di Sandro Russo
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Dovremo imparare a vergognarci meno del presente, perché prima o poi diventerà un passato da rimpiangere
[Massimo Gramellini, su La Stampa del 18 maggio 2012]
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C’è che quelli della nostra età non possono fare a meno di sentirla, la nostalgia, e di scriverne; come è altrettanto certo che i giovani non capiranno. Perché, ripensando a noi stessi da giovani, forse che la nostalgia faceva parte dei nostri pensieri a quel tempo, tra il corpo in urgenza e i tumulti del cuore?
Poi gli anni passano e qualcosa cambia; la nostalgia rimane agganciata a quel mondo in cui noi eravamo giovani e le nostre speranze verdi.
Ma il sociologo dilettante fa un passo oltre la nostalgia e si chiede anche: “come mai Ponza ha perso la sua cultura, la sua innocenza e persino la sua antica dignità? Si può ricreare un tessuto culturale popolare recuperando quanto di più sano e di più bello c’era un tempo?”
Certo, il presente ci si impone con la forza della realtà; di quell’unica sequenza che si è realizzata, tra le infinite possibili. Cosicché la domanda se poteva andare in un modo diverso è solo astratta teoria.
C’è stato un tempo di comunanza e frugalità, di solidarietà e di duro lavoro; e anche di bellezza incontaminata e liberamente fruibile. Ma poi il mondo è andato avanti con una sua forza inarrestabile.
Non si poteva contrastare la volontà di emancipazione di una popolazione che veniva da secoli di privazioni e di disagi; non è accaduto nella piccola enclave dell’isola, né nel resto dell’Italia.
Ma è giusto ripensare a questi temi adesso, che quei problemi sono alle spalle (o prima che si ripresentino); nella breve risacca tra un’onda e l’altra dei grandi cicli della storia.
Ha senso usare la nostalgia come una macchina del tempo, per tornare ai bei tempi di una volta? È una prospettiva gratificante, e una seducente illusione, ma poco incide sulla realtà, e sul futuro soprattutto.
Non mi sento granché ‘nostalgico’, benché sia attratto dalla nostalgia come una categoria del bello. Erano belle le albe ponzesi ovattate di luce… Il rumore del motore dei gozzi nel porto, di prima mattina; i profumi dell’estate che si schiudeva come una promessa… Era bella Palmarola che si avvicinava, ancora avvolta nella foschia, mentre ci lasciavamo alle spalle il faro della Guardia diretti verso la prima avventura della nostra vita.
La nostalgia può essere una leva; averla dentro ci può portare a pensare ad un mondo diverso da questo, per alcuni dei suoi aspetti che proprio non ci piacciono; a combattere per la nostra visione, o almeno a proporre un’alternativa. Le nostre vite, ‘ben temperate’ da una nostalgia positiva e consapevole, possono prendere un’altra piega, quantomeno proporre un modello, che non sia un lasciarsi andare verso l’ignoto.
Una leva cui applicare un motore, per costruire sulle cose essenziali, irrinunciabili. Distillarne un succo. La natura e l’ambiente sono tra esse… “Ci consentano..!” …i giovani! …Sappiamo di cosa parliamo! Il lascito, l’eredità di una generazione all’altra, la lista delle “dieci cose per cui vale la pena vivere” (alla maniera di Woody Allen). Prima che sia troppo tardi…
Voglio raccontare di una forte impressione ricevuta da un film visto molti anni fa; un fanta-thriller: ‘2022. I sopravvissuti’, di Richard Fleischer. Il film fu ispirato da una ricerca fatta dal MIT (Massachusetts Institute of Technology) su richiesta del Club di Roma (costituitosi nel 1968 ad opera di studiosi, assieme a premi Nobel, leader politici e intellettuali). I risultati furono pubblicati nel libro Rapporto sui limiti dello sviluppo (The Limits to Growth, 1972) che costituì il primo studio scientifico a documentare l’insorgere della questione ambientale in termini globali.
Nel film, del 1973, è rappresentata una Terra sovrappopolata e inquinata, che ha esaurito tutte le sue risorse; il cibo e persino l’acqua sono razionati. L’unico cibo disponibile per le masse sono gallette di alghe e di un misterioso alimento chiamato soylent green (soya verde, come il titolo del film nella versione originale); le tensioni sociali sono elevate e i ricchi sono di fatto asserragliati in case super controllate e difese. Nel film è descritto il sodalizio tra il vecchio Salomon (un anziano Edward G. Robinson alla sua ultima apparizione) e il poliziotto Thorn (Charlton Heston). Il primo, abbastanza vecchio per ricordare com’era il mondo prima che l’inquinamento lo devastasse, non fa che raccontarlo a Thorn; ma lui che è più giovane, conosce soltanto il presente e non può capirlo.
