di Sandro Russo
.
Al Corso di Cinema – ora in modalità on-line – del maestro Gianni Sarro (che è anche una delle firme di Ponzaracconta) stiamo affrontando Robert Altman (1925- 2006) e Clint Eastwood (1930, oggi 91enne, ma tuttora attivo), due registi che pur in modo molto diverso raccontano entrambi l’America.
Non ci lasciamo fuorviare dal titolo: America oggi. È l’America di ieri, in realtà, di due autori ancor più anziani della generazione dei registi della cosiddetta Nuova Hollywood (1) (Spielberg, Coppola, Scorsese, Woody Allen… per citarne solo alcuni).
Per grandi linee: Altman fin dai suoi primi film è stato ritenuto un maverik (anticonformista). Di lui abbiamo già fatto M.A.S.H. (1970), Il lungo addio (The long goodbye, 1973), questo di cui parliamo America Oggi (Short cuts, del 1993)… e altri seguiranno.
Anche Clint Eastwood ha avuto appiccicato addosso un’etichetta; quella di regista “di destra” per scelta politica (ha sostenuto tutti i presidenti repubblicani, da Reagan a Trump!), ma è stato anche, per altri versi, innovatore e originale…
America oggi (Short Cuts) è un film del 1993, diretto da Robert Altman. Leone d’Oro al miglior film alla 50ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Il soggetto del film è tratto da nove diversi racconti di Raymond Carver (1938 -1988) [in gran parte da Di cosa parliamo quando parliamo d’amore (“What We Talk About When We Talk About Love”; 1974; prima ediz. italiana Garzanti 1987; e una poesia, Lemonade , pubblicata postuma su Esquire (1989)]. Lemonade, breve componimento di poesia in prosa (alla maniera di Carver) è allegata in file .pdf alla fine di questo articolo.
Che America! …quella di Altman e Carver! Certo non un film per educande… anzi sarà bene non farne menzione con Emilio Iodice, che nei suoi scritti parla di tutta un’altra America, quella dei buoni sentimenti del dopoguerra virtuoso che ricorda lui; neanche “America ieri”; sarà “America l’altroieri”.
Il film di Altman ha sempre avuto giudizi entusiastici per il regista, ma pessimi per l’America che descriveva.
La ‘terra desolata’ è quella americana. Altman ne fa un quadro difficile da accettare ma autentico (…). “Storia quotidiana di vari nuclei familiari. L’America di Altman è bugiarda, indifferente, alcolizzata, maniaca, infantile, drogata, violenta, volgare e assassina. Mariti e mogli si tradiscono e nessun ceto è migliore di un altro…” (MyMovies).
Così nel “Morandini” del 2007:
Da 9 racconti (e dalla poesia Lemonade: l’episodio con Jack Lemmon) di Raymond Carver. Nella sua mescolanza di generi e di toni questo grande capitolo della saga americana di Altman è una commedia umana dove si può trovare di tutto, come nella vita. Come Carver – di cui sviluppa i racconti, modificandoli e allacciandoli l’uno all’altro – il regista di Nashville non interviene a commentare i fatti: si limita a raccontarli con lucidità, dolente partecipazione e una libertà che lascia allo spettatore la possibilità del giudizio. Si apre con un minaccioso volo di elicotteri e si chiude con una scossa di terremoto a Los Angeles dove si svolgono le storie, ambientate da Carver a Seattle o Portland. C’è chi ha trovato quest’affresco troppo amaro, impietoso, disperato. Altman non ha bisogno di alzare la voce per fare l’apocalittico. America oggi? Ma qui si parla anche di noi. Leone d’oro a Venezia 1993, ex aequo con Tre colori-Film Blu di Kieslowski, e una Coppa Volpi straordinaria al complesso degli interpreti.
