Ambiente e Natura

Volare su Marte o la “controriforma” della Pubblica Amministrazione

di Giuseppe Mazzella di Rurillo

 

La Federazione Europea da Marte a Ventotene

E’ più facile volare su Marte, il “Pianeta Rosso” distante circa 55 milioni di chilometri dal Pianeta Terra dove un apparecchio degli americani trasmette immagini, che riformare o meglio “controriformare” la Pubblica Amministrazione italiana. E’ la madre di tutte le riforme ma è giunto il momento di chiamarla “controriforma” perché la pandemia del Covid 19 ha fatto emergere l’estrema debolezza – che è dannosa – del nostro decentramento amministrativo dello Stato che è una Repubblica.

Il “regionalismo” – previsto dalla Costituzione del 1948 – doveva rappresentare la massima espansione della “Repubblica delle Autonomie” perché la Repubblica si divideva in Comuni, Province e Regioni. Tre livelli istituzionali di potere locale per permettere un’ampia partecipazione, ma il decentramento non significava federalismo all’americana o alla tedesca. Invece è stato interpretato ed attuato un disordinato federalismo tanto che il Presidente della Regione è stato chiamato vox populi Governatore come se le nostre Regioni fossero uno Stato americano o un Lander tedesco. Bisogna ritornare allo Stato Unitario ed alla “indivisibilità della Repubblica”. La Sanità, la Scuola, la Pianificazione Territoriale, devono ritornare nella piena competenza dello Stato. L’ entità “federale” è e dovrà essere sempre più l’Unione Europea. Ritorna drammaticamente ma con vigore il progetto di Altiero Spinelli. A Ventotene, dove nel 1941 si scrisse il Manifesto, sarà ripristinato il carcere di Santo Stefano dopo 50 anni di dismissione e rovine. Diventerà il simbolo dell’Europa Unita nel Mediterraneo. A 18 miglia da Ischia.

 

I “corpi locali” di Silvio Spaventa
La battaglia per una Pubblica Amministrazione efficiente è antichissima. L’auspicava Silvio Spaventa fin dal 1880 col suo celebre discorso all’Associazione Costituzionale di Bergamo del 7 maggio 1880. Spaventa auspicava il decentramento amministrativo dello Stato con quelli che chiamava “i corpi locali”  ma “la delegazione dei poteri pubblici ai corpi locali, per se stessa, senz’altri ordini e cautele, non può se non accrescere e moltiplicare il male (una pessima pubblica amministrazione n.d.r.), spostandone e moltiplicandone la sede in ogni Consiglio o corpo locale, dove ci sono la passione di parte, la prepotenza delle maggioranze… non è nella delegazione per se stessa né nel suo solo accrescimento che può trovarsi il rimedio che noi cerchiamo” diceva Spaventa che fu il padre putativo di Benedetto Croce.

Ho lavorato per 34 anni in una Pubblica Amministrazione, quella della Provincia di Napoli sostituita, dal 2014, con una assurda leggina, dalla cosiddetta “Città Metropolitana” che lo stesso ‘Governatore’ Vincenzo De Luca dichiara di non capire cosa è. Con una forma mentis a metà strada tra il Diritto e l’Economia per studi medi ed universitari imbevuta di Scienza Politica con militanza diretta in un’area “riformista” ho vissuto quegli anni cercando di raccontarli nelle mie cronache e nei miei commenti. Ho vissuto Riforme, Leggi, leggine, regolamenti, circolari ad un ritmo impressionante. Trasferimenti di “competenze delegate” dallo Stato alla Regione e da questa alla Provincia ed ai Comuni ma poi rimaste sulla carta o successivamente ritirate. Passi in avanti sul terreno del decentramento dei poteri o delle “competenze” e poi passi indietro.

Ricordo negli anni ‘80 del ‘900 alla Provincia l’alluvione di interventi di Franco Iacono, socialista assessore agli enti locali e poi Presidente, per chiedere alla Regione Campania le “deleghe” in materia di assetto territoriale. Due leggi regionali di trasferimento alla Provincia avviate e poi dimenticate. E nell’assetto del territorio si è arrivato a quello che il notaio Nino Arturo definì con espressione felice un “letamaio giuridico” con un numero incommensurabile di norme inapplicabili tanto che l’abusivismo edilizio è diventato necessario per lo speculatore ed il piccolo proprietario. Dalla Legge Ponte del 1967, che doveva durare un solo anno ed è durata 10 anni, al condono edilizio che da strumento “straordinario” è diventato “ordinario” ogni 10 anni, al Codice dei Beni Culturali di 20 anni fa che fa ritornare la competenza dello Stato nel Governo del Territorio, ma non pienamente, dopo averla trasferita per 30 anni alle Regioni.

Così la “pianificazione territoriale” è diventata una chimera. I Comuni e le Province hanno avuto la legge Gava nel 1990 la n.142/90 e poi nel 2000 un Testo Unico degli Enti Locali ma i “corpi locali” come li chiamava Spaventa hanno funzionato male. Non si è riusciti – nonostante Ministri innovatori come Franco Bassanini alla fine degli anni ‘90 –  nemmeno a cambiare il “linguaggio  burocratico” di circolari e lettere; così invece di chiarezza si è continuato nella politica dello scaricabarile con quella espressione micidiale delle “rispettive competenze” in modo tale che il cittadino o l’utente non avesse mai in mano un “atto amministrativo completo”.

