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«Perché? Perché? Perché? Perché tu ce l’hai fatta e gli altri no? Perché tu sì e tuo padre, tua sorella, e tutti gli altri no? Perché hai lasciato tutti dall’altra parte e tu ti trovi da questa parte? Sei un privilegiato?»
E’ martellante, ossessivo, come il ticchettio di un orologio, il suono che rimbalza nella testa di Sami Modiano fin da quando ebbe la sorte di uscire da Auschwitz sulle proprie malferme gambe.
«Perché? Perché? Perché? Perché?»
Il giorno della memoria lo si può raccontare in tanti modi diversi.
Qualche anno fa con alcuni amici ebbi la fortuna di incontrare in una affollata sala del Comune di Formia Teresa Vergalli: una donna ancora giovane con i suoi novant’anni indossati magnificamente, elegante nella sua sobrietà.
Cì raccontò degli anni in cui era staffetta partigiana col compito di inviare informazioni e trasportare munizioni e documenti. Una funzione di collegamento importantissima tra una brigata partigiana e l’altra. Importante e pericolosissima.
Ricordo la serenità, la pacatezza con cui ci disse che le più fortunate, oltre a nascondere nel doppiofondo di una borsetta la merce da consegnare, avevano una piccola rivoltella con un solo colpo: quello con cui uccidersi in caso di cattura per evitare la possibilità di tradire rivelando sotto tortura il nome di un compagno.
E di quando ritrovò, dopo tanti anni, con grande sorpresa perché convinta fosse morta, una compagna che era stata catturata durante una missione.
Teresa ci racconta l’orrore, ma con la leggerezza di chi è dalla parte giusta della Storia, quella del torto subito. Parla di sevizie fisiche e morali, di capezzoli ed unghie strappate con le tenaglie alle ragazze – in gran parte minorenni – catturate dai fascisti.
La sua voce si incrina, però, in un momento preciso: quando dell’amica ritrovata riporta i turbamenti, il desiderio di scomparire al mondo, desiderio che l’aveva portata all’oblio.
Roma, 2012.
I tre sampietrini della memoria, le cosiddette pietre d’inciampo (*), che erano stati appena messi di fronte alla casa da cui furono deportate le sorelle Spizzichino, vengono estratte dal selciato e buttate via. Verranno ritrovate, rovinate, dopo la confessione di un farmacista che abita di fronte.
Questo riportano le cronache dell’epoca.
Che ci sia da lavorare sulla memoria, lo dicono episodi come questo e le motivazioni addotte dall’autore dell’atto vandalico: le aveva tolte a colpi di piccone, perché ”non decorose”. E, aggiunse un giovane vicino di casa, intervistato da un interdetto giornalista, perché le parole “deportate” ed “assassinata” sembravano “eccessive”.
Le sorelle oltraggiate erano 4: solo una, Rosa riuscì a salvarsi gettandosi di sotto dalla finestra. Poi, per tutta la vita ha portato con sé la “colpa” di essersi salvata (**).
Sì, il giorno della memoria si può raccontare in tanti, infiniti modi.
Ma più storie vengono ricordate, più si evidenziano gli incroci a cui tutte le storie vanno a confluire.
La prima confluenza è il senso di colpa, appunto. Di essere sopravvissuti agli altri.
Quel perché? che scoppia nella mente di Sami Modiano. Che fa nascondere al mondo la staffetta amica di Teresa Vergalli. Che fa riaffiorare dalle pieghe della storia la vicenda di Rosa Spizzichino e delle sue sorelle, solo perché un animo sensibile dall’alto senso estetico viene disturbato dalle targhette di ottone che danneggiano la continuità cromatica della strada in cui sono poste.
Il secondo incrocio obbligato è figlio del primo: al senso di colpa si può sopravvivere solo dando un senso alla vita che continua, comunque: raccontando.
Ma poi ho guardato i ragazzi. E ho capito. Ho capito perché non mi sono gettato contro il filo spinato, ho capito perché quel deportato mi ha aiutato a uscire dalla buca nel ghiaccio, ho capito perché due compagni della marcia della morte mi hanno rialzato dalla neve e portato in salvo. Ho capito. Ho capito che Dio o la storia mi avevano dato un compito.
Il mio compito è anche il perché della mia salvezza.
Io devo raccontare. Devo far sapere ciò che questi occhi hanno visto. Devo testimoniare l’orrore.