E nel “classico” Mereghetti si legge:
“Nove storie che si incrociano a Los Angeles, liberamente ispirate a “nove racconti e una poesia” del capostipite del minimalismo Raymond Carver (…)
L’ambizione di Altman era di girare un Nashville degli anni Novanta: il campionario sociale è molto vario, e l’incastro degli episodi sapiente (…) Su tutto predomina un tono di pessimismo impietoso, di cinismo divertito e di insistita sgradevolezza: che Altman consideri gli uomini come insetti, lo mostra l’immagine iniziale degli elicotteri che disinfestano la città da un’improbabile mosca mediterranea. Il film si confronta con i grandi temi morali degli anni Ottanta e Novanta – il sesso, la morte, gli orrori della vita di coppia e le beffe del destino – ma la sua freddezza cerebrale tende a ridurre tutto ad esercizio di stile – (Mereghetti. Dizionario dei film; Baldini-Castoldi; riediz. aggiorn. 2019.)
Nel giro di opinioni sul film dei vari partecipanti al Corso tra cui anche una amica americana (da Miami) a me è venuto di dire che se esistesse ancora una “Commissione per la repressione delle attività antiamericane” (di maccartiana memoria) il film sarebbe stato messo al bando; al che mi è stato fatto notare che il film è stato opzionato dalla Biblioteca del Congresso tra quelli da preservare e che (ora) gli USA non reprimono le voci contrarie all’establishement, ma ne fanno tesoro. Su questo punto qualche dubbio mi rimane: tesoro sì, ma cambiamento non credo proprio.
Comunque, durante la lezione, a parte le spiegazioni strettamente tecniche e cinefile (tempi, inquadrature, lavoro di sceneggiatura per legare in un filo continuo i diversi racconti di Carver), a me è stato chiesto di dire qualcosa di più su Carver scrittore; richiesta cui ho ottemperato con piacere per una certa frequentazione dello scrittore.
E anche perché di cose da sapere su Carver ce ne sono tante…
Di estrazione sociale modesta, Raymond Carver è stato, secondo il metro americano, “uno che ce l’ha fatta”. Il suo ingresso nel mondo letterario avviene attraverso le riviste indipendenti, quindi la frequentazione del laboratorio di scrittura creativa dell’Università dell’Iowa, e infine il decisivo incontro con Gordon Lish, editor della rivista Esquire e poi della casa editrice Knopf. Nell’arco di un decennio Carver dà alla luce le tre raccolte di racconti che lo iscriveranno nella storia della letteratura: Vuoi star zitta per favore?, Di cosa parliamo quando parliamo d’amore e Cattedrale. Nel mezzo, la lunga battaglia contro l’alcolismo, il disfacimento progressivo del suo matrimonio, il difficile rapporto con le pressioni della vita familiare, il controverso sodalizio con Lish, le amicizie letterarie, i party, l’insegnamento universitario. Fino all’incontro con Tess Gallagher, letterata e poetessa in proprio, la donna che lo accompagnerà negli anni del trionfo letterario e della malattia.
C’è da approfondire il controverso rapporto di Carver con il suo editor Gordon Lish, impostogli dal suo primo editore Knopf (2) e responsabile (ma anche inventore) dei tagli e dei finali brucianti che caratterizzano i primi racconti, Per cui lo sbandierato minimalismo di Carver (corrente in cui peraltro egli non si è mai riconosciuto) sarebbe in definitiva un’invenzione di Lish, imposizioni mal sopportata da Carver, che fa a meno del suo tutoraggio negli anni successivi, una volta diventato più sicuro e influente.
Soprattutto va approfondito il rapporto con Gordon Lish.
Spiega Alessandro Baricco che ha dedicato diversi articoli a questo tema, che il lavoro di Lish non è riassumibile semplicemente in un accurato e drastico lavoro di pulizia: le sue correzioni, oltre a tagliare, costruivano uno stile, aggiungevano frasi, cambiavano i finali, modificavano i personaggi. Le correzioni impressero alle storie una radicalità e un’audacia che costituiscono la loro cifra distintiva. Prima dei tagli, le trame avevano un vero finale e l’autore era tutt’altro che freddo.
