di Francesco De Luca
Un ultimo gradino e si apre uno spiazzo fra le case e più il là la campagna, stirata a filari. Il venticello, prima fermato dall’abitato, ora si mostra fiero e lo provano gli schiocchi dei lenzuoli stesi ad asciugare. Si gonfiano e poi con irruenza schioccano. Sui Conti il levante ha il suo da fare ma il quartiere è avvezzo alle sue intemperanze. Eppoi il corso degli astri ha decretato la fine dell’inverno per cui si è portati più a sfidare il tempo che a premunirsi da esso.
Qualche rondine sparuta, e le persone che compaiono e scompaiono fra il verde dicono che le viti sono state già sistemate. Michele confessa che da solo non riesce più a star dietro alle incombenze che il lavoro nella terra impone. Tutto bisogna fare a mano perché gli attrezzi meccanici non possono essere trasportati di qua e di là nei piccoli appezzamenti distanti fra loro.
A chi abbandona subentra chi si vuole misurare per vedere se dalla propria intraprendenza può cavare nuova linfa per sentirsi vivo, per non farsi avvilire dai divieti imposti dalla pandemia. E infatti nuove parracine si ergono ad abbellire il paesaggio. Tore ha bonificato da erbacce e rovi, ha piantato viti e sta dando al paesaggio un volto giovanile con muri a secco tirati su con pietre ‘nuove’.
Complice questo novello sole il volto delle cose appare rinnovato. Ma ecco comparire il volto di un caro amico, non nuovo. Zì Ntunino vorrebbe svicolare per evitare l’incontro ma sui Conti la strada una è. Ci si è allontanati fra noi in questi ultimi tempi, e non solo per le regole del distacco sociale. Zì Ntunino alimenta un rigore morale non comune. Specie nella nostra Ponza. Pensate che l’ultima volta che ci si vide, alle ragioni che presentavo per dare una giustificazione allo stato delle cose, amministrative e paesane, mi gelò con questa frase: Vuoi nascondere il tuo volto. Esci nudo (1).
Là per là mi sembrò una battuta, non molto comprensibile e dunque passabile. Poi, nel rifletterci ho dato il giusto peso alle parole e l’intransigenza di zì Ntunino, espressa in modo così netta e cruda, mi ferì. Non la sopportai e, per ripicca, ho diradato gli incontri. Mettersi a nudo comporta provare vergogna di sé. Riuscire a farlo costa ammettere le proprie imperfezioni. Vederle e non giustificarle. Come si fa di solito. Nascondendo il vero e plaudendo al falso. In politica, in religione, in economia, nel sociale e nei sentimenti.
Bene fa il vento a schiaffeggiare i lenzuoli con schiocchi, perché li asciuga. Salutari anche per la mente.
(1) La massima è di Stanilaw J. Lec