di Tano Pirrone
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Il coro sembra unanime, anche molti incerti hanno finito per accodarsi: tutti scandalizzati contro Vladimir Putin, accusato di essere quanto meno matto. Io ho l’impressione fortissima che i veri folli siamo noi, che ci stiamo bevendo acriticamente la narrazione dejà vu che dalla Casa Bianca ha illuminato di verità assoluta l’universo mondo: l’Occidente e in primis l’America come paladina dei diritti inderogabili delle nazioni.
Oggetto: la reazione militare russa alle reiterate provocazioni atlantiche in Ucraina, paese “prenotato” ufficialmente per l’ingresso nella Nato in violazione di ogni precedente accordo.
Traduzione pratica nei nostri media (veline prontamente acconciate): Putin avrebbe violato il diritto internazionale, calpestato la sovranità di uno Stato tutelato dall’Onu, riconosciuto ufficialmente e sostenuto militarmente due territori del Donbass (Est dell’Ucraina) che si sono proclamati repubbliche indipendenti.
Siamo in pieno manifestarsi del vizietto storico dell’Occidente, l’interferenza cosiddetta “umanitaria”: se osservatori non sempre disinteressati colgono in una certa zona del mondo il prevalere di un “tiranno crudele” (traduzione: non fedele al potere rappresentato dagli osservatori), allora è concesso mandare truppe, rimpiazzare i presidenti, commissariare i Paesi.
È successo in Somalia nel 1993, in Bosnia-Erzegovina fino al 1996 e nel Medio Oriente è pratica corrente. Il Centro-Sud America e l’Est Asiatico sono più lontani nel tempo, ma non dissimili, nelle cause e negli interventi.
Regolarmente piegato, il diritto internazionale, alle ragioni del più forte, che non sempre è quello “buono” (cioè: il “sedicente” nostro alleato).
Nel 1999 in Kosovo, senza neppure il minimo cenno di approvazione dell’Onu, la Nato attaccò la Serbia, accusandola di crimini orrendi nella provincia già autonoma di Pristina a maggioranza albanese-musulmana, ma in realtà i report erano falsi. Non solo: noi italiani bombardammo Belgrado per ragioni umanitarie, persino un ospedale. Poi garantimmo una resa onorevole a Milosevic, il presidente di Belgrado, (invano difeso dalla Russia e da scrittori come Solženicyn), assicurando che il Kosovo sarebbe rimasto alla Serbia. In quel caso la Nato intervenne, inventando panzane, per costituire uno stato mafioso-islamico nel cuore dell’Europa: fu un’operazione condotta da Bill Clinton e Joe Biden.
E vogliamo parlare dell’Iraq? Nel 2003, con l’aiuto di servizi segreti europei, gli Stati Uniti costruirono false prove del possesso, da parte di Saddam Hussein, di armi di distruzione di massa. Guerra di liberazione? È servita a insediare l’Isis, ad innescare una serie di conflitti senza fine nel quadrante, a distruggere intere nazioni, dando lavoro alle ditte occidentali per la ricostruzione.
Per la Libia, la Nato decise che Gheddafi era cattivo e i jihadisti di Allah buoni. In pratica, l’Occidente a guida americana eliminò i banditi, tagliando la gola (i rifornimenti energetici) a noi stessi e destinando il nostro paese alle ondate irrefrenabili di immigrazione non controllata.
Dopo la Libia toccò alla Siria, e via così. L’abbandono dell’Afghanistan è una ciliegina avvelenata su una torta già avariata.
L’adesione dell’Ucraina alla Nato era più che prevedibile, nonostante fosse stata osteggiata già nel 2008 sia da Prodi che dalla Merkel. Ma ora il dispiegamento di forze e missili occidentali con basi in Romania, Polonia e Paesi Baltici è una minaccia sfacciata.
Putin in questi giorni ha reso semplicemente ufficiale ciò che era già reale dal 2014, ovvero che sin dall’invasione e annessione della Crimea, il Donbass è sotto sovranità russa: non c’è servizio segreto occidentale che non lo sappia. Persino le forze militari con divisa ucraina, lì servono Mosca.
Ci sono stati referendum, in Donbass, dove plebiscitariamente la popolazione ha optato – secondo il principio di autodeterminazione – per l’indipendenza da Kiev.
E dunque il principio di autodeterminazione vale solo quando lo decidono gli americani? Anche loro, in fin dei conti, alcuni secoli fa, si dichiararono indipendenti dalla Gran Bretagna.
Putin si è mosso ora non perché impazzito, ma per ragioni di politica interna: individuare un’aggressione esterna rinserra il popolo intorno al capo, e anche per mostrare agli europei chi è davvero Biden.
