di Nazzareno Tomassini
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Leggendo su Ponzaracconta l’articolo di Gianni Sarro sul film L’armata Brancaleone, mi è venuta la curiosità di sapere quale fosse la cittadina laziale scelta per girare la scena un cui Gassman scopre che è entrato nel paese della peste.
Prendete comunque quello che ho scritto come un invito a fare una bella escursione domenicale a nord di Roma (purtroppo, sicuramente non prima dell’estate…).
N. T.
Dall’isola di Pasqua all’Armata Brancaleone
Ma che titolo è questo? Che nesso ci può essere tra un vecchio film italiano di successo ed una nota ma sperduta isola dell’Oceano Pacifico? Il percorso da fare per collegare il film all’isola è in effetti piuttosto contorto.
La storia cominciò quando, una trentina di anni fa, la RAI decise di organizzare una trasmissione sui Moai dell’Isola di Pasqua, quelle famose statue di pietra scura, gigantesche e grottesche allo stesso tempo. A tale scopo vennero invitati a Roma alcuni scultori di Rapa Nui (il capoluogo dell’isola) ancora operativi ed a loro un giornalista chiese se sarebbero stati capaci di scolpire un Moai anche in Italia. La risposta fu che non c’erano problemi, a patto di trovare la pietra adatta.
Quella pietra venne trovata presto nell’area nord-orientale della provincia di Viterbo ed in particolare in una cava dalle parti di Vitorchiano, un paese di antichissime origini abitato da circa 7.000 abitanti. La pietra non era altro che il peperino, un composto di calcare e basalto molto resistente e di colore grigio scuro.
Fu così che nel 1990 undici indigeni di Rapa Nui arrivarono a Vitorchiano e scolpirono un Moai alto 6 metri e del peso di circa 30 tonnellate. L’evento fu salutato con grande clamore, anche perché mai una cittadina così periferica avrebbe sognato di arrivare agli onori della cronaca nazionale. Il Moai venne collocato nel mezzo della piazza antistante l’entrata principale del centro storico e fu lì che lo scoprii, un giorno d’estate del 2007, passando per caso da quelle parti.
L’entusiasmo degli abitanti di Vitorchiano fu però di breve durata. Già all’inizio del nuovo secolo molti avevano cominciato a lamentarsi di quella presenza, non tanto perché fosse sgradevole, quanto perché giudicata come qualcosa che non aveva nulla a che fare con la storia del paese e dell’intera provincia.
Verso la fine del 2010 avevo portato alcuni amici a mostrare il curioso Moai, ma quando arrivo sulla piazza non lo trovo più. Domando informazioni e finalmente qualcuno mi dice di prendere la strada per Grotte Santo Stefano, che dopo un po’ l’avrei ritrovato. E’ una strada che esce da Vitorchiano, scavalca una stretta vallata su cui si affaccia il paese e prosegue lungo le pendici del monte che si erge sull’altro versante. Ed infatti lo trovo, poggiato sulla destra, su uno spiazzo sterrato immaginato piuttosto come parcheggio per gli abitanti delle case periferiche che ci sono lì intorno. Trovo subito che la collocazione è misera ed è come se il Moai fosse stato declassato ed emarginato.
Mi fermo comunque, scendo dall’auto, mi guardo intorno e all’improvviso mi trovo difronte, sul versante opposto della vallata, una visione stupenda: quella dell’intero paese di Vitorchiano interamente appollaiato su una gigantesca rupe di peperino, come fosse lui il vero Moai del posto!
Ma le sorprese non finirono lì; scorrendo con lo sguardo lungo la fiancata della rupe scorgo un piccolo sentiero che sale verso le prime case, poi si allarga ed infine entra nel paese passando per una sorta di galleria: esattamente il percorso che la raccogliticcia Armata Brancaleone, guidata dallo spudorato Vittorio Gassman, faceva in quel bellissimo e divertentissimo film degli anni ’90.
Per farla breve, fu la medievale Vitorchiano ad essere scelta per rappresentare il paese colpito dalla peste e dove l’Armata Brancaleone era entrata per rifocillarsi senza rendersi conto del pericolo. Ritornato indietro, non potei esimermi dall’entrare per la porta principale ed osservare dall’interno il sentiero che arriva dalla profonda vallata ed entra in centro dopo essere passato sotto alcune vecchie case. E rividi così gli ingordi e stupidi soldati entrare nelle case e fare man bassa di pane e formaggi, senza chiedersi perché le porte erano aperte e gli abitanti erano tutti scomparsi. E mi ricordai anche della bella fanciulla estremamente disponibile a farsi amare da Gasmann ma che ingenuamente dirà come stanno le cose.
Clip YouTube da “L’armata Brancaleone”, di Mario Monicelli, del 1966, con Gassman, Gian Maria Volonté, Enrico Maria Salerno e Carlo Pisacane (“Capannelle”)
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“Via, fuori, fuori! Lasciate tutto! Qui c’è stata la peste!” – urlerà terrorizzato il nostro Vittorio, correndo per la via principale come uno scalmanato. E io per un momento dimenticai che eravamo venuti a Vitorchiano per rivedere il Moai.
Immagine di copertina e qui sopra
L’Isola di Pasqua (in lingua nativa Rapa Nui, letteralmente “grande isola/roccia”; in lingua spagnola Isla de Pascua) è un’isola dell’Oceano Pacifico meridionale appartenente al Cile (nota e immagini a cura della Redazione)
Tano Pirrone
27 Marzo 2020 at 07:28
Tout se tient, mon cher Naz!
Tutto è collegato, unito da catene, elastiche a volte, rigidissime altre, catene che ci sono e non si vedono, se non quando qualcuno accende luce, fiammifero torcia, neon; e altre si vedono e non si colgono per quel che sono. Tutto è collegato e i ragionamenti fatti per filiere sono troppo forti: si arriva sempre a conclusioni nuove, rivelatrici, neofaniche (non cercatela, è appena stata coniata, non toccatela, ché si storce). Tout se tient. E il mondo fino a ieri, quello a.C. (ante Coronavirus) era ormai tutto collegato, tutto in rete. Lo spasso di collegare in sei mosse qualunque persona al mondo era ormai scemato. L’a.C. l’ha riscoperto, rilanciato e lo sta spedendo ai massimi livelli di notorietà e utilizzo. Cos’è d’altronde, lo schema dei contagi, se non una perversa tessitura di ragnatele, ai vari livelli, local, global, semisideral, se non questa rete a maglia stretta che a caso traccia un disegno astratto dai concreti effetti?
Tout se tient, mon cher Naz!