di Giuseppe Mazzella di Rurillo
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Gli italiani
Gli italiani danno il meglio di loro stessi nei momenti drammatici quando stanno sull’orlo del precipizio. E’ in questi momenti che riscoprono i loro geni, recuperano tutta la loro genialità e l’orgoglio del loro passato e dei loro Uomini illustri. Il nostro nazionalismo è diverso dai cugini francesi. Più complesso perché complessa è stata l’Unità Nazionale. Resta ancora valida – ad oltre 60 anni dalla sua formulazione – la considerazione di Massimo D’Azeglio: “Gli italiani hanno voluto fare un’Italia nuova, e loro rimanere gli italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali che furono ab antiquo la loro rovina, perché pensano a riformare l’ Italia e nessuno si accorge che per riuscirci bisogna prima che si riformino loro”.
Quando ero ragazzo e frequentavo le superiori – avevo meno di 18 anni – comprai il libro di Luigi Barzini Jr. “Gli italiani” uscito prima in inglese per il pubblico americano nel 1964 e l’anno successivo in italiano. L’edizione italiana ha una premessa ed un poscritto di Barzini stesso. Il libro ebbe un buon successo e suscitò molte polemiche. Barzini era culturalmente un “mezzosangue” con studi in Italia ed in America e professionalmente più americano che italiano avendo studiato giornalismo in USA alla Columbia University e sostenitore del giornalismo anglosassone dove l’opinione veniva separata dalla notizia. Fu uno dei miei primi Maestri perché in una rivista per giovani ricordò gli insegnamenti che aveva ricevuto nella università americana. Ricordo ancora l’incipit di quell’articolo: “Alla prima lezione di giornalismo il docente ci ricordò che il primo giornalista della storia è stato Dio Padre che dettò il primo verso della Genesi: “Dio disse due punti sia fatta la luce punto e la luce fu punto”. E’ una lezione formidabile di essenzialità. Dire tutto in poche parole”.
Il libro di Barzini sugli italiani lo iniziai a leggere ma non completai la lettura (435 pagine) limitandomi alla premessa ed al poscritto e ad alcuni tratti. Ma l’ho sempre conservato fra i miei manuali e mi riprometto di leggerlo con attenzione nei giorni pigri dell’estate. Forse è un libro che dovrebbe ritornare d’attualità perché insiste soprattutto sul carattere degli italiani con un serio excursus storico.
Ma nella premessa Barzini richiama un po’ d’orgoglio nazionale: “Non esisterebbero pistole se non fosse per la città di Pistoia; non esisterebbe il savon in Francia se non fosse per la città di Savona; né i blue jeans senza Genova. Così il mondo non conoscerebbe il celebre Neapolitan ice-cream o gelato napoletano… Gli italiani hanno scoperto l’America per gli americani; hanno insegnato agli inglesi l’arte poetica, gli accorgimenti per governare, la teoria dell’equilibrio delle forze, le astuzie bancarie e commerciali; ai tedeschi i primi elementi dell’arte militare e l’impiego delle artiglierie; ai russi la recitazione e la danza classica; l’arte culinaria ai francesi e la musica a quasi tutti”.
Alla fine del lungo racconto Barzini si dichiara “ottimista nel miglioramento degli italiani” e sostiene che la “guarigione” dei mali italiani sta nel miglioramento della scuola: “Vaste programme” direbbe il generale De Gaulle che aveva una “certa idea della Francia” ma anche lui aveva i suoi problemi (una delle sue battute più famose è sui formaggi: “Come si fa a governare un Paese con 246 qualità di formaggi?”).
Nel dramma la forza
Personalmente ritengo che il genio italiano si sprigiona nelle avversità. Il meglio di noi lo dimostriamo nella ricostruzione dopo una guerra. Lo abbiamo fatto nel secondo dopoguerra con il “miracolo economico italiano” e con una classe dirigente eccezionale che seppe raggiungere in un tempo di steccati ideologici e di “guerra fredda” la sintesi programmatica per avviare la ricostruzione del Paese. La migliore stagione per il Mezzogiorno – il problema economico nazionale – fu quella del ventennio 1950-1970 della Cassa per il Mezzogiorno e la Cassa fu voluta da tutti, dai liberali ai comunisti, dando un contributo veramente straordinario con le Grandi Opere ed i forti incentivi alle imprese al miglioramento economico e sociale del Sud. Credo che anche per ricostruire il tessuto socio-economico dopo questa terribile epidemia del Covid 19 occorre riscoprire un orgoglio nazionale. Avere una certa idea dell’Italia che è il più grande tesoro monumentale ed artistico del mondo intero e cercare di migliorare gli italiani.
L’occasione del Recovery Fund con il quale l’Unione Europea assegna all’Italia una dotazione di aiuti finanziari per 209 miliardi di euro non può andare perduta. Per la prima volta nella sua storia la Comunità Europea costituisce un “debito comune” ai 27 Paesi membri ed assegna all’Italia – la prima colpita dalla epidemia e quella che ha avuto le più negative conseguenze – la quota maggiore dell’intero stanziamento. Alla Francia sono stati assegnati 100 miliardi di euro, meno della metà di quanto stabilito per l’Italia. Questa enorme massa di danaro deve esser ben spesa per opere pubbliche, nuovi investimenti, aiuti alle imprese, perché per il Mezzogiorno è l’occasione storica per il riequilibrio territoriale, per raggiungere una accettabile coesione territoriale tra il Nord ed il Sud.
Si è sviluppato subito un ampio dibattito sulla buona utilizzazione dei fondi e sulla gestione dei fondi stessi. Non sono mancate e non mancheranno le polemiche e speriamo che non siano sterili ma fino ad oggi non si conoscono da parte degli 8 mila Comuni italiani i progetti esecutivi per gli interventi che debbono essere effettuati in sei anni. Stiamo ancora alle idee progettuali ed è già iniziata una guerra fratricida tra Comuni per ottenere il finanziamento, scatenando una guerra fra poveri o fra furbi. Insomma si manifesta la natura italica che ha impedito l’unificazione nazionale per secoli. È questo aspetto egoistico che deve essere contenuto.
Ritorna lo sviluppo locale e rinascono i bar Calise
Discussioni ed interventi sul Recovery Plan troppo generici. Richieste di interventi di massima. Ma le aree del Mezzogiorno non hanno ancora progetti esecutivi. La Regione Campania con la “programmazione pubblica” sta ancora ai preliminari” dei PUC dei Comuni che dovrebbero essere approvati entro il 30 giugno prossimo. Ma sono linee generali senza vincolo di attuazione rimandato alle calende greche come d’abitudine. Da 70 anni. Anche qui nell’isola d’Ischia – per un’isola green nell’economia non solo nel nome, non solo turismo ma anche agricoltura e pesca con un ritorno alle origini per una “transizione ecologica”, meno automobili e più biciclette, aree verdi e aree museali diffuse etc – non ci sono progetti esecutivi di Grandi Idee né chi e come deve attuarle, mentre invece le note positive vengono dall’“autogoverno del mercato”: riaprono con una nuova gestione i Bar Calise al Porto, a Piazza degli Eroi, a Casamicciola con il vecchio marchio della “C” stilizzata, ma cambia il caffè perché a Passalasqua dopo 50 anni si sostituisce il Caffè Mauro e l’espresso napoletano che entra nel marchio in modo indissolubile. Buon segno.
Un poco di ottimismo per la “grande occasione”, per il miglioramento degli italiani, per una certa idea – coraggiosa e innovativa – dell’Italia.
di Giuseppe Mazzella direttore de Il Continente
Casamicciola, 27 giugno 2021