Alla Casa Bianca nulla cale degli interessi e del benessere dei popoli alleati: e fa anzi di tutto per creare le condizioni – esasperando il conflitto diplomatico, muovendo l’esercito – per inimicare la Russia e gli Stati europei. In altre parole: che importa a Biden se la bolletta della luce triplica a Bari e a Torino; se i forni di Mestre si spengono e non sciolgono più il vetro perché il gas è troppo caro; se i carburanti hanno raggiunto prezzi che bloccano le attività commerciali e produttive, suscitando proteste sociali, che non potranno che aumentare di numero e intensità?
Jeffrey Sachs, economista e saggista statunitense della Columbia University, ha pubblicato in queste ore sul “Financial Times” questa riflessione: «Gli Stati Uniti dovrebbero garantire alla Russia che l’Ucraina non entrerà mai nella Nato, chiedendo in cambio il completo ritiro delle forze russe dalla regione del Donbass e l’annullamento del riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche separatiste, oltre alla smobilitazione delle truppe al confine con l’Ucraina, insieme a garanzie sul riconoscimento della sovranità di Kiev […] Se gli Usa non proporranno questo accordo, dovrebbero farlo Germania e Francia».
E l’Italia, aggiungo io, vista la levatura diplomatica presente in Farnesina.
Sempre che non sia troppo tardi, ormai, vista la portata dell’offensiva militare russa scatenata contro l’Ucraina.
Roma, 24 febbraio 2022
La Redazione
25 Febbraio 2022 at 08:48
Ricevuto da Tano un articolo (vedi link) da lui che ritenuto importante per una diversa e più approfondita lettura della crisi ucraina:
https://www.ilsussidiario.net/news/spy-finanza-la-nuova-lehman-brothers-evitata-grazie-alla-guerra-in-ucraina/2297515/
di Mauro Bottarelli del 25 febbraio 2022
Aggiornamento delle ore 12,30
L’articolo di cui al link è stato pubblicato come “estratto” dallo stesso Tano Pirrone –> leggi qui
Sandro Russo
25 Febbraio 2022 at 11:39
Penso che il conto/bilanciamento delle opposte malefatte dell’imperialismo sia sterile e parte di quel “senno di poi” in base al quale si spiega quasi tutto. In proposito a me ha colpito piuttosto il modo in cui si è persa un’occasione storica, al tempo del collasso dell’ex URSS e del Patto di Varsavia, a non avviare un analogo ridimensionamento/soppressione della Nato che a rigore non aveva più ragione di esistere. Grave colpa politica (tra le tante) dell’Unione Europea che ancora non credeva abbastanza in se stessa.
Ciò detto non penso sia da sottovalutare il pericolo della persona del presidente della Federazione russa, satrapo nazionalista e assolutista che abbiamo visto all’opera nella soppressione (fisica e con mezzi carcerari) degli oppositori politici e titolare di una reggia faraonica sul Mar Nero.
Infine la preoccupazione più importante riguarda la Cina, che per il momento “sta a guardare”, ma che, a seconda di come andranno le cose, è pronta a fare un sol boccone dell’isola di Taiwan che non ha mai considerato autonoma e separata dalla grande Cina.
Biagio Vitiello
25 Febbraio 2022 at 11:45
I miei complimenti a Tano per l’articolo “Fuori dal coro”, che approvo anche se sono stato democristiano, ma ora uomo libero.
Sono importanti le sue considerazioni sull’argomento, soprattutto se la nostra economia andrà a fondo con le sanzioni USA ed europee.
Tano Pirrone
25 Febbraio 2022 at 12:16
Il Donbass sta alla Russia come il Kosovo a noi.
A proposito dell’interpretazione da dare alla crisi ucraìna, negli ultimi giorni si sono sprecate analisi bislacche e uscite dettate da una sostanziale ignoranza e soprattutto da malcelata malafede anche da parte di chi ricopre ruoli istituzionali di primo piano. Il punto da cui poi tutto è partito in chiave di guerra guerreggiata è il riconoscimento da parte di Putin delle due repubbliche del Donbass. Ci sono precedenti storici illustri sul campo avverso: è pari pari la stessa cosa che è avvenuta in Kosovo da parte nostra. Nonostante le rimostranze russe all’epoca abbiamo riconosciuto l’autonomia del Kosovo dalla Serbia, la Russia si oppose e adesso è lei che ha messo tutti di fronte al fatto compiuto, un po’ com’era successo con la Crimea che la Russia si è ripresa in pratica senza nessuna reazione, basandosi sul plebiscito nella regione.
