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Da sempre siamo interessati alle storie di ponzesi emigrati; isolani che in diversi periodi e per vari motivi – il più delle volte per cercare fortuna e un lavoro che l’isola non offriva – sono partiti per il nuovo continente, l’America del nord, il sud America… l’Argentina, in questo caso.
Dobbiamo questa biografia all’opera appassionata della pronipote di Silverio, che in mesi di contatti e scambi con la redazione ha raccolto documenti, testimonianze e foto del bisnonno; la proponiamo in tre puntate ai nostri lettori. In italiano e anche in lingua originale (traduzione rivista a cura della redazione).
Silverio Mazzello (24.04.1879 – 14.04.1952) nacque a Ponza (Latina), la più grande delle isole dell’arcipelago Ponziano nel Mar Tirreno. Era figlio di Agostino Mazzella (1850 – 31.12.1944) e di Silvia Vespoli (… – 18.6.1943).
I Mazzella erano originari di Ischia e arrivarono a Ponza nella prima metà del 1700 insieme ad altre famiglie.
I suoi genitori erano persone di scarsissime risorse. – Per aiutare a mio padre diventai pescatore – ha raccontato poi Silverio.
Difatti Silverio passava tutta la notte a pesca e poi la mattina si addormentava a scuola mentre il maestro cercava d’insegnargli le conoscenze di base. Nonostante ciò qualcosa imparò. La sua educazione scolastica fu solo quella; purtroppo la vita non gli permise di continuare la scuola.
A sette anni era un umile pescatore a Ponza e aiutava il padre nel commercio di prodotti locali. Ai suoi dodici anni suo padre si arruolò come marinaio presso la Compagnia di vapori Manzi che faceva il tragitto Napoli-Capri-Ponza-Ischia-Napoli; in questa azienda lavorò come fuochista per circa un anno.
– In quegli anni – dice Silverio – mio padre subì l’incidente che determinò il mio destino. Gli accadde, in Sardegna, di essere derubato di tutti suoi beni. Quindi, trovatosi senza denaro e capitale, decise di emigrare e imbarcarsi verso l’Argentina.
È stato così che nel 1891 i Mazzella arrivarono a Buenos Aires con la nave Città di Genova.
Con il loro cognome sorse un piccolo ma serio equivoco perché all’atto della trascrizione fu cambiato da Mazzella a Mazzello.
Di seguito la famiglia si insediò nel quartiere de La Boca e poco dopo il proprietario di una barca assunse Silverio come cuoco per parecchi mesi.
Durante quel periodo, mentre Silverio lavorava nella barca, un giorno cadde nel fiume e in seguito a questo infortunio capì che il lavoro ereditato dai suoi genitori non faceva per lui; quindi decise di cambiare il lavoro con uno in terra ferma.
Tra altri mestieri lavorò come addetto alle commissioni al porto e muratore per poi usufruire di un carretto per la vendita di acqua. Lavorò in proprio ed ebbe successo. A solo venti anni era riuscito ad avere cinque carretti che gestiva insieme a quattro lavoratori alle sue dipendenze. Nonostante tutto, lui voleva fare il commerciante.
Nel 1899 Silverio sposò Francisca Luisa Delfino con cui ebbe il suo primo figlio, Agustín Orlando. Dopo che lei morì di tubercolosi Silverio sposò sua cognata, María Juana Manuela (25.05.…-30.5.1952) e andarono in viaggio di nozze a Ingeniero White.
Dice Silverio: – Mi accorsi immediatamente che Ingeniero White era una città di grandi opportunità – e senza perdere il tempo nel mezzo del viaggio di nozze, mentre analizzava possibili affari, s’impiegò come operaio nel porto.
Insediatosi a White, nell’anno 1901, Silverio tornò ancora a Buenos Aires per comprare a rate 150 sacchi di carbone e legna, 30 kg di “yerba mate”, una dozzina di scope e una scatola di olio. Dice lui: – Quando questa merce arrivò a White ho dovuto chiedere soldi in prestito a un amico per pagare il trasporto. Una volta venduti i prodotti in città decise di fare altri acquisti a Buenos Aires e così fu come cominciò a lavorare in proprio. Siccome il denaro a disposizione non gli permetteva di assumere operai che l’aiutassero, lui stesso scaricava la pesante merce dalla nave e poi la vendeva distribuendola con una carriola.