L’efficienza, l’efficacia e l’economicità sono andate a quel paese negli enti locali ed oggi abbiamo piccoli Comuni che non hanno le strutture amministrative per adeguarsi alla velocità di trasformazione del sistema economico. Questa “inefficienza amministrativa” si è trasferita in una “inefficienza politica” con scadentissime classi dirigenti. Chi è più bravo accede ai finanziamenti dello Stato e dell’Unione Europea ma chi non ha questa nuova mentalità fa arretrare civilmente la propria Comunità locale.
Ecco perché oggi un problema ineludibile è la “dimensione” amministrativa del Comune.

Nel caso nostro dell’isola d’Ischia il problema centrale è l’Unità amministrativa in un sol Comune. L’inadeguatezza istituzionale esplode oggi con l’utilizzazione dei fondi europei. Tutti parlano del Recovery Fund ma nessun amministratore ha lanciato nelle forme di legge –  cioè con una delibera di Consiglio Comunale – una “idea progettuale” sulla quale chiedere ed ottenere i fondi visti come l’ultima speranza per il rilancio economico.


La richiesta “ documenti” della Regione al Comune
E’ emblematica la richiesta al Comune di Casamicciola del dirigente regionale all’urbanistica, Romeo Gentile, di “documenti” per avviare il Piano di Ricostruzione (Il Dispari 7 aprile 2021) come se la Regione – che deve fare da due anni un progetto di riqualificazione urbana – non sapesse che il Comune di Casamicciola ha cambiato in 30 anni 30 tecnici all’Ufficio Tecnico, 3 sedi provvisorie ed almeno 10 giunte comunali ed altrettanti Sindaci, e non mai riorganizzato gli uffici ed i servizi quindi “tecnicamente” per inefficienza e discontinuità amministrativa non può essere di aiuto alla Regione che avrebbe dovuto costituire un proprio ufficio tecnico e partire da un esame de facto del territorio per arrivare ad uno schema di piano regolatore. Il funzionario Gentile ha agito per “quanto di competenza” ma molto lontano dalla risoluzione del problema. Così altrettanto ha agito il Commissario Governativo, Carlo Schilardi, fornendo “carte” ma non applicando l’art.17 del decreto Genova che assegna al Commissario il compito di una “ricostruzione unitaria ed omogenea anche con piani di delocalizzazione”.

Il punto infatti è questo.


L’Italia non riparte senza una riforma della P.A.
“L’Italia non riparte senza una riforma della Pubblica Amministrazione”. Lo scrivono il prof. Giuseppe Di Taranto, già docente alla Università LUIS di Roma, ed il dottor Angelo Guarini, direttore della Confindustria di Brindisi, in un articolo illuminante che è apparso su Il Mattino martedì 20 aprile 2021.

Di Taranto e Guarini affermano che a fine 2020 l’Italia aveva speso solo il 48% dei fondi europei della programmazione 2014-2020 degli oltre 73 miliardi assegnati. Nel Mezzogiorno è stato impegnato circa il 19% delle risorse stanziate. L’Unione Europea ha invitato l’Italia a sburocratizzare i lavori pubblici e ad accorciare i tempi di realizzazione. C’è una “molteplicità di uffici ed uno spacchettamento delle competenze”. “La riforma della P.A. è fattore di promozione dello sviluppo economico in un quadro di regole comprensibili e stabili”.

Per un’opera pubblica di 300mila euro ci vogliono circa 5 anni per vederla realizzata. Solo per il progetto ci vogliono due anni. Per un’opera pubblica di 5 milioni di euro ci vogliono 11 anni. Con questo ritmo non si realizzerà nessuna opera pubblica con i fondi del Recovery Fund che dovranno essere spesi in sei anni. La Ricostruzione di Casamicciola e Lacco Ameno avverrà fra 100 anni!!!

Ed allora? Nel caso dell’isola d’Ischia bisognerebbe costituire un Ufficio Unico di Programmazione Economica con alte specializzazioni in modo da interagire con gli “enti strumentali” che sono l’ Agenzia Nazionale per la Coesione Territoriale e l’Agenzia Pubblica INVITALIA e con quella annunciata task force regionale che dovrà essere costituita. Nel caso nostro non solo si deve “riqualificare” il territorio – sismico per almeno il suo 40% –  ma si devono ricostruire una Economia ed una Finanza perché alcune imprese-pilota sono finanziariamente sulle soglie del fallimento. Qui occorrono “investimenti di partecipazione al rischio” ed un ruolo attivo di corporete lo debbono svolgere  banche come Banca Intesa, Unicredit, MPS per le loro esposizioni. Le Banche non si devono limitare a dare prestiti ma debbono entrare nel capitale sociale di medie e grandi imprese.

Per valorizzare i “corpi locali” occorrono anche  i “corpi intermedi” cioè  una società civile che faccia pressione sui pubblici poteri. Un tempo qui da noi questa funzione veniva svolta dal Centro Studi su l’isola d’Ischia con gli interventi del prof. Cristofaro Mennella, del prof. Vincenzo Mennella, del prof. Sebastiano Conte, per citarne qualcuno ma i due volumi degli Atti del Centro Studi dal 1970 al 1984 sono una miniera d’ oro.
Ripartiamo da lì.

Casamicciola, 25 aprile 2021

In condivisione con Il Continente – rubrica “I fatti & le idee” di cui Giuseppe Mazzella è direttore

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