di Gabriella Nardacci
Il 29 ottobre di questo infausto anno che si avvia al termine, avrebbe compiuto settanta anni un cantautore italiano morto alla giovane età di trentuno anni.
Parlo di Rino Gaetano.
Molto poco e abbastanza male è stato detto di questo fenomeno musicale. Della sua produzione discografica poca pubblicità si fece, e di quel ‘poco’ si scrisse più male che bene.
Mi dispiace sempre quando vedo persone, parte della cosiddetta ‘intellighenzia’, essere talmente convinte delle loro idee da non metterle mai in discussione o non considerarne altre differenti dalle proprie.
Ma ritorno a Rino.
Mi chiedo cosa sarebbe stato oggi, cosa ci avrebbe ancora regalato, viste le capacità che aveva. Di certo, qualora avesse continuato a produrre così tanto come ha fatto quand’era ancora in vita, di sicuro il suo lascito sarebbe stato enorme!
Sarcastico, irriverente, dissacrante ma umano e rappresentante fedele della gioventù di quei tempi. Le sue canzoni prendono in giro capisaldi della società, raccontano storie leggere e sentimenti importanti e invitano a riflettere sul senso della vita.
Ogni canzone sarebbe da commentare perché tutte sono interessanti, appassionate e graffianti. Ciascuna è una denuncia sociale cantata in chiave ironica e con un ritmo in crescendo, sempre trascinante.
Fra tutte voglio citarne una in particolare Mio fratello è figlio unico, dal suo secondo album (1976), dal titolo omonimo. Questa canzone lo fece entrare nell’Olimpo dei cantautori. ‘Rolling Stones’ l’ha inserita fra i 100 dischi più belli di sempre, dove si trova al quattordicesimo posto.
È la storia di Mario che non riesce a inserirsi in una società piena di cliché e di regole, dove tutti agiscono come automi. È una canzone che si rivolge a un tipo di persone ‘normali’ e cioè coloro che sono veramente se stessi e che si muovono dentro la vita, così come sono, con coraggio e senza seguire mode.
“Mio fratello è figlio unico
Perché non ha mai trovato il coraggio di operarsi al fegato
E non ha mai pagato per fare l’amore
E non ha mai vinto un premio aziendale
E non ha mai viaggiato in seconda classe
Sul rapido Taranto – Ancona…”
Oggi figli unici così se ne trovano pochi; la maggior parte sono figli unici in maniera diversa e sono tutti quelli che convivono per dovere e che non sentono la necessità di collaborare.
Rino ha avuto il coraggio di schierarsi contro le arroganze e i poteri supremi di quel tempo. Certamente la ‘P2’ e la ‘P38’ non erano macchine di lusso, ‘Cazzaniga’ non era una parolaccia, Mario non ha mai preso il rapido Taranto – Ancona e zappa, tridello e rastrello non erano arnesi che usava in campagna…
In un concerto a Capocotta disse: – “C’è qualcuno che vuol mettermi il bavaglio. Io non li temo. Non ci riusciranno. Sento che le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni che capiranno che cosa voglio dire stasera. Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale e si chiederanno cosa succedeva sulla spiaggia di Capocotta”.
Così, tra censure e poca benevolenza, Rino si è ancorato all’anima di molte persone che ancora oggi apprezzano le sue canzoni.
Per la sua morte si fece anche l’ipotesi di una morte voluta da “qualcuno”. Certo, alcune coincidenze sono strane. Pare che nel 1980, il suo più caro amico, che con lui condivideva una certa idea politica, fosse morto; anche lui in seguito a un incidente stradale
Nel 1971, Rino scrisse La canzone di Renzo nella quale racconta la morte di una persona causa mancanza di posti letto in cinque ospedali. Tragica profezia…
Ti riascoltiamo sempre volentieri, caro Rino… CiaoRino (*)
(*) – CiaoRino è un gruppo musicale costituito nel 1999, da una idea di Alessandro D’Orazi e Gianfranco Mauto, due musicisti appassionati del cantautore calabrese, ai quali si sono poi aggiunti Paolo Fabbrocino, Peppe Mangiaracina, Giuseppe Russo e Riccardo Corso. Più che una tribute band, i CiaoRino rivisitano in un modo unico e personale i brani di Rino Gaetano, caratterizzati da una attualità sconvolgente, vista per la lungimiranza dei testi e per i temi trattati.