Esteri

Questa terra è la nostra terra (1)

di M. Patrizia Maccotta e Cossirese

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Di questi tempi calamitosi, quando le stessa incolumità personale è a rischio, tendiamo a ridurre il raggio dei nostri interessi all’essenziale, mettendo da parte problematiche che in tempi normali ci avrebbero interessato.
Un po’ per contrastare questa tendenza e scommettere su un futuro diverso, un po’ per l’occasione di avere due conoscitori d’eccezione di un tema ostico come pochi, presentiamo qui (in due puntate) una messa a punto sui complessi rapporti tra Israele e Palestina, a due voci, in contraltare, a perorare ciascuno la propria causa.
S. Russo

La Palestina, ai tempi di Gesù

Dialogo tra Israele e Palestina

Palestina: M. Patrizia Maccotta
Israele: Cossirese (1)

Gli autori di questo dialogo, breve ed incompleto, provano un certo disagio, quasi un senso di vergogna, a parlare astrattamente e perfino comodamente al riparo nelle loro case a nome di popolazioni che hanno sofferto drammi e che tuttora vivono nel pericolo e nella paura. Certamente vi è un tentativo empatico di capire le complesse questioni che in fondo concernono tutti e non rimangono circoscritte ad una dimensione locale. Hanno affrontato il loro studio con molta umiltà, consci che la situazione è in perenne divenire e che non esiste un’unica verità.

Palestina – Sono la Palestina. Eppure nessuno sa chi sono in realtà. Mi riconoscono, certo, ma in modo limitato. E sono solo un osservatore, seppur permanente, presso le Nazioni Unite. Un tuo scrittore molto celebre e molto amato, David Grossman, ha deciso tempo fa di conoscere i nostri territori ed è andato a parlare con noi oltre che con i tuoi coloni; ha trascritto la sua esperienza nel libro “Il Vento giallo” (1988). Ha colto la nostra situazione di popolo presente-assente che ha illustrato in un’altra opera dal titolo più esplicito: “Un popolo invisibile, i Palestinesi in Israele” (1992).
Invitato al MAXXI di Roma il 19 novembre, ha pronunciato una frase molto bella: “Bisogna imparare a vedere la realtà con gli occhi del nemico per imparare la tolleranza, per accettare la diversità dei punti di vista e capire le ragioni dell’altro”. Vorrei tanto che ci potessimo guardare cambiando il nostro sguardo, a di là di ogni strumentalizzazione.

Israele – Ho lo stesso desiderio, sono tuo vicino ma siamo anche parenti seppure alla lontana. Io so chi sei. Ero pronto a riconoscerti nel lontano 1948, purtroppo le cose sono andate diversamente, ma non dobbiamo rinunciare a trovare soluzioni alla nostra convivenza. Dialogare e rispettarsi è l’unico metodo da seguire.
Mi chiamo Israele, nome che fu dato al mio antenato Giacobbe, uno dei tre patriarchi con Abramo e Isacco. Così viene raccontato nella Bibbia, nel Pentateuco, che narra la mia storia anche se in modo metastorico.
Si dice che sia la Torah, la Legge, a fare di me una nazione: Eretz Israel, Terra di Israele, da non confondere con Stato, Medinah.
‘Legge’ e popolo ebraico sono indissolubilmente legati. Il mio attaccamento alla terra è secolare; questa terra è stata promessa dal Signore ad Abramo come pegno dell’Alleanza ed in seguito Mosè guidò, circa 3000 anni fa, il popolo ebraico fuori dall’Egitto dove si trovava in esilio. Appartengo a questa regione, l’Oriente Antico, e la mia presenza, pur in forma ridotta in alcuni periodi, non è mai cessata. Definirmi estraneo, straniero o colonizzatore è commettere un grave errore ed impedire, sul nascere, ogni possibilità di intenderci.
Vorrei tanto che tu capissi quanto la storia sia stata inclemente con me, che sono numericamente un piccolo popolo senza ambizioni imperialistiche, anzi ripetutamente assorbito nel territorio dei grandi imperi assiro, babilonese, persiano e, successivamente, macedonico e romano. Tuttavia, contrariamente a quanto avvenne ad altri popoli dell’antichità, ho conservato la mia identità e mantenuto intatta la mia integrità.
Pierre Savy che ha curato una “Storia mondiale degli Ebrei” (1) ha spiegato bene questa unità e continuità che mi caratterizzano. La mia gente ha una parentela comune, la discendenza dai Patriarchi, la provenienza geografica, la Giudea; un insieme di feste che non sono tese a celebrare il passato ma ad attualizzarlo nel tracciare il futuro; e anche una dimensione teologica con il peso dell’elezione e l’anelito del ritorno alla terra promessa dalla quale è stata esiliata ben tre volte. Ogni Pasqua prega per tornare a Gerusalemme.

