di Gianni Paglieri
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In un momento di calma nel quale la tempesta sembra trattenere il fiato arriva sul ponte il Nostromo che informa Mac Whirr che i cinesi …nel corridoio di prua stanno rotolando via… in un mucchio solo… visti io stesso… vista terribile, capitano… credevo… dirglielo…”
Jukes non reagisce, non pensa più ad agire, vorrebbe arrendersi alla forza scatenata del tifone e pensa che non vedrà spuntare il giorno. Poi, in un momento di allucinazione …ricordò suo padre… morto in uno stato di rassegnazione… poi una certa partita a carte giocata da ragazzo a Table Bay… le folte sopracciglia del suo primo comandante e… senza alcuna emozione… ricordò sua madre… la donna risoluta, rimasta in cattive acque, che lo aveva allevato con tanta fermezza …
L’incantesimo della tempesta si era impadronito di Jukes. Egli ne fu penetrato assorbito… Ed è ancora Mac Whirr che lo richiama alla realtà, che lo chiama per nome e gli cinge le spalle con un braccio cercando di scuoterlo dall’inerzia che si è impadronita di lui. Tutto sembra inutile e Mac Whirr continua a chiamarlo ma il vento stava fra di loro come un cuneo solido.
La tempesta tiene separati i due uomini ma è sempre il Capitano che reagisce, che parla, che dà ordini …il capitano Mac Whirr stringeva la testa del suo primo ufficiale nel cavo del gomito e la premeva misteriosamente contro le sue labbra urlanti…
La tempesta è terribile e pone a dura prova la nave e gli uomini, ma il Nostromo giunto da poco sul ponte informa che un’altra tempesta si è scatenata nelle viscere della nave dove i coolies sballottati come fuscelli perdono il controllo delle cassette che contengono tutti i loro risparmi. Sbattute violentemente contro le paratie le cassette si aprono e i dollari e le cianfrusaglie si spargono ovunque. Naturalmente ogni coolie cerca di recuperare il proprio tesoro e la zuffa è terribile. Mac Whirr ora dice a Jukes che non tollera liti sulla sua nave e gli ordina di andare a vedere cosa stia davvero succedendo.
E’ un ordine apparentemente insensato che però riscuote Jukes dal torpore che lo sta paralizzando. L’Ufficiale d’un tratto capisce che deve andare e insieme al Nostromo lascia il ponte e si reca a prora, nel locale dove si trovano i coolies e lo spettacolo che gli si presenta è orribile: i coolies hanno perduto ogni ritegno, la tempesta ha scatenato le loro peggiori pulsazioni e stanno lottando tra di loro in un groviglio infernale.
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In plancia, dove sono rimasti il Comandante e il Timoniere, all’improvviso, come portato da un’onda, appare il Secondo Ufficiale “…rintanato in un angolo con le ginocchia sollevate e i pugni piantati contro le tempie; il suo atteggiamento esprimeva rabbia, dolore, rassegnazione, rinuncia e una specie di concentrato rancore”.
Sul fare del giorno, nel culmine della tempesta, prigioniero di un astio malvagio contro tutti e tutto rivela la sua verità profonda quando con voce rotta dall’ira e dalla paura sibila al Comandante: “Non lo vedrà spuntare il giorno” Polsi e ginocchia gli tremavano con dolenza, visibilmente. “No, per Dio, non lo…” …e si cacciò di nuovo la faccia tra i pugni chiusi.”
Mac Whirr lo ignora e si china sul portavoce per parlare con il Direttore di Macchina che ha il suo da fare per mantenere la macchina in moto… “Mare molto grosso… Buio e pioggia. Non riesco a vedere cosa succede… bisogna… mantenerla… in moto… abbastanza… da pilotare… Sto facendo quello che posso… Sono completamente solo. Il secondo Ufficiale è perduto… Una cosa seccante … Impazzito … mi ha aggredito proprio adesso… prenderlo a pugni… giusto in questo momento… Mi sentite Rout?
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Il Direttore di Macchina Solomon Rout è preoccupato perché non riesce quasi più a mantenere i giri del motore e riacquista fiducia ogni volta che il Comandante gli parla, e si rinfranca al pensiero che lassù sul ponte c’è un uomo che non ha perso la testa, che sta affrontando la tempesta, un uomo insignificante che nella notte buia è diventato l’unico punto di riferimento in quella situazione di caos e di disordine.
Rout sta facendo sforzi immani per evitare che l’elica si fermi perché sa che se questo dovesse accadere la nave si perderebbe in pochissimo tempo, poi, all’improvviso ha “…la sensazione di un arresto improvviso, una strana contrazione della nave, come se essa si raccogliesse su se stessa per un balzo disperato….”.
Contemporaneamente Mac Whirr, solo sul ponte …aveva scorto una cortina bianca di schiuma avvicinarsi ad un’altezza tale da non credere ai suoi occhi; nessuno avrebbe mai saputo quanto fosse ripida quell’ondata gigantesca, e quale tremenda profondità avesse il vuoto che l’uragano aveva scavato dietro quella muraglia d’acqua in corsa …il Nan Shan sollevò la prua e saltò … la nave si tuffò dritta giù nel vuoto, come scavalcando l’orlo del mondo … la nave rimase sospesa su quella tremenda china quanto bastava… poi finalmente si sollevò lenta, barcollando quasi dovesse sollevare una montagna con la prua.”
Il Direttore di Macchina pensa che l’ondata abbia spazzato via ogni cosa compresa, la timoneria ed il comandante, ma è il suono del telegrafo a richiamarlo ancora alla realtà ed è ancora la voce di Mac Whirr a rassicurarlo. Quella voce distaccata e pacata gli infonde coraggio, gli dà conferma che il Comandante è ancora sul ponte, intenzionato a portare la nave fuori dal vortice del tifone e lui sente di dover dare il meglio di sé per questo scopo.
Nel frattempo anche Jukes è tornato sul ponte e sorpreso si accorge … che non c’era più vento, non un soffio, tranne le lievi correnti prodotte dalle guizzate della nave. Il fumo lanciato dalla ciminiera ricadeva in coperta …e nel buio della timoneria … percepì confusamente la forma tarchiata del capitano …
L’assenza di vento, il Comandante al suo posto danno a Jukes la sensazione che si stia venendo fuori dalla tempesta e per un breve attimo si rincuora e ritrova il sorriso ma è ancora la voce calma del Comandante a richiamarlo alla realtà invitandolo a non farsi delle illusioni perché… “secondo i libri il peggio non è ancora finito”.
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La calma innaturale è la calma che una nave può incontrare nell’occhio del tifone… ma tutti sanno che non si può restare nell’occhio del tifone e che è necessario uscirne. Quella calma apparente portava la preoccupazione che non sarebbero riusciti a portare la nave dall’altra parte.
Gianni Paglieri
[Tifone di Joseph Conrad (5) – Continua]