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La storia non è magistra vitae. L’uomo non riesce a far tesoro dei suoi errori
Sono giorni di estrema tensione, di paura, anche. Di confusione, soprattutto, in cui allo sgomento per l’indiscutibile, imperdonabile errore dell’invasione russa dell’Ucraina non corrisponde, in vasti strati dell’opinione pubblica, il tentativo di comprendere ragioni storiche che stanno a base degli odierni scombussolamenti. Questo mio veloce viaggio negli anni della guerra fredda, che da giovani, però vivemmo calorosamente, intende fare un po’ di luce ed indurre alla riflessione.
Nella notte del Capodanno 1959 i rivoluzionari di Fidel Castro rovesciarono Fulgencio Batista, corrotto dittatore al servizio della mafia americana e funzionale alle politiche americane nello scacchiere del Centro e Sud America. Batista fuggì dall’isola con i suoi fedelissimi e con i suoi milioni e si rifugiò prima nel Portogallo del dittatore Caetano (destituito dalla Rivoluzione dei garofani, che quelli che come me hanno un certain âge ricorderanno con nostalgia, profonda ed immutabile), per poi trovare ospitalità definitiva nella Spagna fascista di Francisco Franco.
Sei giorni dopo, l’8 gennaio 1959, il barbuto Fidel Castro – indistruttibile icona del ’900 – raggiunse l’Avana ed entrò trionfalmente in città, realizzando così la cosiddetta Rivoluzione cubana che lo avrà come leader fino al suo ritiro, il 31 luglio del 2006.
Il 10 agosto 1959 lo Strategic Air Command statunitense diede il via all’Operazione Deep Rock, cioè al ri-schieramento di missili balistici IRBM PGM-19A Jupiter in Italia, dopo che De Gaulle rifiutò di installarli in territorio francese. L’Aeronautica Militare italiana schierò 30 missili Chrysler PGM-17 Jupiter alle dipendenze dell’appositamente costituita 36ª Aerobrigata Interdizione Strategica, con comando a Gioia del Colle, che venne istituita il 1º gennaio 1960 (in pratica il 23 aprile 1960) ed entro sei mesi le previste dieci postazioni vennero tutte attivate.
Il 28 ottobre 1959 il governo turco e quello degli Stati Uniti, al fine di potenziare il fianco del sud della NATO, firmarono un accordo per l’installazione di missili IRBM PGM-19 Jupiter a testata nucleare sulle basi militari della NATO posizionate in territorio turco. I missili rimasero sempre sotto controllo dal personale dell’Aeronautica Militare degli Stati Uniti.
Nel giugno 1960 Fidel Castro aveva nazionalizzato le raffinerie della Esso di John D. Rockefeller, della Shell e della Texaco, perché si erano rifiutate di raffinare il petrolio sovietico. Il 17 settembre vennero espropriate tutte le banche statunitensi, compresa la First National City Bank di New York di James Stillman Rockefeller, la First National Bank di Boston e la Chase Manhattan Bank di David Rockefeller, e altre società; in ottobre furono chiusi i casinò e le catene di alberghi Riviera e Capri (alberghi di turismo sessuale), appartenenti ai gangster statunitensi Meyer Lansky, Lucky Luciano, Santo Trafficante Sr e Frank Costello. Circa 250 000 cubani fuggirono per emigrare negli Stati Uniti, perdendo i loro beni. In campo agricolo, con la riforma agraria, il governo aveva distribuito ai contadini cubani, raccolti in società cooperative, 270 000 ettari di latifondo e porzioni di territorio già coltivato; circa 35.000 ettari della United Fruit Company di proprietà di Nelson Rockefeller. Colpiti gli interessi dei proprietari delle società statunitensi, Cuba si avvicinò ulteriormente, con lo scambio di zucchero per petrolio, all’Unione Sovietica.
Fra il 17 e il 19 aprile 1961 un manipolo di esuli cubani contrari al nuovo regime politico instaurato con la rivoluzione del capodanno 1959 effettuò una spedizione militare, la cui gestazione fu complicatissima, trovando origine durante la presidenza Eisenhower (20/1/53 – 20/1/61) e attuazione durante i primi tempi della presidenza Kennedy (20/1/61 – 22/11/63). Lo sbarco avvenne alla Baia dei Porci; gli invasori furono respinti con pesanti perdite da entrambe le parti.
La notte tra il 12 e il 13 agosto del 1961, anche come risposta al maldestro tentativo di invadere Cuba, iniziò la costruzione del muro di Berlino, che era lungo 155 chilometri e divise la città in due fino alla fine della Guerra Fredda (1), il 9 novembre 1989.
Nel luglio 1962 durante un incontro segreto tra Chruščёv e Fidel Castro venne raggiunto un accordo per l’installazione di missili nell’isola caraibica; la realizzazione delle strutture di lancio dei missili venne avviata poco più tardi.
