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Alice: How long is forever? (Per quante volte è per sempre?)
White Rabbitt: Sometimes just one second (A volte solo un secondo)
Dedicato ad Ornella che mi ha fatto notare che alcune volte assomiglio a Bianco Coniglio
Rileggendo Le avventure di Alice nel paese delle Meraviglie, che Charles Lutwidge Dodgson ha pubblicato sotto lo pseudonimo di Lewis Carroll, ho cercato invano questa citazione. Ne ho dedotto che la frase si trovi nel cartone animato che Walt Disney trasse, nel 1951, dal racconto.
Alice, bambina borghese abituata ad una vita ordinata e alle buone maniere, incontra all’inizio della storia un coniglio bianco che dice tra sé “Povero me! Povero me! Arriverò troppo tardi”. Il coniglio bipede, con gli occhi rossi ed un panciotto dal quale trae sempre un orologio, è assillato dal rapido scorrere del tempo: “Oh orecchie e baffi miei, come si è fatto tardi!” – “Oh la Duchessa! La Duchessa sarà furibonda se l’ho fatta aspettare!”.
Sono paure che abbiamo anche noi in un mondo che ha accelerato la sua corsa, con un’impennata mai vista nei secoli che ci hanno preceduto. La velocità cui si muovono le immagini, la comunicazione ed i trasporti avrebbero fatto impazzire Bianco Coniglio (così si chiama il coniglio, Bianco di nome e Coniglio di cognome, come si legge sulla targa della piccola casa dove abita) o Bianconiglio come viene a volte chiamato in alcune traduzioni italiane. E noi più di lui, ai nostri giorni, corriamo e ci affanniamo, desiderando ottenere tutto e subito.
Bianconiglio nel film di Walt Disney
Qualche tempo dopo l’uscita del film, nel 1955, ho conosciuto Alice, Bianco Coniglio, il Cappellaio Matto e la Regina di Cuori in un cinema vicino alla Madeleine a Parigi; avevo otto anni.
Disney aveva già prodotto alcuni dei cartoni che lo avrebbero reso celebre: Biancaneve, nel 1937, Fantasia, nel 1940, seguito, nel 1949, da Bambi, intriso di tutto il dolore della seconda guerra mondiale e dell’olocausto e da Cenerentola, nel 1950.
Poco dopo la visione del film, approfondii la mia conoscenza di Alice nelle pagine di un libro delle Editions G.P, 1949, della Bibliothèque Rouge et Or, creata per l’infanzia.
La storia mi fece da subito paura, sia nel film sia nella versione del romanzo illustrata da Jourcin con dei disegni confusi quanto la trama.
Illustrazione di André Jourcin. 1949
Credo che i bambini amino gli intrecci, seppur fantasiosi, che seguono una logica: il cattivo fa il male per ottenere qualcosa – ricchezza, bellezza o potere – e non gratuitamente come la Regina di Cuori, particolarmente temibile con il suo grido “Via la testa!”, rivolto a chiunque e senza alcun motivo.
Le matrigne di Biancaneve e di Cenerentola, il lupo che inganna Cappuccetto Rosso e la Bestia, nelle favole di Charles Perrault e di Madame Leprince de Beaumont, sono di gran lunga meno inquietanti.
Tutti i personaggi delle avventure di Alice destabilizzano: fanno loro l’assioma che Albert Camus rifiutava: “Se tutto è assurdo, tutto è permesso” e la Regina delle carte si comporta come Caligola o come i comandanti dei campi di concentramento la cui crudeltà era puramente gratuita, ammesso che la crudeltà possa avere una ragione.
Più che l’attribuire intelligenza umana a degli animali, l’assurdità è a mio avviso il motivo per il quale il libro fu messo all’indice in Cina nel 1931. La Cina aveva d’altronde il suo coniglio nazionale nella leggenda del Coniglio di Giada.
Eppure, la trama di Alice nel paese delle Meraviglie divenne un libro celebre proprio su richiesta di una bambina che si chiamava appunto Alice, Alice Liddell.
Il suo autore, Charles Lutwidge Dodgson, era nella vita di tutti i giorni una persona razionale; professore di matematica, insegnava a Oxford, al Christ Church College. Non si sposò e non ebbe figli. Era, tuttavia, interessato ai bambini. A dire il vero, alle bambine che ritraeva in splendide fotografie. Era, infatti, un bravo fotografo e condivideva la sua passione per questa nuova arte con gli artisti preraffaelliti.
Ritrasse pure uno dei fondatori della confraternita, Dante Gabriele Rossetti, figlio di un esule italiano, che era suo amico. Anche della sua piccola amica Alice Liddell, figlia del rettore della Christ Church, ha lasciato delle belle foto.
