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Ci scrive un lettore “Eugeniotim”:
“Stavo cercando la poesia la befana di Giovanni Pascoli trasformata in canzone in una pubblicità carosello anni ’60”.
Ci siamo chiesti in Redazione perché lo chiedesse proprio a noi, e la risposta ci è venuta abbastanza rapidamente dalla consultazione della funzione “Cerca nel sito”: quattro anni fa abbiamo effettivamente pubblicato un articolo sulla Befana, a firma Gabriella Nardacci.
Dopo aver condotto una sommaria ricerca sul web (negativa), ci siamo appunto rivolti alla nostra Gabriella che ci ha risposto:
“Non posso aiutare il sig. Eugenio. Non ho trovato il Carosello che richiede. Mi dispiace. Ho domandato anche a una mia ex collega che (ahimè) aveva una fissa per Pascoli e credo l’abbia fatto odiare dai suoi alunni per tutte le poesie che ha fatto loro imparare a memoria…”
Non disperiamo. Poniamo pubblicamente il quesito. Ci sarà qualcuno dei lettori – della generazione “Dopo Carosello (*) tutti a nanna” – che ricorderà come era impiegata la Befana del Pascoli e per pubblicizzare che cosa.
Scrivete direttamente un commento o inviate alla Posta del Sito: [email protected]
Il primo Logo di Carosello (Rai, 1957)
(*) – Programma televisivo di brevi spot pubblicitari andato in onda dal 1957 al 1977 e dal 2013 al 2014:
“Nel 1957 la Rai decide di inserire messaggi pubblicitari nella programmazione e per aggirare il divieto di fare pubblicità durante gli spettacoli televisivi sviluppa un apposito format televisivo. Le trasmissioni della RAI sono in bianco e nero fino al 1976 – ’77.
La regola principale del Carosello è che la parte di spettacolo (il “pezzo”, della durata di 1 minuto e 45 secondi), deve essere rigidamente separata e distinguibile da quella puramente pubblicitaria (il “codino”, della durata di 30 secondi). Il passaggio dal pezzo al codino avviene attraverso una frase-chiave pronunciata dal protagonista ed è nella parte finale che viene nominato il prodotto [fonte: Wikipedia, ibidem].
Nota alla nota:
La colonna sonora di Carosello è rimasta immutata per tutti i vent’anni della programmazione: si trattava di una tarantella del repertorio napoletano risalente agli anni venti intitolata “Pagliaccio” di autore ignoto. Roberto Murolo l’ha poi inserita nella sua antologia della canzone napoletana.
Curiosità: il giorno precedente alla messa in onda di Carosello, prevista per il 3 febbraio 1957, ci si accorse che mancava la sigla. Il regista Luciano Emmer e il produttore Cesare Taurelli crearono durante la notte una serie di siparietti che si aprivano ad ogni sketch; la macchina da presa, fotogramma per fotogramma, a passo uno, avanzava mentre le tendine si aprivano.
La prima immagine era Venezia con il Ponte dei Sospiri; seguivano poi Siena con Piazza del Campo; Napoli, via Caracciolo; Roma, Piazza del Popolo. Ad ogni immagine della città era abbinata a fianco uno strumento musicale: per Venezia un chitarrista; per Siena un trombettiere; Napoli un mandolinista e Roma un flautista.
L’immagine di “Carosello” più celebre, però, fu disegnata a tempera da Manfredo Manfredi e fu trasmessa a partire dal 1962. La sigla disegnata, sovrapposta al monumento reale, riproduce esattamente un’opera d’arte monumentale di Napoli: la Fontana del Gigante, o dell’Immacolatella, situata tra via Partenope e via Nazario Sauro, proprio di fronte a Castel dell’Ovo. A partire dagli anni ’60-’70 per tutti i partenopei la Fontana del Gigante è stata ribattezzata la Fontana di “Carosello”.
La costruzione della Fontana del Gigante risale agli inizi del Seicento ed è opera del pittore e scultore Pietro Bernini e dell’architetto e scultore Michelangelo Naccherino