di Gennaro Di Fazio
Nel lontano 1999, quando persi le elezioni provinciali per soli 63 voti, l’azione denigratoria pre-elettorale nei miei confronti fu: “ se vince Gennaro, nessuno a Ponza potrà più mettere la barca a mare”. Era il tempo in cui il problema del parco era molto sentito e allo stesso modo sgradito, così come l’eventuale mia presenza in Provincia. Rimasi amareggiato, non solo per la sconfitta avvenuta per quei pochi voti, ma perché mi avevano accusato di un qualcosa, la legalità in politica appunto, che io ritenevo fosse invece un valore qualificante. Da qui poi a non far più mettere le barche a mare, la distanza era enorme, ma si sa… ‘in politica e in amore tutto è permesso”.
Poi capii bene che l’atteggiamento di quell’epoca, a Ponza come in tutta Italia, era collegata alla cultura vigente del “Più mercato e meno Stato”, pertanto ogni laccio e lacciuolo era inteso come blocco dell’economia, e anche la legalità considerata come una catena di cui liberarsi. Oggi che le cose sono cambiate; ci siamo trovati quasi all’improvviso a dover fare i conti con le regole; si è creato nella popolazione il terrore che questa nuova situazione potrebbe determinare una crisi severa per gran parte dell’economia isolana. E se molti segnali sono già evidenti nel periodo invernale, figuriamoci cosa potrà accadere nella prossima stagione estiva!
Come uscire da questa situazione?
Al di là delle proclamazioni di taluni e delle critiche di altri, credo che sia giunto il momento di fare quadrato e tentare di salvare il salvabile.
In che modo?
Innanzitutto con “Un appello alla responsabilità…”, e qui mi rifaccio all’omonimo articolo di Vincenzo Ambrosino (leggi qui), che ho molto apprezzato e che condivido al 100%, ma poi anche con un altro punto importante che io credo potrebbe essere il fulcro sul quale poi muovere le successive leve nei vari provvedimenti che l’amministrazione futura dovrà adottare. Mi riferisco ad un compromesso che io definirei “istituzionale” tra il liberalismo selvaggio e le regole ferree che sono piombate all’improvviso. Dopotutto il Ponzese si è adattato a quello che era “il luogo comune” del “Paese Italia”. E’ troppo facile prima dare l’idea che le regole ci sono ma possono anche non essere rispettate… anzi!; poi all’improvviso chiudere esercizi e strutture e puntare il dito solo contro i cittadini; dopotutto le Istituzioni e le Regole c’erano anche prima. Andiamo quindi a questo compromesso, traghettiamo le attività verso la legalità e nel rispetto delle regole, ma senza traumi e rotture, anche perché bisogna comunque differenziare le cose. Un conto sono le attività largamente abusive e un conto sono i piccoli abusi; un conto le attività che hanno arricchito, un conto le attività che hanno dato sopravvivenza a qualche famiglia. Queste differenze vanno sottolineate e laddove possibile anche sanate, anche perché se così non fosse, si andrebbero a danneggiare solo ‘i piccoli’; tutto sommato, chi si è arricchito può anche chiudere bottega. Con questo non voglio dire che le regole devono essere rispettate solo a metà, ma dare la possibilità, magari diluita nel tempo, di potersi mettere in regola, chiaramente laddove è possibile. Come dire, la legge deve essere per l’Uomo e non viceversa, così come si interpreta anche da un passo del Vangelo di Marco che, visto che ci troviamo nel periodo quaresimale, mi piace qui di seguito riportare:
Avvenne che, in giorno di sabato, Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strappare le spighe. I farisei gli dissero: “Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?”. Ma egli rispose loro: “Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatar, e mangiò i pani dell’offerta, che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche ai suoi compagni?”. E diceva loro: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è Signore anche del sabato”. VANGELO (Marco 2, 23-28 )
Ed è proprio su questo compromesso continuo, con la popolazione e/o con le Istituzioni, che io intravedrei l’elemento di transizione tra il vecchio e il nuovo sistema, al fine di correggere e non bloccare la vita economica e quindi sociale di un’intera comunità.
“Nel mio mondo, la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c’è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte.” (Amos Oz, 1939, saggista e scrittore israelita)
Gennaro Di Fazio