di Lino Catello Pagano
Illustrissimo Poeta, Vi avevo avvertito che ci saremmo risentiti: una folata di vento ha aperto davanti a miei occhi, come per magia, il Vostro grande capolavoro, l’Iliade. Mi sono messo le mani nei capelli, quei pochi rimasti.
Ci sono rimasto male, quando mi son trovato faccia a faccia con il grande re Priamo. – Pover’omme’! – era veramente giù di corda; ci siamo seduti vicino al tempio di Venere, abbiamo parlato del più e del meno, gli ho chiesto come andava a Troia, lui mi ha guardato e mi ha risposto confuso:
– Eeeh! So’ anne ca nun ce vang’ cchiù, me so’ fatt’ viecchie’…
Sono rimasto un po’ perplesso, ho pensato – Povero Priamo, s’è ’nzallanuto pur’iss’ – poi mi sono reso conto dell’equivoco:
– No, esimio re, non intendevo quello che avete pensato voi, non mi sarei mai permesso… Volevo sapere della vostra città, dei vostri tanti figli…
Priamo ha sospirato, e si è messo a sfilare il rosario.
– Eeeh i figlie… Ettore sì che era ‘nu bravu guaglione, Paride invece … tene ’na capa tosta! …E invece di metterla a far bene, si preoccupa di quella degli altri: – Menelao, secondo lui, tene ’a capa vacanta, ma chien’ ’i corne… ’A mugliera è bbona ma tene ’ncap ’na cosa sola…
Sospirando, il vecchio Priamo mi racconta di quando Paride e Ettore erano andati in visita in Tessaglia; lui, il vecchio, era rimasto a casa con la nuora Andromaca e il nipote Astianatte, ’nu criaturo simpatico e affettuoso; la nuora, invece, ‘stava esaurita’ per la lontananza dal marito, passava la giornata in finestra e guardava il mare; se stendeva i panni andava a ritirarli dopo dieci minuti, e con la scusa buttava un occhio per scrutare l’orizzonte, magari spuntava la nave con il marito.
Mi ha attaccato un bottone, chillu Priamo! Aveva bisogno di sfogarsi, povero vecchio, una famiglia con tre mogli e cinquanta figli, qualche preoccupazione la dà. Le nuore, poi… Come se non bastasse averci in casa l’esaurita, adesso arriva pure quest’altra: Elena! …ca pozza ietta’ u’ bbuleno!
***
A questo punto, devo confessarlo, ci ho capito ben poco; colpa del vecchio che, sarà per l’età, sarà per i dolori, sarà per la famiglia numerosa, mi è sembrato un poco svagato. Ma soprattutto colpa di Paride, che pare fatto apposta per creare confusione: ma dico io, uno che si chiama Paride, è ’nu piezz’ ’e guaglione, è pure figlio del re di Troia, è necessario che arrivi fino in Tessaglia per prendersi una donna sposata, che non ci pensa neanche due volte a cornificare il marito e a scapparsene con l’amante?
La donna, dunque, tiene lo stesso nome del paese natìo di Paride; quando, da qua a cent’anni, Paride succederà al padre, sul trono starà una regina che ha lo stesso nome del paese su cui regna. Insomma, è ’nu casino, per rimanere in tema.
C’aveva ragione, il vecchio Priamo, ho pensato… Sarebbe come per dire, se uno, candidato a fare il sindaco di Ponza, se chiamass’ Silverio Pontile, o Bicienzo Fott’ammé.
Fatto sta che i figli erano appena tornati in patria – e con quel bell’accatto! – che neanche ventiquattr’ore dopo si scatena il putiferio! Dal mare migliaia di navi con Agamennone in testa assieme a Menelao, si erano aggregati anche Achille e Patroclo, quest’ultimo un po’ civettuola, sempre attaccato alla gonnella di Achille e non lo mollava mai (…ma chissà se era vero amore!).
Se ho capito bene dalle parole del vecchio Priamo si è trattato di uno dei primi esempi nella storia di turismo sessuale: e infatti è da allora che è nato il detto che tira più un pelo di Troia che mille coppie di buoi.
E qua viene il bello… Chi ritroviamo? Ulisse! – …ué vuo’ vede’ ca chist’ è comme ’a putrusina, sta semp’ a’mmiezz’..!