Le tre sorelle Liddell fotografate da Charles Dodgson. 1860
Alice Liddell fotografata da Charles Dodgson. 1860
In un bel pomeriggio di un mese di luglio, nel 1862, Alice e le sue sorelle, Lorina e Edith, andarono con Dodgson ed un suo collega, il reverendo Duckworth, a fare una gita sulle rive del Tamigi. E lì, Dodgson iniziò a raccontare alle bambine una trama inventata e dipanata sul momento che lo avrebbe reso immortale.
La stessa Alice, trasformata nel personaggio principale di quella storia, dice nel capitolo IV: “Si dovrebbe scrivere un libro su di me, si dovrebbe sì! E quando sarò grande lo scriverò!”.
Insieme a lei appaiono nelle sue avventure, nel capitolo II e III, le due sorelle: Lorina, sotto forma di un pappagallo colorato della famiglia Lorinae, il lorichetto, e Edith, sotto forma di un aquilotto, Eaglet (eagle significa aquila in inglese e Eaglet, piccola aquila). Lo stesso Dodgson fece capolino sotto forma di un Dodo (essendo balbuziente, inciampava qualche volta quando pronunciava il suo nome sulla prima sillaba) e il Reverendo Duckworth è introdotto sotto forma di un’anatra (duck in inglese significa anatra). Le sorelle compaiono pure nella storia del ghiro, nel capitolo VII, alla tavola del Cappellaio Matto.
Alle bambine la storia piacque così tanto che il suo creatore la terminò e la mise per iscritto nel 1863, intitolandola Alice’s adventures in the underground. Nell’edizione di Einaudi del 2003, il giornalista e semiologo Bartezzaghi fa giustamente un raffronto con la scrittura di Raymond Queneau e cita Zazie dans le métro “ (underground oltre che significare sottosuolo indica anche la metropolitana).
Illustrazione di Lewis Carroll
Il testo fu, in seguito, pubblicato sotto lo pseudonimo Lewis Carroll con il titolo Alice’s adventures in the Wonderland e illustrato dal suo autore. La versione definitiva uscì nel 1865, illustrata da John Tenniel, fumettista che aveva lavorato come illustratore del Punch: sono suoi i disegni più celebri.
Il Bianco Coniglio di J. Tenniel; 1890
La storia ebbe un grande successo e oltre alla versione creata da Walt Disney fu presentata ripetutamente nelle sale cinematografiche in epoche diverse.
Vorrei citare alcuni film.
– Alice nel paese delle Meraviglie (Alice in Wonderland), una pellicola molto vecchia, del 1933, diretta da Norman Z. Mc Leod e sceneggiata da Joseph Mankiewicz e W. Cameron Menziez, con Cary Grant nel ruolo della tartaruga e Gary Cooper nel ruolo del Cavaliere bianco (che appare in realtà in un secondo romanzo, Al di là dello specchio).
– Un film con gli stessi titoli (inglese e italiano), girato in Inghilterra, diretto da William Sterling nel 1972, con Peter Sellers nella veste della Lepre Marzolina;
– Nel 1985 il regista Harry Harris dirige una versione televisiva di Alice nel Paese delle Meraviglie;
– ancora, Alice nel Paese delle Meraviglie (Alice in Wonderland) è un film per la televisione del 1999 diretto da Nick Willing;
– più famoso, nel 2010, il film Alice in Wonderland di Tim Burton con Johnny Depp nel ruolo del Cappellaio Matto.
Ma veniamo alla storia e a come annuncia, molto in anticipo e sorprendentemente, alcune teorie sul tempo e lo spazio ed alcune riflessioni sul nostro inconscio.
Bianco Coniglio è la causa del precipitare di Alice nel buco nero della sua tana, proiettandola in uno spazio ed in un tempo altro.
Le teorie di Albert Einstein sulla relatività saranno espresse molti anni dopo: nel 1916. Einstein afferma che il concetto del tempo è relativo e che il tempo stesso potrebbe essere un’illusione. Scorre in un modo diverso a seconda della posizione di un corpo rispetto ad un oggetto dotato di massa e rispetto alla sua velocità. Nei pressi dei buchi neri la dilatazione del tempo è la più intensa ed il tempo potrebbe addirittura arrestarsi.
Bianco Coniglio non trascina Alice proprio in un buco nero?
E nel Paese delle Meraviglie il tempo non è – come lo spazio che Alice occupa e percepisce in un modo diverso a seconda che cresce o decresce ingoiando pozioni, ingerendo pezzetti di fungo o mettendo guanti di capretto bianco – una pura illusione?
