segnalato da Silverio Lamonica
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Sono stato attratto da questo articolo sul Il Messaggero di oggi, domenica 19 dicembre, che qui viene riportato integralmente (anche in formato immagine e in .pdf a fondo pagina).
Sono due libri, entrambi recentissimi (2021) che l’autore dell’articolo, Pasquale Chessa, fa scontrare tra loro con arguzia, con il risultato di stimolare chi legge a saperne di più…
Questo ho fatto io e ne metto a parte i lettori del sito.
S. L.
Libro contro libro
L’insostenibile leggerezza dell’essere (lettori): l’ironia di Vitiello sbaraglia la retorica di Dorfles
di Pasquale Chessa
Gustave Flaubert, che forse non amava il lettore comune, si vantava di conoscere parola per parola il Don Chisciotte ancora «prima di aver imparato a leggere». Grande è invece la fiducia di Piero Dorfles nel “lettore che legge” di cui fa l’apologia nel Lavoro del lettore.
«Leggere è la cosa più astratta che l’uomo abbia imparato a fare… Il lavoro più bello che esista». Perché nei libri sarebbe inscritto non solo il vissuto quotidiano del proprio tempo ma l’intera storia dell’umanità.
Viceversa Guido Vitiello, fatto sdraiare Il lettore sul lettino– titolo- con feroce acribia letteraria mette alla berlina – sottotitolo – Tic, manie e stravaganze di chi ama i libri. Giocando a rimpiattino con Freud, la lettura ci appare come un vizio comparabile all’alcolismo o anche alla masturbazione e la letteratura un fattore di corruzione dell’anima.
«Non leggete i libri: fateveli raccontare» metteva in guardia lo scrittore di culto Luciano Bianciardi intitolando così il suo manuale umoristico uscito nel 1967 su un settimanale scandalistico.
DILIGENZA
È quello che fa Dorfles costruendo una trama di testi ideali letti per i suoi lettori con compita diligenza – dall’Idiota di Dostoevskij a L’isola misteriosa di Jules Verne, da Piccole donne di Louise May Alcott al Piccolo Principe di Saint-Exupéry – tante scorciatoie sulla via maestra della lettura: «L’attività più raffinata, più alta, più caratteristica del suo essere che il genere umano abbia mai escogitato».
Con opposto disincanto piace invece a Vitiello citare Leonard Zelig e ricordare, con Woody Allen come la sua multiforme carriera – compulsivo ladro di identità – cominci fin dal giorno in cui finse per vergogna di aver letto Moby Dick libro che non aveva mai aperto. Possiamo fargliene una colpa? No! Che la pretesa totalitaria del lettore assoluto sia un inganno psicotico lo ha dimostrato Umberto Eco calcolando in 180 anni il tempo necessario per leggere i classici – tutti imperdibili -citati nelle 5450 pagine del Dizionario Bompiani delle opere.
Già il califfo Omar si era posto il problema trovando la soluzione, con un elegante sillogismo, nella lettura di un libro solo: «I libri della biblioteca di Alessandria o dicono tutti le stesse cose del Corano (e allora sono inutili: tanto vale bruciarli) o dicono cose diverse (e allora sono blasfemi: tanto vale bruciarli)». E così fece nel 641 d.C. mandando in fumo la più grande biblioteca del mondo antico.
IL COLPEVOLE
Se c’è una colpa, questa va ascritta a quell’abile sumero che qualche millennio prima inventò la scrittura. Un modo per ricordare ma anche per cancellare ciò che non si vuole tramandare. Ne avrebbe fatto le spese la donna, per dire la società matriarcale delle origini, spazzata via dalla scrittura maschile.
Ne discende una domanda inevitabile qual è il sesso dei libri?
Se ne dibatte da secoli: un vescovo inglese del Trecento, certo Richard de Bury nel suo trattato sulla bibliofilia vedeva nell'”amor di sapienza” lo strumento più adatto a combattere i vizi della carne, personificati nel sesso femminile. Per Casanova la bellezza esteriore di una donna funziona come il frontespizio di un romanzo. E anche la verginità – a leggere Théophile Gautier – dà gli stessi brividi che danno le pagine intonse di un libro da aprire.
