto e vivrebbe anche più tranquillo.
Poi, quando l’autonomia non c’è più, è molto meglio “trapassare” che è un bene per sé e per gli altri.
Ma, tornando alla vita semplice che conducevano gli abitanti del mio paese di allora, Tufo di Minturno, tutti i genitori sentivano il dovere di far crescere degnamente i loro figli, cercando di trasmettere loro tutto ciò che avevano imparato dai propri genitori: essere, cioè, dei bravi giovani onesti, capaci, laboriosi e coraggiosi. Quando poi i figli erano cresciuti, diventati autonomi e indipendenti, si sposavano e andavano a formare una nuova famiglia, i cui figli venivano educati alla stessa maniera, poiché i tempi erano sempre quelli e pertanto il metodo rimaneva lo stesso.
La vita continuava a scorrere, la vecchiaia avanzava come succede sempre, e i due coniugi, soddisfatti per essere riusciti a compiere il loro dovere di genitori, si godevano il resto della vita. Di tanto in tanto ricevevano la visita dei figli, sempre presi dai soliti impegni, come capita a tutti.
Intanto sono trascorsi molti anni e i due anziani coniugi sono giunti nell’età in cui le forze e le energie sono ridotte al minimo, pertanto devono accontentarsi di fare ciò che possono. Inoltre a quell’età sono anche consapevoli che prima o poi dovranno separarsi, poiché la separazione eterna è da sempre stabilita dal Padreterno ed è inevitabile. Quando la moglie, o il marito, lascerà la terra, il coniuge superstite rimarrà solo. Soltanto allora inizierà la vera solitudine.
Da quel momento avrà tutto il tempo che vuole per pensare. Rievocherà i tempi passati e si chiederà: quante sono le fasi della vita? – la nascita, la crescita, la giovinezza, la vecchiaia e alla fine purtroppo, anche la morte. E non si scappa. Si nasce, si cresce e si muore.
Poi va col pensiero alla sua infanzia, ai suoi amichetti di un tempo, ai giochi che si facevano e quali erano quelli preferiti. I giocattoli non esistevano. Si giocava inventandoseli al momento secondo la propria fantasia. C’era quello che, trovato per terra un cerchio di metallo, cercava di farlo funzionare reggendolo in equilibrio e dandogli dei piccoli colpi con la mano mentre gli correva dietro, soddisfatto di essere riuscito a farlo rotolare davanti a sé. Le bambine si facevano da sole la solita bambolina con un canovaccio da cucina e giocavano con quella a fare la mamma. Intanto l’anziano sonnecchia sulla sua sedia e vede passare nella sua mente, come in un sogno, tutta la sua vita: l’infanzia, la giovinezza, la maturità e infine la vecchiaia. Ma non ha alcun rimorso poiché è riuscito sempre a compiere il suo dovere di padre e di nonno. Poi, chiudendo lentamente e definitivamente gli occhi si addormenta sereno, per poter raggiungere la sua dolce metà che dall’altra parte lo attende, per riunirsi a lui e rimanere insieme per sempre.