Ma perché adesso siamo arrivati a un punto di non ritorno in Ucraina? È diffusa l’opinione che la Russia sia stata vittima della voglia di stravincere americana. Gli Stati Uniti non si sono limitati a vincere la Guerra Fredda ma l’hanno anche voluta stravincere, umiliando la Russia e prendendo da essa tutto quello che in un certo senso rientrava nella sua area di influenza. La Russia ha sopportato con i Paesi Baltici, la Polonia, la Romania e la Bulgaria: di fronte all’Ucraina, che gli avrebbe tolto ogni possibilità di accedere al Mar Nero, ha reagito.
Il Cremlino non poteva più stare a guardare i continui passi in avanti verso est da parte della Nato, pena la definitiva perdita di controllo in quello che considera il suo estero vicino e il conseguente senso di accerchiamento ingestibile a lungo termine. Questa è la situazione che ci troviamo ora ad affrontare: c’è stata un eccesso di arroganza nello spingere i russi in un angolo, e loro adesso hanno reagito.
Il nostro governo non può ignorare tutto ciò, considerando, fra l’altro, che siamo coinvolti anche da un punto di vista operativo: i Global Hawk che volano sull’Ucraina partono da Sigonella. L’Italia rimane una base militare americana.
Emilio Iodice
25 Febbraio 2022 at 20:13
With the permission of the Headmistress, I would like to share this message with the Board of Trustees of Marymount International and all those staff, parents, students, and people close to Ukraine at this moment. Thank you. Emilio
Con il permesso della Direttrice, vorrei condividere questo messaggio con il Consiglio degli Amministratori della Marymount International e con tutti coloro – staff, genitori, studenti, persone – che sono vicini all’Ucraina in questo momento
Grazie. Emilio
Dear Friends:
As you know, I am on the Board of the Journal of Values-Based Leadership. The articles are read in all parts of the world, especially in Ukraine. The Journal is one of the most popular publications in the field of leadership. The Board has asked me to prepare a message to the people of Ukraine for the next edition. Please allow me to share it with you:
Cari amici,
come saprete, sono nel Consiglio del Journal of Values-Based Leadership. Gli articoli sono letti in ogni parte del modo, specialmente in Ucraina. Il giornale è una delle più popolari pubblicazioni nel campo della Leadership. Il Consiglio mi ha chiesto di preparare un messaggio al popolo ucraino per la prossima edizione. Permettetemi di condividerlo con voi.
To our colleagues, friends, sisters, brothers, and family in Ukraine:
On behalf of the Editorial Board of our Journal, please accept the solidarity of our members, associates, authors, staff, and those who read our writings across the globe.
You are not alone.
Ai nostri colleghi, amici, sorelle e fratelli, famiglie in Ucraina:
A nome del Comitato editoriale del nostro giornale vi prego di accettare la solidarietà dei nostri membri, autori, associati, staff e di coloro che leggono i nostri scritti in tutto il mondo:
Non siete soli.
The aggression, suffering, and humiliation you face penetrate our hearts. Our thoughts and feelings are with you and those you love. We pray this period of agony ends soon, and you and your nation will have the courage and strength to rise out of the ashes to a new day of freedom and liberty.
We are with you now and always. Long live Ukraine.
Emilio F. Iodice
L’aggressione, sofferenza and umiliazione che state affrontando tocca i nostri cuori. I nostri pensieri e sentimenti sono con voi e con quelli che amate. Preghiamo affinché questo periodo di agonia finisca presto e voi e la vostra Nazione abbiate il coraggio e la forza di risorgere dalle ceneri ad un nuovo giorno di libertà.
Siamo con voi, ora e sempre. Lunga vita all’Ucraina
Emilio F. Iodice
Emilio Iodice
Member, Editorial Board, Journal of Values-Based Leadership
Director Emeritus, Loyola University Chicago Rome Center
Professor of Leadership
Minister-Counselor, American Embassy (Ret)
vincenzo
26 Febbraio 2022 at 09:39
L’umano – non parlo di quell’1% di leadership mondiale che non è umana – il vero umano, è contro la guerra.
La guerra è contro la ragione, contro la vita, contro l’umanità.
Noi umani, solidarizziamo con le sofferenze dei popoli, dei poveri, degli ultimi sempre e queste sofferenze non dipendono solo dalle guerre combattute con le armi ma vengono inflitte ogni giorno da politiche economiche aberranti.
Oggi non possiamo che solidarizzare con il popolo ucraino che vive una realtà più difficile di quella di altri popoli, perché in quel posto la sofferenza si può tramutare in morte che è assenza di vita e quindi di speranza.
Ma non dobbiamo essere ipocriti. L’ipocrisia è una malattia cattolica. Ci si batte il petto, ci si pente e poi quotidianamente si sviluppa violenza, odio, invidia che producono guerre sante. Non ci sono guerre sante!