Tanto più che nel 2009 esce in Italia da Einaudi, nella traduzione di Riccardo Duranti, un libro che viene da lontano, che ha una storia affascinante, e che per 27 anni, inutilmente, l’establishment letterario mondiale ha cercato di far dimenticare. Tutti sapevano che c’era, ma pochi l’avevano letto. Nessuno poteva pubblicarlo. A suo modo, un libro proibito. Si intitola Principianti (pagg. 294; 2009).
A scriverlo è stato Raymond Carver, alla fine degli anni Settanta, quando non era ancora nessuno: diciassette racconti in parte già pubblicati su riviste, in parte inediti.
Scrive Baricco: “Finì nelle mani di un editor della Knopf, non un editor qualunque, una specie di genio dell´editing: si chiamava (si chiama tuttora) Gordon Lish. Il testo di Carver gli sembrò eccezionale. Non si limitò a decidere di pubblicarlo: lo prese e ci lavorò duro. Ne uscì un libro molto diverso, con centinaia di correzioni, il 50 per cento di pagine in meno e con diversi finali cambiati. In questa versione fu pubblicato, nel 1981, col titolo Di cosa parliamo quando parliamo d´amore.
Quindi, tornando alla lezione di Cinema e al film, la questione si complica. Analizzando un film – questo di Altman tratto dai racconti – si scopre che la scrittura di Carver è stata profondamente influenzata dal suo editor (sconosciuto ai più) e quindi i poli del problema diventano tre. Anche perché Altman sicuramente conosceva gli originali di Carver, per aver strettamente interagito con Tess Callagher durante la preparazione del film nel ’93 (Carver era morto nel 1988).
Di questo si dirà in un prossimo articolo.
Trailer ufficiale del film (versione italiana ), da YouYube:
.
Note
(1) – Il termine Nuova Hollywood (New Hollywood) designa il periodo di grande rinnovamento del cinema statunitense, avvenuto tra la fine degli anni sessanta ed i primi anni ottanta;
(2) – La Alfred A. Knopf, Inc. è una casa editrice statunitense con sede a New York fondata da Alfred A. Knopf, Sr. nel 1915. Nel 2008, insieme al Doubleday Publishing Group, è andata a formare il Knopf Doubleday Publishing Group, divisione della Random House;
(3) – Alessandro Baricco: L’uomo che riscriveva Carver. Articolo da la Repubblica del 27 aprile 1999.
Testo originale di Lemonade con traduzione: R. Carver. Lemonade. Testo inglese e traduzione
Nota/e
(1) – Il termine Nuova Hollywood (New Hollywood) designa il periodo di grande rinnovamento del cinema statunitense, avvenuto tra la fine degli anni sessanta ed i primi anni ottanta.
(2) – La Alfred A. Knopf, Inc. è una casa editrice statunitense con sede a New York fondata da Alfred A. Knopf, Sr. nel 1915. Nel 2008, insieme al Doubleday Publishing Group, è andata a formare il Knopf Doubleday Publishing Group, divisione della Random House
(3) – Alessandro Baricco: L’uomo che riscriveva Carver. Articolo da la Repubblica del 27 aprile 1999
Testo originale di Lemonade: R. Carver. Lemonade. Testo inglese e traduzione
[“America oggi”. Tante storie dentro e intorno a un film (1) – Continua]
gianni sarro
29 Marzo 2021 at 09:51
A margine della sempre brillante esposizione di Sandro, aggiungo un suggerimento. Quello di procurarsi il volume «America oggi» pubblicata da Minimum Fax nel 2009. Oltre agli otto racconti e alla poesia da cui Altman ha tratto il film, ci sono alcuni preziosi contributi; una prefazione del regista, un’intervista allo stesso Altman e a Tess Gallagher (moglie di Carver e poetessa a sua volta) e un intervento di Francesco Piccolo (sceneggiatore di molti film di, tra gli altri, Moretti e Virzì). Tre letture che contribuiscono a capire il lavoro di adattamento dalla parola scritta all’immagine.