di Patrizia Montani
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Chiunque ha ricordi, diretti o indiretti, dell’emigrazione italiana in America (del Nord e del Sud) – nelle due grandi ondate, tra le due guerre mondiali e subito dopo la seconda -, non può non essere profondamente coinvolto in questo film e in quanto ne scrive Patrizia
IMMAGINE
Il film Lamerica fu ispirato da fatti realmente accaduti: nell’agosto del 1991 sbarcarono in Puglia 10mila albanesi. I profughi ammassati sul molo, poveri, disperati senza neanche una valigia, dissetati tramite pompe d’acqua, erano gli italiani (in gran parte calabresi), partiti per l’Argentina negli anni ’50 senza neanche indosso i vestiti adeguati.
Il film, realizzato da Amelio dopo un viaggio in Albania con alcuni collaboratori, racconta i piccoli villaggi dove si parla un po’ di italiano, si sogna l’Italia ricca e opulenta davanti alla TV,
Soprattutto si percepisce, oltre al sentimento del dolore dell’emigrato, ben radicato nella nostra cultura, anche la sofferenza di chi resta, con preciso riferimento autobiografico del regista (Gianni aveva due anni e sua madre era malata per questo non poterono partire seguire il padre in Argentina).
Due locandine del film tratte dal mio libro su Amelio, come le due immagini sottostanti
Gino (Lo Verso) e Fiore (Placido) sono due italiani che sono in Albania per una truffa, fingono di voler impiantare una fabbrica di scarpe per fare facili quattrini.
Quando Fiore se ne va, Gino si trova da solo in un Paese che disprezza e quindi deve ripartire per l’Italia con una nave per migranti.
Nel film un gruppo di bambini “veri”, cioè non buoni, non innocenti, ruba le scarpe a Gino, con evidente citazione da Sciuscià, in realtà Amelio ha dichiarato esplicitamente che il suo non è un film neorealista. E non vuole esserlo, l’uso del Cinemascope, dice il regista, non è soltanto la scelta tecnica di un formato, è anche la scelta di uno sguardo spettacolare, “hollywoodiano”.
Tuttavia lo spettacolo non prevale mai rispetto alla profondità dello sguardo, il film è epico ma mai enfatico.
Presentato a Venezia, vi ottenne soltanto un premio di consolazione.
Note
Il titolo del film, Lamerica tutto attaccato è suggerita dal modo di pronunciare le due parole sia nell’Italia povera del dopoguerra per indicare gli USA, sia nell’Albania degli anni ’90, dove era l’Italia ad essere vista come la terra promessa; anche nel romanzo di Elsa Morante “La Storia” (1974), il bambino sogna, appunto, La Merica o Lamerica.
Anche nel dialetto ponzese, come più volte riportato nel sito, la dizione è: ’a Merica; se n’è dibattuto fino ad arrivare all’alterco: ’A Merica e i puristi del dialetto e guarda caso in quell’articolo si citava proprio questo film.