Impressionante, nel film, la scelta di molti vecchi – e poi anche di Solomon -, che piuttosto di continuare a vivere in un mondo che non riconoscono più – sovraffollato e privo di forme di vita animali e vegetali – scelgono una dolce morte; una specie di eutanasia accompagnata dalla musica e dalla visione della Terra com’era, piena di foreste, animali e fiori.
‘2022. I sopravvissuti (Soylent green; 1973). Una scena del film, che rappresenta la scelta finale di Solomon, su un catafalco al centro di una cupola su cui vengono proiettate le immagini di un mondo scomparso
Molti film lasciano pensieri ed emozioni all’uscita dal cinema, ma qui l’accurata verosimiglianza delle premesse e l’intensità della rappresentazione sono tali che alla fine ci si ritrova ad assaporare l’aria, a guardare il cielo e ad accarezzare gli alberi, con altri occhi: – Meno male che era solo un film!
È la nostalgia, tra le sfumature dei sentimenti umani, la più delicata e crepuscolare. Porta nelle vite individuali e nel mondo un tocco di poesia, almeno necessaria a contrastare l’accusa, da qualcuno avanzata, di essere diventati una comunità senza ideali e senza cuore.
“Ma allora che ci guadagni?”
“Ci guadagno” – disse la volpe – “il colore del grano”
[Da Antoine De Saint-Exupéry (1900-1944): Le petit Prince]
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Sandro Russo
[Elogio della Nostalgia. (2) – Fine]
Gabriella Nardacci
20 Maggio 2012 at 19:30
Che dire sulla nostalgia… Più o meno quello che già molti di voi hanno detto.
Verità attendibili, detti e proverbi opinabili. Ma quando la nostalgia la si sente dentro, allora i concetti sono in netto contrasto tra di loro perchè la nostalgia è un sentimento e come tutti i sentimenti, è assolutamente soggettiva. Per alcuni può essere distruttiva e non a caso vengono riportati casi in cui essa ha provocato veri mali psico-fisici; mentre per altri, così come la malinconia, la nostalgia può essere creativa. Comunque, quale che sia il suo innesco, per alcune persone, la nostalgia è stata ed è lo stimolo alla creazione di un’opera d’arte, con scritti o dipinti, attraverso la musica o altro.
I miei vecchi dicono: “Si stava meglio quando si stava peggio” oppure… “Prima c’era tanta povertà ma ballavamo il saltarello per la strada ed eravamo felici con poco…”.
Che forse sono solo modi colorati di nascondere la nostalgia di una gioventù trascorsa.
Anch’io sono attratta dalla nostalgia “come una categoria del bello” …sia questa bellezza riferita al ricordo di un amore di qualche tempo fa, o al ricordo di certi luoghi che ci hanno visto bambini, quando la mamma, dalla finestra, ci chiamava che s’era fatto buio ed era ora di rientrare a casa dopo i giochi – a campana o a muretto o a nascondino o a uno, due, tre.. stella!, a regina reginella o a battimuro – fatti giù per la strada.
Mi viene in mente un’immagine: di trovarmi in un punto qualunque su una circonferenza e di ripercorrere tutto lo spazio fino al centro del cerchio e poi tornare al punto di partenza: perchè solo chi sa tornare indietro riesce ad andare avanti
Ho apprezzato molto il tema della nostalgia. Non si finisce mai di leggerne e di sentirsi vicini a chi la prova.
Questo sentimento, che a volte è struggente ed altre volte aiuta a vivere meglio questa età che vede, sempre più, allungarsi la linea del tempo andato, è, per me il sentimento dei sensi, perchè sono i ricordi degli odori, dei sapori, dei suoni, delle immagini e dei brividi sulla pelle che mi travolgono, quando mi sento nostalgica.
E se qualche ricordo particolarmente intenso ci tocca il cuore e ci provoca un nodo in gola, ci fa compagnia il pensiero che la memoria, fortunatamente, è più giovane che mai e ci fa sentire vivi: i ricordi fanno parte della nostra storia.
Di certo ciò non è consolazione, ma consapevolezza e considerazione di quel che la nostalgia ci ha lasciato.