Palestina – Io ti capisco e sono a conoscenza della tua storia così travagliata. Geograficamente, in fondo, i nostri stati occupano un unico territorio che si estende dal Mediterraneo al deserto dell’Arabia.
Vi crescono la palma, l’ulivo, il noce, il balsamo ed il cedro. Vi nascono l’orzo, il grano, i fichi, le melagrane, le mandorle ed i datteri. Siamo entrambi molto antichi. La nostra terra è così ricca di storia! Era già civilizzata nel III millennio a.C.
Sono stati gli Egizi ad assoggettarla per primi, tra il XV ed il XIII secolo, sempre prima della nascita di quel profeta, uomo o dio, chiamato dall’Occidente Gesù. Nel 1200 fu abitata anche da un popolo dalle origini incerte che pare venisse dal mare, quel nostro mare che in quei tempi univa tutti i popoli. Quel popolo le regalò il suo nome, che poi divenne il mio: Palestina, ovvero “Terra dei Filistei”. Questo stesso nome mi venne, più tardi, imposto da un imperatore romano, considerato un saggio e un filosofo, Adriano, proprio per cancellare la tua presenza e punire gli Israeliti che si erano ribellati (rivolta di Bar Kochba, 132-135 d.C.). E’ con rammarico che devo ammettere che tra i Filistei e i tuoi ci furono subito scontri.

Israele – In quattro millenni di storia gli Ebrei sono stati esiliati ben tre volte. Il primo esilio avvenne in Egitto; Mosè li salvò nel 1300 a.C. circa. Sono stati Regno Unito di Israele solo per tre generazioni di sovrani: Saul, Davide e Salomone. Poi sono stati separati in Regno di Israele a nord (l’attuale Samaria) con la città di Sichem come capitale e in Regno di Giuda a sud con Gerusalemme per capitale. Il Regno di Giuda fu conquistato nel 586 a. C. dal re babilonese Nabucodonosor. Non voglio ricordare l’esilio a Babilonia. Il regno di Israele, più tardi, fu conquistato nel 720 dall’impero assiro.
Gli imperatori romani Vespasiano e Tito distrussero il tempio di Gerusalemme e il mio popolo fu condannato al suo terzo esilio. Non male essere ancora qui a poterne parlare dopo secoli e secoli di emarginazione, di ghetti, di persecuzioni religiose e razziali, dopo l’atrocità della Shoah. Non male per il mio popolo, così piccolo rispetto all’Egitto dei Faraoni, rispetto agli Assiri, ai Babilonesi, all’impero macedone di Alessandro, all’impero romano, al Terzo Reich e all’Unione Sovietica!
Qual è il segreto di tanta longevità e resilienza mi chiederai? Per dirla con una battuta, profonda nella sua essenzialità, di un grande Rabbino, Lord Jonathan Sacks, deceduto un anno fa “Gli Ebrei credono al potere delle idee piuttosto che all’idea del potere”, credono che il Dio unico voglia un genere umano che accolga e rispetti la diversità, che rispetti l’alterità. D’altronde “ebreo” viene da Eber, l’antenato di Abramo, e significa “chi sta dall’altra parte”, chi si distingue dal pensiero dominante e in fondo disturba costringendo a riflettere. Questo fu il ruolo scomodo che si assunse per primo Abramo, più di 4000 anni fa, rompendo gli idoli nella bottega del padre e affermando che Dio era uno. E questo ruolo è una delle radici dell’antisemitismo, un virus che, un po’ come sta facendo ora il SARS – COV – 2 , si mantiene in vita grazie alle sue mutazioni.

