proposto da Sandro Russo
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Occasionalmente riporto dalla stampa nazionale – ovviamente in piena consapevolezza e responsabilità (anche da medico) di quanto faccio – articoli particolarmente incisivi o emblematici di un sentire che completamente condivido, esposti in modo impeccabile: profondi e al contempo divertenti.
Come dire… Mi piacerebbe averlo scritto io! Siccome così non è, ringrazio Luca Bottura e faccio del mio meglio per diffondere il suo lavoro.
S. R.
Caro no vax, ci dirai grazie
di Luca Bottura – Da la Repubblica del 20 novembre 2020 (ieri)
Lettera a quell’italiano su sei che non vuole iniettarsi il vaccino anti Covid
Caro… ti chiamerò con un nome di fantasia: Luca.
Caro Luca, ti scrivo perché sei l’italiano (su 6) che, a leggere i sondaggi, ha già deciso di non iniettarsi il vaccino per il Covid.
Capisco tu possa essere disorientato: ne escono di nuovi tutti i giorni: 90% di copertura, 95, 98… sembra si parli di percentuali del cacao nella cioccolata fondente.
Mancano solo il gusto fragola e quello col riso soffiato. E poi c’è anche la conservazione: in freezer, in frigo, a temperatura ambiente… Magari temi di doverlo scaldare personalmente, a bagnomaria, insieme alla parmigiana di melanzane.
Ecco, no: appena si capirà qual è, il vaccino giusto, appena il ministro Speranza avrà stabilito come, appena (se abiti in Calabria) sarà stato nominato un commissario alla scelta dei commissari, ti chiameranno, ti recherai da un signore in camice bianco, o una signora, e te lo inietteranno. Gratis. E sarai ovino di un gregge felice, quello degli immuni a questa bestiaccia che, caro Luca, ci sta devastando la vita e la zona del corpo immediatamente sottostante.
Questo nel caso non avessi capito.
Poi, caro Luca, c’è un’altra ipotesi. Ed è che tu abbia capito perfettamente ma non voglia compiere questo dovere/diritto perché credi — riassumo — che sia un complotto di Bill Gates per sterminare gli anziani col 5G inserendo metalli nelle vene degli italiani (che si ammalano, mica come gli stranieri) creato in un laboratorio cinese con la complicità delle Ong. L’hai letto su Tinder.
Ecco, questa seconda ipotesi fa di te un cretino.
Però non tutti i cretini sono uguali.
Potresti essere una vittima della disinformatija che da anni ti ha trasformato in poltiglia utile al complottismo, da quando è diventata l’ultima ancora di salvezza di una parte “dell’informazione”: vendere notizie di melma perché sono le uniche che hanno un mercato, dacché soddisfano lo stesso identico voyeurismo che ci fa rallentare, in autostrada, in presenza di incidenti. Quelli, per capirci, che ti raccontano “quello che nessuno ti dice”.
E grazie al piffero che nessuno te lo dice: è falso.
Poi c’è l’armageddon. Ossia l’ipotesi che tu fossi un cretino anche prima. Un teorico del, chiedo venia, “cazzi miei” elevato a potenza. Uno di quelli col senso civico di un guard rail. Di quelli che “non pago le tasse, ché poi magari me le richiedono”. Il tizio convinto di non aver raccolto quando meritava nella vita perché, sunteggio, tutti gli altri sono incommensurabili sciocchini (e dico sciocchini perché mi consentono una sola parolaccia a pezzo). Che tu sia, Luca, l’uomo col cappello.
L’uomo col cappello è un personaggio di Stefano Benni.
Era nel primo, mitologico, “Bar sport”. Rivestiva il ruolo del nemico naturale di un altro frequentatore assiduo: il tennico. Mentre il tennico spiegava con dovizia di particolari le sue teorie sul frobil (ossia football, ossia calcio, detto alla bolognese) l’uomo col cappello sparava enormità a casaccio nella crescente insofferenza del tennico, ma anche dei presenti. Finché arrivava a sostenere che il Brasile non avrebbe mai vinto il Mondiale finché continuava a tenere Pelè in porta.
Lì veniva allontanato a pedate.
Mentre tu, caro Luca, resti qui con noi. Ad libitum. E la colpa non è, come sarebbe facile pensare, dei social, che ti permettono di fare rete con altri imbecilli come te. No, la colpa è dei media veri. Che ogni giorno sui giornali, ogni sera in tv, iniettano nuova benzina nel (corto)circuito della tua cattiva coscienza. Talvolta con una certa grevità. Talvolta con soave nonchalance. C’è un libro, per dire, in giro, che parla di “dittatura del virus”. Non “sanitaria”, eh? Del virus. Ma intanto la parola troneggia in copertina. Perché vuole che tu abbocchi. E abboccherai.
Comunque stavolta non la passi liscia. Stavolta noi vaccinisti ci vendicheremo, caro Luca. E nel modo peggiore: con le nostre tasse, pagheremo chi ti curerà quando ti sarai ammalato di Covid. E ti costringeremo a dirci grazie.
E non aspettarti che ti si risponda “di niente”.
Bar Sport è il primo libro di Stefano Benni, pubblicato da Arnoldo Mondadori Editore nel 1976.
È considerato un classico della narrativa umoristica italiana