Carta strategica con indicazione del raggio d’azione potenziale dei missili sovietici a Cuba
Nell’ottobre del 1962 si verificò la cosiddetta crisi di Cuba (o Crisi dei Caraibi): gli statunitensi ebbero prove che l’Urss, in base all’accordo citato, spostava a Cuba missili. Immediatamente gli Stati Uniti allestirono un blocco militare per impedire che ulteriori vettori balistici potessero giungere a Cuba, annunciando che non avrebbero consentito nuove consegne di armi offensive a Cuba e chiedendo che i missili già presenti sull’isola fossero smantellati e restituiti all’Unione Sovietica. Dopo un lungo periodo di stretti negoziati venne raggiunto un accordo tra il presidente americano John F. Kennedy e il presidente russo Nikita Chruščёv. Pubblicamente, i sovietici avrebbero smantellato le loro armi offensive a Cuba e le avrebbero riportate in patria, sotto verifica da parte delle Nazioni Unite e in cambio di una dichiarazione pubblica da parte statunitense di non tentare di invadere nuovamente Cuba. In segreto, gli Stati Uniti avrebbero anche acconsentito a smantellare tutti i PGM-19 Jupiter, di loro fabbricazione, schierati in Turchia, Italia e Gran Bretagna.
23 ottobre 1962. Il presidente Kennedy autorizza la quarantena navale su Cuba
Il 21 novembre 1962, quando tutti i missili offensivi e i bombardieri leggeri Ilyushin II-28 furono ritirati da Cuba, il blocco venne formalmente concluso.
I negoziati tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica misero in evidenza la necessità di una rapida, chiara e diretta linea di comunicazione riservata e dedicata tra Washington e Mosca. Di conseguenza, venne realizzata la cosiddetta linea rossa Mosca-Washington. Una serie di ulteriori accordi ridusse le tensioni tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica per diversi anni, fino al crollo, senza colpo ferire, del regime comunista.
L’elenco è ricco di eventi che hanno caratterizzato tutta la seconda metà dello scorso secolo: momenti difficili e di grande paura globale, in cui però, agivano politici che sapevano usare l’arma potente della mediazione, della diplomazia. Non c’erano politici improvvisati o incalzati da presso da canee urlanti; uomini e donne che seppero mantenere la rotta nel declinare di un secolo, che solo la fantasia romanzesca può definire breve. Fu lungo come una notte di terrore, ma alla fine la volontà di pace fece superare anche i momenti più tragici e apparentemente senza altri sbocchi se non la guerra guerreggiata.
Oggi la qualità complessiva è assai scarsa, l’umiltà ha fatto posto alla tracotanza e la consapevolezza dei propri limiti all’insofferenza e al superomismo. Così non si va da nessuna parte, anzi da una sola parte che non prevede ripensamenti e ritorni.
Nota
(1) – Il muro di Berlino, che avrebbe diviso la città per 28 anni, fu costruito dalla Repubblica Democratica Tedesca (Germania Est, la DDR), alleata dell’Unione Sovietica, per separare Berlino Est da Berlino Ovest, che si trovava nel territorio della DDR ma era amministrata da Francia, Regno Unito e Stati Uniti. La divisione fra le quattro potenze vincitrici del conflitto era stata decisa dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
Fu messo in piedi tra la mezzanotte e l’alba di un fine settimana d’estate, mentre tanti erano fuori città. Alla sua realizzazione lavorarono migliaia di persone utilizzando tonnellate di filo spinato e separando, da un giorno all’altro, strade, piazze ed edifici. Sempre nell’arco della stessa notte furono interrotti anche tutti i collegamenti urbani: alle 6 di mattina erano già state chiuse quasi duecento strade, una sessantina di incroci e 12 stazioni di treni.
Sandro Russo
5 Marzo 2022 at 08:09
Grazie Tano per questi richiami che datano agli albori della mia coscienza politica. “Coscienza politica” è una parola grossa. A quei tempi io ragazzino, appena uscito dalla scuola media e ai primi anni del Liceo scientifico in una torpida città di provincia (Cassino), nuotavo felice nel mare dell’incoscienza. Perciò aderii senza capire nel 1961 e nel ’62 ai primi due scioperi della mia vita di studente.
Chiesi ai due miei amici più politicizzati della classe, Eugenio e Antonio – le motivazioni dello sciopero.
– Il Muro – mi dissero la prima volta
– Cuba! – la seconda. Ma loro stessi non ne sapevano molto di più.
– Ah! – risposi io gravemente, in entrambi i casi, e mi avviai in corteo.
Quando sento dire che gli studenti di oggi ignorano tutto, ricordo quel mio passato. Poi si recupera.
…Pochi anni dopo ero a Roma alla Casa dello Studente.
Volgeva il ’68.