Condivido caro Emilio il tuo messaggio al popolo ucraino, ma di questi messaggi, mi chiedo – visto che il giornale su cui scrivi è letto in tutto il mondo – ne hai inviati anche al popolo iracheno, siriano, palestinese, libico, afgano quando erano sotto le bombe e i missili americani?I veri pacifisti, sono contro le guerre. Tutte le guerre. I veri pacifisti lavorano per la pace e la pace su questa terra – dominata dai guerrafondai economici – si ottiene con l’equilibrio, con il rispetto delle prerogative dell’avversario soprattutto quando è una potenza economica e militare.
I veri pacifisti prima di “vedere la pagliuzza nell’occhio dell’altro si accorgono della trave che è nel loro occhio” per cui combattono le politiche dei loro Stati se queste sono contro il popolo e l’umanità.
Draghi per esempio ieri ha svolto un discorso di guerra che io condanno.
I veri pacifisti piangono sempre per le sofferenze umane al di là degli schieramenti politici ed ideologici che sono finti steccati che avremmo dovuto superare dopo l’esperienza di due sanguinose guerre mondiali e la successiva guerra fredda.
Ma niente, continuiamo a fare gli ipocriti pensando al paradiso in un altra vita e a praticare l’inferno su questa terra.
Tano Pirrone
26 Febbraio 2022 at 13:08
Trovarmi per tre o quattro giorni di seguito d’accordo con Vincenzo ha destato preoccupazioni in me, ma “natura facit saltus” è l’evidenza. Ed ora mi attacco al suo commento. Mi ero ripromesso di far seguire un commento a quello di Emilio, ma poi sinceramente – dopo uno scontro inutile con chi bovinamente ripete le ovvietà spietate tipo: Putin come Hitler, Piccolo Zar, No alla guerra (come se qui ci fossero guerrafondai incalliti, bevitori di sangue virgineo, contiugolini che si nutrono di teneri crani infantili…), ho deciso di lasciar perdere e di ascoltare i tamburi di guerra. Mi sono messo a scrivere di cruciverba e di zattere oceaniche.
Ma ora il commento saggio e misurato di Vincenzo, mi fa fiondare alla tastiera. Non dico nulla di nuovo, solamente lo sottoscrivo parola per parola, segno di interpunzione per segno di interpunzione.
Aggiungo soltanto queste riflessioni: ho letto l’articolo di Ernesto Galli della Loggia sul Corsera di oggi: a scuola glielo avrebbero classificato “fuori tema”; è anche banale, scontato e ripetitivo (come nella norma dell’estensore). Ho letto anche l’intervista a Sergio Romano (a Il Riformista): non ci sono più i Sergio Romano di una volta, anche se non condividevo certe sue esternazioni… troppo tempo passato a Mosca, ma sicuramente un altro livello. E poi c’è l’articolo di Bernard Guetta su la Repubblica di oggi, che è l’ultima cosa che serve in questo momento: è ideologico, immobile nel suo rancore storico. Dopo più di trent’anni, alla Russia si vuol fare pagare il fatto di essere stata il centro dell’idea storica del comunismo, fallita seriamente non solo come ideologia ma anche perché in mano ai meno adatti a renderla storicamente accettata e realizzata. Basta con questi saccenti maestri di un passato finito, fallito: Galli Della Loggia, Guetta masticano il fiele sputandolo su quello che credono sia l’origine del loro disassamento storico ed esistenziale. Ma sono loro e i loro simili ad aver bruciato quell’esperienza.
Non c’è uomo di potere meno “ideologizzato” di Putin, a guida del popolo più difficile da guidare di ogni altro. Ha colpe, come chiunque si metta in prima fila e cerchi di guidare popoli e cambiamenti, ma di colpe nessuno è indenne nell’occidente scandalizzato e non lo è certamente il grande gruppo economico e di potere cui Repubblica fa parte. Il povero simulacro del Fondatore viene scongelato ogni tot settimane per parlare dell’eterno e della morte. Oggi abbiamo bisogno di uomini saggi che parlino della Vita. Ce ne sono. Basti saperli cercare. Lucio Caracciolo è uno di questi. Non lo sono i vecchi bacucchi tirati fuori dalle consorterie plutocratiche per dire ripetutamente le stesse scarne bislacche minchiate. Sembra la sfilata di personaggi del Goya… e la televisione sembra una delle sale del Prado con tutte le opere del grande pittore ritrattista e testimone di un periodo buio e senza speranza.
Dimenticavo: nel caso non si fosse capito non ho nessuna simpatia né per Putin né per l’Ucraina, come non ce l’ho per gli Usa e per ogni sistema di potere fino a se stesso. Non amo la guerra ma odio la pace del senso critico: in Italia subimmo oltre 3.500 vittime della strategia della tensione, più delle Torri gemelle, ma la cosa è passata nell’oblio. Non per me!