Personaggi ed Eventi

Signore e Signori… ecco a voi von Clausewitz!

di Tano Pirrone

L’editoriale pubblicato ieri sul sito INFOSEC/NEWS (vedi) a firma di Umberto Rapetto, è, pur nel mare magnum dell’informazione di questi giorni sul tema della guerra in atto in Ucraina, molto interessante ed utile a ben districarsi nella rete di pessima informazione (colposa e dolosa).
Ma chi è Umberto Rapetto e di che tratta INFOSEC/NEWS? Presto detto: il personaggio è un generale di brigata della Guardia di Finanza a riposo, già comandante del Nucleo speciale frodi telematiche. Consulente Telecom prima; poi dal 2013 al 2015 su Rai2 ha condotto la trasmissione televisiva Il Verificatore. Nel febbraio 2020 ha fondato la rivista online INFOSEC/NEWS. L’editoriale citato e che sottoponiamo all’attenzione dei lettori tratta delle cosiddette bufale in questa guerra, vere e proprie falsificazioni della realtà, che come tali influiscono sull’informazione generale e sulla formazione delle opinioni.
È vistosamente intitolato Information Warfare: cadono i giornalisti e le Task Force contro le Fake News (vedi).

Noi ci soffermiamo, invece su una breve citazione fatta da Rapetto a proposito di un notissimo personaggio, che ci ha sempre attratto e di cui desideriamo riportare alcune cose che ha scritto, quasi due secoli fa e sempre di moda, oggi, poi, più che mai, tanto che ci abbiamo fatto pure il titolo… ecco a voi, von Clausewitz!

Carl Philipp Gottfried (o Gottlieb) von Clausewitz, maggior generale nell’esercito prussiano e teorico dell’arte militare [Burg bei Magdeburg, Prussia (oggi Germania) ļ 1º giugno 1780 – Breslavia, 16 novembre 1831, Prussia (oggi Polonia)], combattente durante le guerre napoleoniche. È famoso per avere scritto il trattato di strategia militare Della guerra (Vom Kriege, 1832), mai completato, a causa della morte precoce dell’autore a causa di un’epidemia di colera.

Della guerra è il fondamento principale della teoria strategica moderna grazie al suo realismo e alla sua completezza concettuale, tanto da oltrepassare l’ambito militare e influenzare la politica, la scienza politica e le altre scienze umane. Nel trattato, gli aspetti politico-filosofici della guerra sono strettamente correlati con essa.
Celebre la sua frase:
«La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi

Naturalmente, immagino che sia valida anche l’opzione: esasperare un nemico, spingendolo a dichiarare guerra, in modo di avere l’opportunità di combatterlo dalla “parte giusta della storia”.
Non sono generale, sono stato un cavalleggero appiedato e nulla o poco so delle guerre; so, per esempio che non mi piacciono, mai, chiunque sia ad innescarle. Non mi piacciono le guerre, soprattutto quando c’è qualche miserabile come Dick Cheney [1], che s’inventa prove inesistenti e provocazioni ad usum delphini pur di far entrare gli Usa in guerra contro l’Iraq. Non è che ci voglia molto: lì lo spirito di frontiera è sempre ad un tasso molto alto.
Unendo il piacere della visione all’ingrossamento della bile si può rivedere l’ottimo film Vice – L’uomo nell’ombra (Vice) [2], del 2018; scritto e diretto da Adam McKay. Ottima letio anche per l’attualità: lo si trova su Prime Video: consigliatissimo!

Con l’asserzione citata, von Clausewitz afferma che in una comunità la politica, e quindi l’azione di governo, sono gerarchicamente superiori alla guerra e la utilizzano come strumento per i propri scopi. Non è possibile concepire un progetto bellico se non sussiste una comunità politica, per quanto primordiale, che lo decida. Ecco perché scrive anche: «La guerra non è mai un atto isolato» e «La guerra non scoppia mai in modo del tutto improvviso, la sua propagazione non è l’opera di un istante».

Nulla di più vero: la debolezza ideale e strutturale della Comunità Europea, la mancata unificazione delle politiche energetiche e concernenti la difesa comune, il disinteresse per situazioni (come quella che si è creata già otto anni fa ai confini fra Ucraina e Russia), hanno contribuito a creare la situazione critica attuale. Fermo restando sempre che chi attacca un Paese (limitrofo o lontano poco importa: la Russia attacca quelli vicini, gli Usa quelli lontani), chi attacca, dicevo, ha, alla fine il torto dalla sua parte.