Incominciarono i tafferugli, poi gli scontri più seri!
Ettore scambia Patroclo per Achille e lo sgozza; Achille giura vendetta e scende in campo per battersi con Ettore, che – povero pat’è famiglia – ha gli Dei che gli remano contro, e viene ucciso. Achille per far vedere che è grande, lega il suo cadavere al cavallo e lo trascina per tutta la pianura di Troia.
Illustrissimo Poeta, ma come siete sanguinario! Vi credevo uno tutto casa e chiesa e ecco che mi massacrate mezza Grecia! Non è finita, povero Priamo! Vecchio e con un figlio morto, una nuora vedova in lacrime col figlio orfano al collo e ora anche con una Troia per casa, deve mettere da parte tutto il suo orgoglio e andare di notte all’accampamento di Achille per riscattare il corpo di suo figlio.
Il vecchio re alla fine delle trattative riporta a casa il cadavere e preparano una pira tipo catasta di legna come quelle che facciamo noi per u’ fucarazzo del Venerdi Santo, ancora più alta …e se fumarono a Ettore.
Al mattino seguente non vi é più traccia di Agamennone e della sua flotta, ma alle porte della città i troiani trovano un regalo – e che regalo! – un enorme cavallo di legno!
Ora non ci cadrebbe nessuno, ma a quei tempi, con tutti quegli Dei che giravano, a fare scherzi, dispetti e doni agli umani, la gente era disposta a credere a tutto, e così si comincia a discutere di cosa fare del cavallo, che i più considerano un segno benigno degli dei, una specie di rimborso. A dire il vero uno che si oppose ci fu (questo non me l’ha detto Priamo; lo riferisce qualche secolo dopo un giornalista della concorrenza, tal Publius Virgilius)…
Un rompiscatole, solo contro tutti, a dire: – “Non vi fidate dei Greci …timeo Danaos et dona ferentes! Il povero Laoocoonte l’aveva capito già allora, ben prima del default – ca chille, i Greci, so’ fauzune!
Ma niente! Sempre con la complicità degli dei – ca nun se facevan’ i cazz’al’loro! – il rompiscatole viene tolto di mezzo e le massicce porte della città si spalancano per il cavallo, che viene messo nella piazza centrale, e si iniziano le festa per tutta la città, per la fine della guerra.
– Ma qua’ fine!?
Il seguito ora lo sanno anche i bambini ! Dentro la pancia del cavallo, su suggerimento di quel volpone di Ulisse, stavano nascosti centinaia di soldati in armi, che dovevano aspettavano la notte per agire. Nel frattempo, chiusi là dentro, si stavano facendo i bisogni addosso… una giornata intera di stringimento di chiappe, per la paura di perdere qualcosa e mandare a monte la sorpresa.
Caro Maestro, che brutte cose… Priamo mentre raccontava era diventato di sasso… Aveva gli occhi sbarrati e diceva: Non ci posso credere… Tutto questo per una Troia…
Aspetta, adesso viene il bello… I componenti della spedizione nella notte, mentre tutti dormono stanchi dei festeggiamenti, scendono a terra e finalmente… corrono quà e là a fare la pipi; qualcuno l’ha già mollata nei pantaloni.
Poi, risolti i problemi più urgenti, iniziano ad incendiare la città ed ad uccidere i Troiani. Arriva anche Achille per partecipare alla strage, ma questa volta trovo Paride che lo aspetta al varco: tre frecce tirate diritte al cuore, ad Achille non fanno né caldo e né freddo, ma Paride prende la mira giusta e gli scaglia una freccia al tallone. È quello l’unico punto dove è vunerabile perché la madre l’aveva immerso nell’acqua dell’immortalità tenendolo appunto sospeso per il tallone.
Così muore anche Achille; Troia brucia, Andromaca, la vedova di Ettore si getta giù dalle mura con il figlio e muoiono anche loro – i’cche carneficine ch’è fatt’, carissimo Omero mio!
Risultano sfuggiti al massacro (ufficialmente dispersi): Elena, Paride e Priamo che fuggono lontano e anche un certo Enea, che si carica il padre Anchise sulle spalle e se la fila alla chetichella… Ma questa è un’altra storia!
Lino Catello Pagano