Palestina – Devo ammettere che la tua storia è complessa e dolorosa. La mia pure non è semplice. I nostri popoli hanno comunque in comune un’origine semitica anche se la mia di origine è diventata doppia dopo l’arrivo degli arabi.
La nostra religione, è vero, ci separa: noi siamo, in maggioranza musulmani e di confessione sunnita. Il 93%, come dicono gli ultimi calcoli. Fu in seguito all’invasione araba e all’assedio di Gerusalemme, nel VII secolo d.C., dopo le predicazioni del nostro profeta Maometto, che la mia popolazione divenne arabo-musulmana. Ma c’è una percentuale cristiana. Un nostro scrittore, naturalizzato americano, Edward Said, nato a Gerusalemme nel 1935, aveva addirittura la madre che era una palestinese cristiana protestante! Tuttavia devo riconoscere che la religione, salvo per alcuni fanatici, non occupa per noi lo stesso posto che occupa per voi. E poi, non dovrebbe importare: quanti popoli e quante credenze si sono incrociate sul nostro territorio nel corso dei secoli! La nostra terra fu dominio dei Babilonesi, dei Persiani, dei Romani, dei Bizantini, degli Arabi e degli Europei! Fece pure parte, dal 1517 al 1918, dell’impero ottomano! Non esistono etnie pure!

Israele – Ti dovrei parlare di Giuseppe e dei suoi fratelli. Lo sai che il premio Nobel Thomas Mann scrisse un romanzo che intitolò proprio così, “Giuseppe e i suoi fratelli”? Le mie dodici tribù sono la discendenza dei dodici figli di Giacobbe e di Israele, i fratelli di Giuseppe che lo vendettero per gelosia perché in sogno lui aveva profetizzato che sarebbe stato il loro re. A nulla valse: Giuseppe diventò gran vizir d’Egitto, eppure li perdonò. Ebbene queste dodici tribù formarono gli Israeliti che i faraoni ridussero in schiavitù e che Mosè liberò conducendoli nella terra di Canaan dopo quaranta anni di peregrinazione.
Noi non possiamo caratterizzarci per essere una razza, concetto d’altronde scientificamente infondato, ma neppure un’etnia, che indica una comunità culturale omogenea. Non ci definisce neppure la nazionalità in quanto presentiamo svariate appartenenze nazionali. Si calcola che siamo dispersi in cento paesi e presenti in più di tremila località. Siamo “il sale della terra” per riprendere un’immagine lusinghiera ma fino a un certo punto. Neanche la religione esaurisce la nostra auto-definizione in quanto non tutti la professano. E allora mi chiederai chi siete, cosa volete attraversando il tempo carichi di un passato per lo più doloroso? E soprattutto cosa vi ha spinto ad installarvi in questa terra che considerate a voi promessa?
Forse ha colto nel segno Sartre nella sua opera “L’antisemitismo. Riflessioni sulla questione ebraica” (1946) osservando che sono gli altri a fare del mio popolo degli Ebrei, soprattutto in quegli anni in cui la persecuzione ed il tentativo di sterminarlo sono stati così forti. Ma Sartre aggiungeva che doveva assumere la sua condizione ed è quello che ha cominciato a fare con il Sionismo e la creazione di uno Stato ebraico.

Palestina – Quanto dolore! Ma lasciamo i tempi passati, sono così lontani. Rivolgiamoci al secolo scorso, così carico per noi di momenti importanti seppur a volte terribili.

Note
(1) –
A causa delle sue attività la persona che rappresenta le istanze di Israele preferisce rimanere anonima ed utilizzare uno pseudonimo
(2)
– Pierre Savy. Storia mondiale degli Ebrei. Laterza. Ediz. 2021

 

[Questa terra è la nostra terra – Dialogo tra Israele e Palestina. (1) – Continua]

1 Comment

1 Comments

  1. Silvia Carusillo

    8 Gennaio 2022 at 20:30

    Bravi! Una coppia di stelle! I toni così diversi, chiara espressione dell’identità di ognuno di voi, sono straordinariamente complementari… Sarebbe auspicabile che così riescano ad essere i soggetti a cui fieramente date voce.
    Bravi, bravi! Complimenti

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