L’ironia di Vitiello sbaraglia la retorica di Dorfles. La funzione salvifica della lettura è smentita da due lettori esemplari: Don Chisciotte e Madame Bovary si sono rovinati la vita proprio leggendo romanzi cavallereschi e feuilleton sentimentali.
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Fin qui l’articolo de Il Messaggero. Qui si seguito delle schede essenziali sui due libri, tratte dalle note delle rispettive case editrici
Perché molti lettori sottolineano i libri, ci scribacchiano sopra, fanno le orecchie ai bordi delle pagine, mentre altri guardano con orrore al più lieve maltrattamento? E quali segreti custodiscono gli scaffali delle biblioteche domestiche? Se i volumi sono disposti in file doppie, cosa si nasconde nelle retrovie? Una ricognizione ricca e spiazzante di quelle perversioni che rendono erotico e nevrotico il nostro rapporto con i libri.
Il libro
Come nelle migliori famiglie, anche in quella degli amanti dei libri non manca qualche zio matto, il cui ritratto è tenuto prudentemente in soffitta: il collezionista pluriomicida, il cleptomane impenitente, quello che si mangia la carta. Ma non è di loro che parla questo libro. Piú che ai lettori psicotici, si dedica ai turbamenti del lettore nevrotico, che poi altri non è che il lettore comune. C’è chi è colto dall’angoscia se deve prestare un libro; chi si obbliga, mentre legge, a non sbadigliare; c’è il lettore poliamoroso che legge piú libri contemporaneamente o, al contrario, il monogamo seriale che non tocca un romanzo prima di averne finito un altro; chi si vergogna a dire di non aver letto un classico e perciò l’ha sempre, per definizione, «riletto» e chi annota i libri seguendo un proprio cifrario idiosincratico… Se è vero che la lettura è un «vizio impunito» che ci porta a considerare normali dei comportamenti che in qualunque altro ambito apparirebbero perversi – pensiamo al gesto di annusare voluttuosamente la carta -, allora non dobbiamo stupirci di fronte alle mille stramberie del lettore comune, che, visto da vicino, ci apparirà molto meno comune di quanto sembra. Un campionario brillante, colto e divertente delle abitudini che circondano l’uso dei libri e dei meccanismi profondi che regolano i piaceri e i dispiaceri della lettura.
Leggere è un lavoro, un mestiere, una competenza che si acquista solo con l’esercizio e che rischia di perdersi se non la si coltiva. Ma quello del lettore è il lavoro più bello che esista.
Chi non sa leggere si trova un po’ nella condizione di chi non sa nuotare: non ha la possibilità di fare un’esperienza unica. Poiché nella vita quotidiana però chi non legge libri sembra cavarsela benissimo, verrebbe da pensare che l’incapacità di leggere abbia poco a che fare con la capacità di essere bravi cittadini, lavoratori competenti, persone rispettose ed empatiche. La realtà però è che chi non legge difficilmente troverà altrove quello che chi legge trova nei libri. Nei libri c’è la storia dell’uomo, con le sue conquiste e i suoi fallimenti; ci siamo noi, con i nostri sentimenti, sogni, azioni; c’è quell’esperienza simbolica che ci spinge a sviluppare ingegno, fantasia e immaginazione. I libri sono una delle risorse più straordinarie per salvarci dalle prove della vita: chi sa leggere lo fa anche di fronte alle ansie più drammatiche, alle angosce più profonde, ai dolori più esacerbanti (Piero Dorfles)
Il più bel lavoro del mondo
Dorfles ha ragione da vendere, la lettura è una competenza che si acquista solo con l’esercizio e che si rischia di perdere se non adeguatamente coltivata. Per cui, poche scuse: il vero lettore non si lamenta dei libri voluminosi e il tempo non solo lo trova sempre, casomai riesce anche ad espanderlo. Il libro raccoglie una settantina di schede critiche all’interno di nove percorsi narrativi. Sono visioni personali, più o meno condivisibili, ma che sollecitano verso titoli mai realmente letti o a riconsiderare certe predilezioni. Forse non uno spartiacque della critica letteraria, ma una valida occasione per fare il punto sulla propria biblioteca.
Articolo in formato .pdf: Libro contro libro. Da il Messaggero del 19.12.2021