.
Per la quinta parte: leggi qui
Così per alcuni, ed anche per me, verso la fine di giugno, a pochi giorni di distanza dall’esame di licenza, ecco un’altra prova ancora più impegnativa: l’esame di ammissione alla scuola Media con commissari sconosciuti e, come nel mio caso, al di fuori del contesto in cui vivevo. Un programma da preparare a parte con tanti brani di prosa e poesie, anche e soprattutto da commentare e mandare a memoria. Studio senza sosta senza l’ausilio di calcolatrici o con voluminosi dizionari da sfogliare.
Mio padre mi fornì dei due volumi del “Novissimo Melzi” (Vallardi editore) che ancora serbo gelosamente.
Detto per inciso della stessa casa editrice ho trovato sul retro il costo del dizionario Italiano–Latino: lire 2.500 (ma il mio primo dizionario fu il famoso Campanini e Carboni, rosso e bianco); il costo del dizionario italiano-francese era di 3.000 lire, mentre quello di italiano-inglese solo 1.200 lire.
La prima considerazione è economica: quale era il valore di tali somme? Chi le possedeva? La seconda è che, tra l’altro, in quel tempo dopo l’italiano veniva il francese poi il latino ed infine l’inglese. Oggi forse le parti si sono invertite (forse l’inglese addirittura prima dell’italiano!).
Dei due Melzi sfogliavo, anzi trangugiavo, quello detto “scientifico” perché riportava la vita di personaggi illustri e soprattutto ilm periodo delle due guerre mondiali suddivise per anni e per fronti di guerra.
Il tema fu: Una gita a…
Quale occasione migliore per far conoscere una parte di un’Isola a quel tempo conosciuta soltanto come… ‘espressione geografica’.
Scelsi e svolsi: “In barca costeggiando, ammirando, tra l’altro, i Faraglioni che vanno dal porto fino a quello della Guardia con il suo faro, la sua sentinella… (…)”.
Risultato. Non fu troppo apprezzato!
Per l’ignoto paese scelto o perché non ero stato in grado (a dieci anni) di suscitare l’immaginazione? Niente di tutto questo: semplicemente per la forma dialettale!
Dopo fiumi di lacrime, mi rifeci a settembre, alla grande, declamando “Pianto antico”.
La scuola Media era una specie di green pass perché apriva le porte di tutte le scuole superiori nessuna esclusa. La licenza media, poi, era un altro passo molto importante per accedere ad alcuni posti di lavoro.
Tra gli altri, ad esempio, già si poteva entrare a far parte, raggiunta la maggiore età, del personale scolastico come “applicato di segreteria” oggi collaboratore amministrativo.
Mi chiedo e chiedo: perché con queste ‘licenze’ si poteva già entrare a far parte del mondo del lavoro? Erano pochi quelli che le conseguivano per cui poche erano le persone in grado di essere “reclutate”? Oppure gli studi erano più seri e/o severi? Oppure il lavoro a cui si poteva accedere era meno complicato di quello di oggi, come dire più ‘semplice? Agli altri l’ardua sentenza!
Ovviamente il diploma finito (ragioniere, geometra, maestro, capitano di lungo corso, ecc.) delle superiori era un traguardo ambitissimo.
Finiva così, a 18 anni circa, l’età adolescenziale scolastica e ci si immetteva nel mondo degli adulti. Ma l’ulteriore passo era costituito dalla coscrizione o leva obbligatoria (temuta, aborrita, ma anche, per alcuni, liberatoria) che letteralmente ti catapultava nel mondo degli adulti dove andavi ad esplorare aspetti ancora sconosciuti ed inesplorati di cui avevi soltanto sentore o che conoscevi soltanto per sentito dire. Anche lì: ordine e sacrificio.
Molti, però, entrati da tempo nel mondo del lavoro e cercando di evitarla, già a venti anni anni formavano una famiglia.
Qual era la contraddizione? Non si era ancora maggiorenni. Lo si diveniva, infatti, a 21 anni. Anno in cui si poteva prendere anche la patente di guida.
Qualcuno ha chiesto: – Eravate, quindi, degli immaturi?