“Qui non c’è più spazio per diventare più grande di così” – osserva Alice nella casa di Coniglio – “Ma allora (…), resterò per sempre della stessa età? Sarebbe una bella consolazione in un certo senso… non diventare mai vecchia.”.
Nel film Interstellar (2014 ) di Christopher Nolan la persona scelta per salvare l’umanità in pericolo di estinzione deve passare attraverso un wormhole, un cunicolo spazio-temporale (come il buco dove cade Alice), per raggiungere i tre pianeti che potrebbero offrire la salvezza; questi tre pianeti gravitano intorno ad un enorme buco nero la cui gravità rallenta lo scorrere del tempo come avviene nella casa di Bianco Coniglio.
Ma è intorno al tavolo del Cappellaio Matto che Alice prende coscienza dell’esistenza di un tempo soggettivo che si oppone alla cronologia di un tempo oggettivo. E questo ben prima delle analisi del filosofo Henri Bergson nei suoi Essais sur les données immédiates de la conscience (1889).
Il tempo, spiega il Cappellaio Matto, potrebbe concedere ad Alice di fare quello che le va con l’orologio – “Non avresti che da accennare con un sussurro al tempo e via che corre l’orologio!” – e conclude – “Potresti fare durare il tocco e mezzo finché ti va”. Per lui d’altronde il tempo si è fermato ed “E’ sempre l’ora del tè”.
Chi non ha sperimentato la sensazione che il tempo scorre a due velocità: lento nei momenti di difficoltà e di tristezza, rapido, troppo rapido, nei momenti di felicità?
E gli anni, non ci sono sembrati lunghissimi nel periodo dei nostri studi?
E non si sono, inspiegabilmente, accorciati a mano a mano che avanzavamo nella vita? Forse sono state le bambine Liddell a suggerire, involontariamente, questo concetto a Dodgson quando egli, stanco di inventare in quel pomeriggio di luglio, chiese una tregua dicendo: “Ad un’altra volta il resto”.
Ottenne come risposta un ribaltamento del futuro nel presente: “E’ora la prossima volta” (“It is the next time”. Nella sua concisione l’inglese è più efficace!).
Se la pubblicazione di Alice precede di ben mezzo secolo le teorie di Einstein, precede ugualmente di molti anni la pubblicazione, nel 1899, dell’opera L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud.
Gli esseri fantastici, i fatti assurdi ed i discorsi pronunciati, che a volte hanno un senso e a volte no, non appartengono anche al mondo dei nostri sogni e al nostro inconscio? E siccome ogni personaggio di un sogno non è che la proiezione di colui che sogna, cosa avrebbe detto Freud su Dodgson attraverso l’analisi del personaggio della Regina di Cuori, così castrante? E delle rose bianche che i Fanti devono dipingere di rosso per ingannarla e non essere decapitati?
Cosa avrebbe capito studiando il simbolo che rappresenta il nostro Bianco Coniglio, così stressato da non avere il tempo di ascoltare e capire Alice?
Ed uno psicanalista di oggi non troverebbe che egli assomiglia a noi che corriamo sempre, distratti, proiettati nel fare, poco concentrati, a noi che siamo arrivati quasi al punto di fare durare l’eternità… un solo secondo?
Tano Pirrone
7 Febbraio 2022 at 12:31
Bellissima presentazione di uno dei capisaldi della letteratura di tutti i tempi. Sarà obsoleta? Sarà infangata dai morbosi praticoni del “politicamente corretto? Fatto sta che per noi rimane uno di quei libri da rileggere a distanza di tempo: ne ho un elenco… perché non ne scriviamo a quattro mani? Intanto domenica di sole e libera uscita del gruppo PAPATANG, che al culmine della mattina ha deciso di rileggere in gruppo (ognuno per sé, parlandone e, dico io, scrivendone, Russo e russi permettendo).
Un abbraccio e viva noi!
Siretta Nardocci
18 Febbraio 2022 at 21:13
Complimenti per l’analisi, le citazioni, le analogie, a tutto campo. Dubito che altri abbiano compiuto una ricerca così precisa, attenta con così tanti rimandi a scienze differenti (fisica, psicoanalisi, filosofia, sociologia).
Grazie Patrizia. Uno scritto da conservare e diffondere per un testo che ho sempre maneggiato con paura e non finirò mai di avvertire destabilizzante.
Rileggerò tutto quello che hai scritto, perché merita una rilettura più attenta.
Ti sto scrivendo di getto…
Ne riparleremo.