Libri

L’ultimo viaggio di Antonio Tabucchi

a cura della Redazione

 

In memoria di Antonio Tabucchi, morto in Portogallo, nell’amata Lisbona,  domenica scorsa, 25 marzo, proponiamo un breve collage di commenti e copertine dai suoi libri.

Tabucchi, grande scrittore in proprio, è stato anche il maggiore traduttore di Fernando Pessoa, da cui ha mutuato concetti letterari come saudade, la finzione e gli eteronimi. Con María José de Lancastre, sua moglie, ha tradotto in italiano la maggior parte delle opere di Fernando Pessoa.

Su questo sito ne abbiamo più volte parlato per l’attenzione da lui dedicata ai viaggi.

La Redazione

 

 

 “Un luogo non è mai solo ‘quel luogo”: quel luogo siamo un po’ anche noi. 

             In qualche modo, senza saperlo, ce lo portavamo dentro e un giorno, per caso, ci siamo arrivati”

Certamente Antonio Tabucchi nella sua vita di uomo e di scrittore ha viaggiato molto. E dei suoi viaggi ha scritto in sedi disparate, con interventi su riviste e giornali, con un effetto sino a oggi dispersivo. Tabucchi viaggia, va e sosta, scoprendo, insieme alla bellezza, la diversità del mondo. Troviamo lo scrittore nel “suo” amatissimo Portogallo, in quella Lisbona che ha fatto da scenario a tanti suoi scritti, la patria del suo alter ego, il grande poeta portoghese Fernando Pessoa. Il percorso parte dal molo di Alcantara, alla stazione marittima, il cuore del porto di Lisbona. Poi si risale al Chiado, la zona elegante della capitale, lì seguiamo il protagonista di Requiem tra una sosta al caffè della Brasileira, la visita al Cemitério dos Prazeres, fino al belvedere più bello della città: il Miradouro de Santa Luzia, un terrazzato con maioliche del Settecento con una monumentale bouganvillea. Il tour della saudade termina immancabilmente nella piazza do Comércio, dove in epoca coloniale attraccavano i vascelli con le mercanzie dall’India e dal Brasile.
Nel libro ritroviamo altre mete carissime all’autore di Notturno indiano e Sostiene Pereira, che in qualche modo ne hanno segnato il percorso letterario e esistenziale: l’India, ovviamente, il Brasile, il Messico, ma anche l’isola di Creta in Grecia e tante città come Madrid, Genova, Barcellona, Il Cairo, Kyoto, attraversate con lo sguardo curioso del viandante, con la nostalgia e la gioia del flaneur, descritte con le parole del grande narratore.

[Ibidem, dalla presentazione del libro “Viaggi e altri viaggi” (2010) su ibs.it]

Scrive Tabucchi: “…Ho visitato e ho vissuto in molti altrove. E lo sento come un grande privilegio, perché posare i piedi sul medesimo suolo per tutta la vita può provocare un pericoloso equivoco, farci credere che quella terra ci appartenga, come se essa non fosse in prestito, come tutto è in prestito nella vita”.

Lo aveva scritto anche il grande poeta greco Costantino Kavafis nella sua poesia intitolata Itaca: il viaggio trova senso solo in se stesso, nell’essere viaggio (Leggi qui).

E lo ripete Antonio Machado (1875 –1939)  nei suoi consigli ai viaggiatori Caminante, son tus 
huellas el camino y nada màs  (Leggi qui)

Per Tabucchi questo è un grande insegnamento: il viaggio è come la nostra esistenza, il cui senso principale è quello di essere vissuta.

Suggerimenti sussurrati su percorsi geografici e mentali, per scoprire anche nelle mete più viste, angoli e storie sconosciute, in un continuo rimando tra geografia e letteratura. Tabucchi rilegge le tessere dei suoi ricordi sparpagliati nel mondo e pensa… “ai viaggi straordinari che non ha mai fatto, a quelli che non potrà mai fare, che restano non scritti o chiusi in un loro segreto alfabeto sotto le palpebre, la sera,  fino a quando arriva il sonno e si salpa”.

Ti sia leggero anche questo viaggio, Antonio!

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