Il solito buontempone ha risposto: – Certamente, sì. Fino a ‘tarda età’!
Infatti, tu hai creduto nella “cicogna” o al “cavolo”. Dormivi quando gli altri vegliavano per decidere.
Per questo oggi si è deciso di vegliare fino all’alba del giorno seguente e, durante la veglia, discutere con gli amici, davanti ad un bicchiere, a 360 gradi sulle numerosissime notizie che viaggiano nell’etere alla velocità della luce oppure fissando gli occhi in uno smartphone o in un tablet.
Insomma tu, conoscendo soltanto il tuo piccolo mondo, non potevi essere all’altezza di quelli che oggi sanno affrontare, già a 18 anni, ogni esperienza della vita.
Gli fa eco Veruccio: – Quello era un altro mondo. Un mondo sotto certi aspetti più duro ma certo meno complicato…più semplice, lineare e meno limitativo di quello attuale.
Tra l’altro l’etere-bazar propina, mette in mostra tantissimi oggetti. Per cui insieme ad alcuni oggetti di valore si mescolano tantissime cianfrusaglie ed anche… ninnoli. Pertanto la difficoltà, per i giovani e non solo, disorientati da questa ‘cacofonia’, consiste nel saper operare, fin dal diciottesimo anno d’età, la scelta giusta. Ne sono capaci?
– Perché sei dubbioso? – gli chiedo.
Veruccio mi guarda con un’aria di sufficienza, mordendosi le labbra.
– Penso – mi risponde – a voi, giovani del ’68, che volevate (…avreste voluto!) cambiare il mondo. Eri divenuto appena maggiorenne! Il risultato sta sotto gli occhi di tutti… Per questo forse ha avuto ragione il Leopardi – continua con amarezza – quando dice che nella maturità le illusioni giovanili svaniscono e rimane soltanto il disfacimento che non è solo quello del corpo… Ora è tempo di reagire concretamente e tempestivamente in tutti i settori, ma con giudizio: è l’unica soluzione – conclude pensoso Veruccio.
Poi, però, aggiunge: – Ma ciò non si realizza se, come allora, non c’è la… SCIA!
– Che? – lo interrompo immediatamente – esisteva fin dagli anni miei!?
– Esiste da sempre – prosegue affannato come un treno trainato da una locomotiva sbuffante – Sacrificio, Costanza, Ingegno, Abnegazione sono stati esatti (richiesti) fin dall’antichità per raggiungere i traguardi prefissati. La differenza consiste che, ai tuoi tempi, essi erano richiesti fin dalla più tenera età!
Assorto, tace, finalmente! Pensa forse anche all’Isola!? Chissà! Ma forse lui, crollato come caletta erosa dei marosi, è costantemente saturo di scetticismo.
– Sciò, sciò..! – (via, via..!) – avrebbe detto zi’ Sabettina come quando cacciava sull’imbrunire le galline nel pollaio in attesa che trascorressero tranquille la notte; con la speranza di trovare nel cesto, il giorno dopo, bello, luminoso, tante uova fresche che sono una delle essenze della vita.
Non ho nostalgia di quel tempo, né tanto meno provo risentimento; non bisogna, a mio avviso, vergognarsi perché quelli erano i tempi.
Il motivo o per meglio dire le cause di un tale modo di vivere, esulano da questo contesto; sarebbe opportuno, però, che se ne parlasse a più voci perché è importante compenetrarsi sempre nel tempo di cui si parla.
Io ho cercato soltanto di ‘fotografare’ la mia piccola realtà che penso non sia appartenuta soltanto all’Isola ma a buona parte del nostro Bel Paese. Nel contempo chiedo venia se vi ho tediato. Ma lasciatemi augurare un buon cammino e una vita serena, anche nel nuovo tempo che ci sta davanti.
Corre con voi…
Pasquale
Immagini. Da Charlie Chaplin, Modern Times (1936) (a cura della redazione)
[I miei primi… dieci anni (6). Fine]
Tutti gli articoli della serie si possono rintracciare digitando – I miei primi dieci anni – in “Cerca nel Sito” oppure attraverso l’indice per Autore: Scarpati Pasquale