di Francesco De Luca
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Col morto… e sì… perché questo è un gioco inattuale. Non ho trovato nessuno con cui giocare. Eppure di scansafatiche ce ne sono…
Qual è il gioco? E’ quello di attardarsi su aspetti della vita e trattarli con ironia.
Col morto il divertimento è minimo ma massimo il passatempo. E’ tutto scontato, lo so, ma almeno si è in sintonia con lo sfrondarsi della natura.
Non so se ci riesco… non so se ne sarò capace.
Sta invecchiando. Si attarda seduto al bordo del letto in procinto di indossare i pantaloni. Deve stendere le mani, prendere l’indumento, infilare la prima gamba e poi l’altra. Tutto a un palmo, nessuna fatica, nessuna torsione di busto, nessun movimento anomalo. Tutti gesti consueti, di routine. Eppure sta lì, con la testa penzoloni e guarda il pavimento. Che non riesce a sollecitargli alcuna tensione. Lo sguardo è indifferente. La mente no: ripassa le sequenze dei gesti che attendono d’essere compiuti. Li inframmezza con le immagini ultime del dormiveglia: la porta da chiudere, la tovaglia sul tavolo in cortile da fermare, perché il vento sta aumentando, lo percepisce dal rumore chiuso e indistinto dell’aria agitata.
Nel cielo fremono masse che il ponente spinge forzatamente. Sì, sì, ma qui in camera non si agita nulla. Tutto è assopito da una inattività stagnante. E’ come se le combinazioni meteo e quelle psicologiche, pur nel contrasto, si assommino. Lì stanno, a confondersi insieme, insieme a coabitare. A stagnare.
Forse è questa la vecchiaia. Così si manifesta. Poca reattività. Implosione silenziosa, amorfa.
Un rumore distoglie. Qualcuno in cucina sta smanettando con qualcosa e il ticchettìo del microonde sospinge, istiga. Macché. Le gambe penzolano dal letto. Lì ci sono i calzini, lì i pantaloni, lì le scarpe. Aspettano… ma lui con la mente va indietro… a… quando il lavoro lo pressava ed esigeva la sua risoluzione, a… quando il giorno aspettava lui. Oggi, al massimo, si dovrà scegliere cosa mangiare. Ma a chi rivolgere la domanda se ancora non si è in piedi? Se ancora il giorno non lo si è messo in moto?
Vita… ah… la vita è bella e varia. Varia? Lo è stata! Oggi è monotona perché di essa non si coglie la novità. E quale è la novità della vita?
La domanda cade nel vano…
Su, su, uno sforzo ulteriore. Un altro giorno attende. Ti attende. Riempilo di ordinarietà!
L’ordinarietà è aborrita da tutti. Ancor più in questi tempi di restrizione pandemica si è proiettati a frangere ogni ordinarietà, per sostituirla con la straordinarietà. Basti notare quanti siano gli inviti al ‘nuovo’, al ‘mutamento’. In politica, in religione, in economia, nelle abitudini e nelle prospettive. Il ‘cambiamento’ tout court è diventato un obiettivo da perseguire. Così… per necessità culturale. Per moda. Contro ogni prudenza. Questa… la prudenza… auspicata dalle massime popolari. Ma, si sa, l’argomento porta all’autogol. Sembra portar fuori dalla melma e invece ti ci caccia ancor più dentro. Il vecchio non è gradito, anzi è dileggiato, perciò… meglio smettere questa partita.
Partita? Quale partita? Qua non c’è stato gioco…
Lo sapevo già.