Devo essere maestro. Samuel, anzi Sami, che, non per colpa sua, ha la terza elementare, deve farsi professore di dolore.
Devo girare per le scuole, incontrare persone, fare memoria. La memoria non è solo quella del computer. È quella della storia, delle persone. Sono ad Auschwitz con questi ragazzi, e stavolta mi sembra quasi di poterlo gridare «Tana libera tutti!» (***)
Il Giorno della Memoria nasce ufficialmente il 1° novembre 2005.
Non è una ricorrenza: è il diritto a vivere per tutti, e il diritto alla dignità di chi ha vissuto l’orrore della negazione della vita umana.
Ma è anche di più, perché la memoria ha un senso solo se si attualizza nel presente, altrimenti rischia di diventare un mero esercizio retorico.
Bosnia – 2019
Bosnia – 2020
Bosnia – 2021
(*) – Le pietre d’inciampo sono un’iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig per depositare, nel tessuto urbanistico e sociale delle città europee, una memoria dei cittadini deportati nei campi si sterminio nazisti. L’iniziativa, attuata in diversi paesi europei, consiste nell’incorporare, nel selciato stradale delle città, davanti alle ultime abitazioni delle vittime di deportazioni, dei blocchi in pietra ricoperti da una piastra di ottone posta sulla faccia superiore. Attualmente sono state inserite oltre 70.000 pietre.
(**) – “Le sorelle Spizzichino erano sarte, ricamatrici, portate a Regina Coeli l’8 maggio, ci sono restate un po’ di giorni prima di essere trasferite al campo di Fossoli, in Emilia. In carcere si preoccupavano dei pezzi di stoffa dei loro clienti, non sapevano come restituirli. Il 26 giugno sono partite per Auschwitz, Elvira, che aveva solo 16 anni, è stata uccisa subito all’arrivo nel campo, il 30 giugno. Le sue sorelle sono morte invece a Bergen Belsen. Graziella dopo la morte dell’altra sorella Letizia, si è lasciata morire…” [Emma Aboaf, nipote delle vittime]
(***) – Tratto dalla biografia di Sami Modiano – Walter Veltroni – Feltrinelli 2021
Le righe di poesia nell’immagine di copertina:
“Ma cosa credete,
che non veda il filo spinato, non veda i forni,
che non veda il dominio della morte?
Sì, ma vedo anche uno spicchio di cielo,
e questo spicchio di cielo ce l’ho nel cuore,
e in questo spicchio di cielo che ho nel cuore
io vedo libertà e bellezza.
Non ci credete? Invece è così!”
Etty Hillesum (leggi qui)
Patrizia Maccotta
27 Gennaio 2021 at 16:36
Grazie per avere ricordato.
Il 13 gennaio 2020 hanno posto una pietra d’inciampo al n. 47 di via Reggio Emilia, nel II Municipio di Roma, per commemorare Umberto Spizzichino assassinato a 26 anni, ad Auschwitz, nel 1944. È la via dove abito. Sono scesa apposta per assistere alla sua posa.
Amo queste pietre che ci ricordano tutte queste persone uccise nei campi. Ogni volta che ne trovo una mi soffermo, guardo il palazzo, immagino la vita di coloro che ricordano, prima e dopo l’orrore. Ne ho trovate a via Po, in Prati e al Ghetto. Qualsiasi cosa io stia facendo, mi fermo e leggo.
So che in questi giorni pongono una maiolica sotto il numero civico di chi ha nascosto e salvato un ebreo. Chi salva una vita salva il mondo intero.
Queste pietre parlano della terribile crudeltà e della grandezza che coesistono nella specie umana.
Patrizia Angelotti
27 Gennaio 2021 at 19:10
Ho apprezzato il vostro contributo alla Giornata della Memoria. Mi fa piacere parteciparvi questo video: cortometraggio vincitore della sezione Scuola Primaria per la XIX edizione del Concorso “I giovani ricordano la Shoah” – Anno scolastico 2020/2021 realizzato dai docenti Michele Lanotte e Angela Di Benedetto con gli alunni delle classi 5A e 5A bis della Scuola Primaria Rosalba Carriera di Roma. Il cortometraggio realizzato con la tecnica stop motion ripercorre alcuni momenti della vita della senatrice Liliana Segre.
Credo che oggi il presidente Mattarella abbia premiato la scuola.
https://youtu.be/dNmZp0XadGs