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Ieri abbiamo accolto con doloroso stupore la notizia della scomparsa di Giampiero Galeazzi. Confesso che è stato lui a farmi appassionare alle varie trasmissioni sportive della RAI. Sapeva ben coniugare professionalità e umanità; di entrambe era immensamente dotato.
Per diversi anni è stato un assiduo frequentatore della nostra isola e specie in luglio o agosto lo vedevo immancabilmente seduto davanti all’ingresso dello storico Bar Tripoli, lato sinistro. Il fisico atletico, lo sguardo attento e penetrante, sembrava che stesse davvero in procinto di fare una telecronaca in diretta – col suo vibrante vocione – su tutto ciò che avveniva in Piazza Pisacane.
Purtroppo non ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente.
Ci mancherà, indubbiamente. Ai familiari le più sentite condoglianze.
Qui di seguito l’articolo che la Repubblica (edizione odierna) ha dedicato alla sua morte (insieme ad altri servizi in edizione Nazionale e in Cronaca di Roma).
Giampiero Galeazzi, sportivo, giornalista e tifoso della Lazio (foto da Repubblica, cronaca di Roma)
SPORT
L’addio al giornalista
di Antonio Dipollina
– La miniera Galeazzi telecronista fuoriclasse icona di una tv perduta
– 75 anni. Giampiero Galeazzi era nato nel 1946: è stato radiocronista, telecronista e conduttore Rai per oltre 40 anni– Era autore di pezzi unici passati alla storia, da Maradona alle Olimpiadi. Faceva sketch su Rai 1 e se ne infischiava delle polemiche successive
Era autore di pezzi unici passati alla storia televisiva. E al tempo stesso era un esemplare perfetto, e del tutto dentro il suo tempo, di adesione al mestiere: tempi di esplosione della popolarità dello sport televisivo, di Rai a gestire tutto e quindi anche di tempi da cambiare (si-poteva-fare) mostrando come poteva evolversi, anche in popolarità, il racconto live dello sport rispetto a tutto quello che c’era stato prima.
Giampiero Galeazzi se n’è andato ieri a 75 anni, stremato dal diabete e dalla fatica di vita che comporta, si era pentito di una recente apparizione in tv dall’amica Mara Venier, dovette presentarsi in carrozzina e i commenti che lesse dopo, essendo già piena era social, non gli piacquero. Mi hanno già fatto il funerale, disse: mancavano invece tre anni ma soprattutto quel momento era le mille miglia distante dalla travolgente presenza dentro decenni di sport televisivo, con l’irruenza e la facilità quasi irridente con cui portava a casa colpi miracolosi, inventando lì per lì (il microfono consegnato a Maradona nello spogliatoio della festa scudetto del Napoli), o battute dei protagonisti che per qualche motivo, forse sempre un po’ intimiditi dall’imponenza dell’interlocutore, volevano fare bella figura davanti a quel microfono.
Ma appunto c’era una tonnellata di mestiere da portarsi appresso: valga per tutte quella telecronaca, la seconda più celebre, dell’oro olimpico a Sydney nel K2 di Bonomi&Rossi: volendo, la telecronaca della vita Galeazzi l’aveva già fatta – a Seul con gli Abbagnale, ovvio – poteva cavarsela di rendita e invece, ascoltare per credere, la voce che si alza ad arrochirsi nel grido è anche la voce continua, pagaiata dopo pagaiata, a dare conto del numero dei colpi e dei distacchi esatti in quel momento.
E solo a un metro dalla linea lo svolazzo: “Si guarda a sinistra, si guarda a destra” urlato, e a seguire un “E vince l’Italia” riafferrando al volo la voce che se n’era andata.
Era dodici anni dopo gli Abbagnale e quanto era bello il tempo scandito in quadrienni olimpici: i Fratelloni e Peppiniello e Galeazzi che diventa il quarto elemento, dentro una telecronaca da leggenda perché da leggenda era l’impresa, prima di tutto, e c’era dentro anche materiale simbolico della storia, la barca che alla fine rinviene pericolosamente – e Galeazzi urlava quasi a ricacciarla indietro – era quella della Germania Est, era il 1988, segnali di muri acquatici che cadevano.
Galeazzi aveva riempito ore e ore di sport di livello top, il canottaggio lo aveva dentro perché era stato atleta nazionale di primo piano, ma il canottaggio è una botta ogni quattro anni e via. E c’era stato il tennis quando il tennis sbocciava alla popolarità tv sempre via Rai, ma al tennis si sta composti e si sa.
La sua presenza, in Rai monopolistica, nel racconto del calcio, è invece una miniera di spunti e occasioni, centinaia di ore a gestire i 90° Minuto e gli studi dedicati alla Nazionale, Mondiale dopo Mondiale anche se lo stigma dell’inviato che si buttava e, senza concorrenza alcuna, entrava da qualunque porta di stadio era la sua cifra definitiva.
Negli anni ’90 arrivò la botta da showman, complice appunto Mara Venier e quelle domeniche in una Rai che anche in questo caso viveva gli ultimi scampoli da tv unica, con spettatori a milioni qualunque cosa ci fosse.
Faceva i numeri a Domenica In e francamente se ne infischiava delle polemiche successive.
Non c’è un solo giornalista che lo abbia conosciuto che non stia ripensando a un aneddoto personale con Galeazzi, sempre cose divertenti. E tutti insieme stanno recitando le gag più note di Bisteccone – soprannome rimasto scolpito – tra tenerezza e rimpianto.
E comunque quando c’era Galeazzi in tv era, diranno tutti anche questo, tutta un’altra storia.
[Di Antonio Dipollina, da la Repubblica del 13 nov. 2021]
Appendice del 14 novembre
A cura della redazione si aggiunge all’articolo un .pdf con due commosse interviste a due suoi amici – Mara Venier e Giuseppe Abbagnale
Galeazzi. Due testimonianze da la Repubblica del 13 nov
La Redazione
14 Novembre 2021 at 07:34
A cura della redazione è stato aggiunto all’articolo un .pdf con due commosse interviste a due suoi amici – Mara Venier e Giuseppe Abbagnale