Trattare, trattare, trattare… Chi non tratta è, di solito, però, la parte più debole, perché gioca il tutto per tutto scaricando le responsabilità su chi ha la possibilità di intervenire: con aiuti umanitari, armi, pressioni economiche, ritorsioni.
Voglio tornare a ricordare la guerra che trent’anni fa bruciò i Balcani con un fuoco riverberato dagli interessi della comunità europea, e dall’equivoca partecipazione della Nato, che per la prima volta usò la forza militare senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il che ha, inevitabilmente, innescato dibattiti sulla legittimità dell’intervento. La Nato ha una vera e propria propensione a creare problemi, forse per poi cercare di risolverli: com’è stato con il front-line europeo verso l’immenso territorio russo.

Altrettanto importante, seppure meno citata, è l’affermazione che la natura della guerra è la risultante di tre forze inseparabili: il cieco istinto (odio, inimicizia, violenza primordiale), la libera attività dell’anima (valore militare, gioco d’azzardo e calcolo delle probabilità, strategia) e la pura e semplice ragione (politica), che è l’unico elemento razionale: «Il primo di questi tre aspetti riguarda particolarmente il popolo; il secondo, il comandante in capo e il suo esercito; e il terzo il governo

Queste convinzioni formano il contesto necessario entro cui comprendere altre affermazioni più “tecniche”:
«La guerra è l’impiego illimitato della forza bruta» e
«La guerra è un atto di violenza il cui obiettivo è costringere l’avversario a eseguire la nostra volontà» e, infine:
«Scopo dell’atto di guerra è disarmare l’avversario».

Note

[1] Attraverso forzature costituzionali assume poteri mai concessi ad un Vice Presidente. Esponente di spicco dell’ala neocon del Partito Repubblicano, già nel 1997 Cheney aveva fondato, con altri esponenti della destra ultraconservatrice statunitense, il Project for a New American Century (Progetto per un nuovo secolo americano), il cui ruolo è stato determinante nella decisione di dichiarare guerra all’Iraq. Famoso per la sua dottrina dell’un per cento (che recita: «se esiste un per cento di probabilità che qualcosa costituisca una minaccia, gli Stati Uniti sono tenuti a reagire come se la minaccia fosse certa al cento per cento»), giustificando con ciò l’invasione dell’Iraq, è tra i più accesi sostenitori della seconda guerra del Golfo del 2003, dietro la falsa accusa di possesso di armi di distruzione di massa da parte del regime iracheno. Nel novembre del 2006 si è dichiarato favorevole alla condanna a morte inflitta all’ex dittatore iracheno Saddam Hussein. In merito alle sue posizioni sulla guerra in Iraq, è stato molto criticato dai democratici nell’area del complesso militare-industriale perché avrebbe favorito la Halliburton, sua ex azienda, nell’aggiudicarsi grandi contratti per le forniture alle forze armate in Iraq.

[2] – La pellicola, con protagonisti Christian Bale, Amy Adams, Steve Carell e Sam Rockwell, segue la storia di Dick Cheney, interpretato da Bale, dalla sua ascesa politica fino al ruolo di vicepresidente degli Stati Uniti d’America (durante le due presidenze di George W. Bush, dal 2000 al 2008).

1 Comment

1 Comments

  1. Paolo Mennuni

    3 Marzo 2022 at 19:20

    L’articolo di Tano Pirrone su Ponza Racconta non poteva non suscitare interesse sia per le notizie sul personaggio che per la figura stessa di Karl von Clausewitz che tutti abbiamo incontrato nel corso delle nostre peregrinazioni storiche o letterarie.
    Oltre che essere un militare di carriera, esperto nell’arte militare, come giustamente sottolineato nell’articolo, egli è giustamente ricordato come sottile politico, che seppe spogliarsi della sua uniforme per vestir i panni del diplomatico. Famoso è l’aforisma, a lui attribuito, nel quale si sintetizza tutta la sua acutezza di pensiero: “La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla fare soltanto ai generali!”.
    Non si sa bene quando l’abbia detto, e se l’abbia veramente mai detto. I maligni sostengono che l’avrebbe pronunciato quando era ancora soltanto Colonnello! Comunque il succo della frase è molto chiaro e potrebbe applicarsi a tutti gli altri settori della vita pubblica. È la sottolineatura del principio della supremazia della Politica, quella con la P maiuscola, che deve sovrintendere e governare ogni ambito del nostro agire specialmente quando le decisioni sono nelle mani di pochi magari anche sprovveduti.
    Le decisioni prese in camera caritatis spesso sono più il frutto di mere “percezioni” di chi decide anziché di ponderazioni e che, il più delle volte, si rivelano fallaci.
    Tristemente famoso resta un aforisma pronunciato ottantuno anni fa: “Spezzeremo le reni alla Grecia!”.
    Non ci riuscimmo; era il frutto di una percezione errata!

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