Man mano che progredì Silverio noleggiò un carro per distribuire i prodotti che vendeva e così aumentare i guadagni. Dopo il lavoro di ogni giorno si alzava alle quattro della mattina (a volte scaricava nel porto cinquecento sacchi di carbone e legna) e durante la sera vendeva acqua. A White c’era un solo rubinetto da cui l’acqua zampillava debolmente, ragion per cui durante il periodo in cui mancava la pioggia, mancava pure l’acqua nelle case. Quindi doveva andare al rubinetto, riempire parecchi barili e vendere dopo l’acqua in barili più piccoli di porta in porta. In questo modo accresceva il suo capitale.
Versione originale
Silverio Mazzello (24-04-1879/13-04-1952) nació en Ponza (Latina), la mayor de las islas del Archipiélago Pontino en el Mar Tirreno. Era hijo de Agustín Mazzella (1850/ 31-12-1941) y de Silvia Vespoli (…/18-6-1943). Los Mazzella habían emigrado de Ischia en el 1700 así como también otras familias.
Sus padres eran muy pobres; Silverio pasaba toda la noche en el mar y durante la mañana se dormía en la escuela del pueblo cuando el maestro intentaba enseñarle las primeras letras. Toda su educación escolar empezó y terminó allí.
A los siete años era un humilde pescador de Nápoles y hasta los doce ayudó a su familia en el comercio que tenía. Luego su padre se alistó como marinero en la Compañía de vapores Manzi, que hacía el trayecto Nápoles-Capri-Ponza-Ischia-Nápoles, y entonces ingresó como fogonero en un barco de la misma empresa, en la que trabajó durante casi un año.
Una vez asaltaron a su padre en la isla de Cerdeña y se este quedó sin dinero, por lo que resolvió embarcarse con su familia para América.
Fue así que en 1891 llegaron los Mazzella a Buenos Aires en el buque Città di Genova.
Al ingresar al país su apellido quedó registrado como Mazzello. La familia se asentó en La Boca e inmediatamente el dueño de un lanchón contrató a Silverio como cocinero durante varios meses.
Un día, estando el lanchón en movimiento y queriendo Silverio sacar agua con un balde se cayó al río. Entonces comprendió que el oficio heredado de sus antepasados no era para él y decidió que a partir de ese momento trabajaría en tierra firme.
Silverio fue albañil y mozo de cordel entre otros oficios y con el poco dinero que ahorró compró un carro para la venta de agua, lo explotó por su cuenta y le fue muy bien porque con solo veinte años ya tenía cinco carros que desarrollaba en sociedad con cuatro peones. Sin embargo él quería hacerse comerciante.
En 1899 Silverio se casó con Francisca Luisa Delfino con quien tuvo su primer hijo, Agustín Orlando, pero ella falleció de tuberculosis. Después de un tiempo contrajo matrimonio con su cuñada, María Juana Manuela (…/29-5-1952) y fueron de luna de miel a Ingeniero White. “Me di cuenta inmediatamente de que Ingeniero White era una ciudad de enorme porvenir”. Y para no perder tiempo, mientras analizaba posibles negocios en el lugar, se empleó de peón en el puerto.
Una vez decidido a radicarse en White, en 1901, Silverio volvió a Buenos Aires y compró a crédito 150 bolsas de carbón y leña, un cilindro de 30 kg de yerba, una docena de escobas y un cajón de aceite. “Cuando esta mercadería llegó a White tuve que pedirle prestado dinero a un amigo para pagar el flete”, aclara. Luego vendió los productos en el pueblo e invirtió en otro pedido a Buenos Aires y así empezó a trabajar por su cuenta. Como el presupuesto no le permitía contratar un ayudante, él mismo desembarcaba en el puerto las bolsas de carbón, los cajones de aceite y el resto de la mercadería, que luego vendía y distribuía con una carretilla.
A medida que fue prosperando Silverio alquiló una jardinera para hacer el reparto y aumentar sus ingresos. Después del trabajo diario se levantaba a las cuatro de la mañana (a veces descargaba en el puerto pedidos de quinientas bolsas de carbón y leña) y de noche vendía agua.
En White había una sola canilla de la que el agua salía a chorros muy débiles y lentamente, por lo que en períodos de sequía se agotaba en todas las casas. Tenía que ir a la canilla, llenar varias bordalesas y vender luego la provisión en barrilitos de puerta en puerta. Con estas y otras changas iba aumentando la formación de su capital.
[Silverio Mazzello. Una storia di emigrazione (1) – Continua]