a cura di Silverio Lamonica
Per la puntata precedente: leggi qui
VI
Appena arrivò il caldo, trovammo una grotta di trachite che ci riparò dal sole e dove mangiammo e ci riposammo. Quindi proseguimmo prendendo altri campioni mentre avanzavamo. Toccammo terra proprio nel luogo indicato dal Signor Scrope, trovammo cristalli di quarzo in quantità, molti di un bel colore ametista, causato da una miscela di ferro.
Prima di giungere a La Punta dell’Incenso, vedemmo uno strato verticale, o filone, di un giallo-ginestra più splendente rispetto alle altre venature di trachite gialla dell’isola, che ci indusse a sbarcare e vi trovammo un lungo dicco o fessura, che formava una regolare fumarola, ancora attiva; e i cristalli gialli che avevano attirato la nostra attenzione, erano dei meravigliosi campioni fluorescenti di solfato sublimato di ferro. Questo è sublimato su una trachite decomposta e prova che la formazione vulcanica di quest’isola è ben lungi dall’essere di antica data, essa è ancora in evoluzione. La natura vi aggiunge (qualcosa) mentre ne sottrae dell’altra con l’azione del mare. Ma con la prima operazione si procede in una scala molto più piccola e ridotta rispetto alla seconda; e se possiamo fare una supposizione del futuro da ciò che vediamo dei risultati della seconda, nel corso degli anni Ponza diventerà una secca di scogli isolati esposti alle intemperie, come Le Formiche. Le Chiaia della Luna e molte altre insenature della stessa natura ci colpirono moltissimo, essendo stati antichi crateri.
Sul lato meridionale dell’isola, prima che ci recassimo a Le Chiaia della Luna, vedemmo in una baia alcune buche; e toccandovi terra, trovammo, nella roccia, gallerie e vani a volta, evidentemente di opera romana. In una di queste c’era una fonte d’acqua fresca. Davanti c’erano le rovine di una costruzione, sicuramente romana, e in una delle camere c’erano i resti di un altare, di fronte al quale c’era una rozza immagine di Gesù crocifisso. Non era il Cristo dei tempi del cattolicesimo; era evidentemente tanto antico come la casa, che era in modo palese di opera romana. Da tutte le circostanze della sua località, dalle volte enormi in cui si apre, con la fonte all’interno, non ho alcun dubbio che essa sia stata una delle prigioni dei martiri cristiani, che qui furono mandati o per languire in un esilio senza speranza, o per esservi eliminati. L’immagine, scolpita grossolanamente, e guastata dalle intemperie, la portai via con molta cura, come uno dei resti più antichi della Cristianità, di certo di pochi anni successiva alla morte del nostro Salvatore.
In una delle baie, osservando uno strato di un giallo più chiaro e luminoso rispetto agli altri che avevamo visto prima, toccammo terra e trovammo ciò che sfuggì alle ricerche del Signor Scrope, una fessura nella trachite decomposta dove la roccia era attraversata da una quantità di solfato e sublimato di ferro, carinamente cristallizzato. Nel rimuovere le pietre e le rocce, la terra franò e si percepirono molto bene: sabbia bollente, frammenti sulfurei e, come pensavo, di arsenico. In breve, si trattava di una fumarola ancora in attività, che si formava e si sublimava lentamente, mentre il mare la distruggeva.
VII
Nel procedere oltre giungemmo ad una magnifica sorgente di acqua fresca, meravigliosamente chiara e tersa, che sgorga direttamente dalla roccia di trachite. Naturalmente deve provenire da una considerevole profondità. Vi sono costruite sopra due cisterne molto ampie, per proteggerla dal sole e dalle impurità; vi si sale attraverso una piccola rampa, ed una galleria nella roccia fornisce l’accesso a questo tesoro, dal paese sovrastante. L’acqua zampilla all’istante da questa roccia, senza alcuna mescolanza di materia estranea o comunicante con l’aria ed è, di certo, deliziosamente fresca. Qui Caligola fece costruire un regolare acquedotto all’interno della roccia lavica, seguendo tutte le sinuosità della costa per tre miglia, per convogliare queste acque verso la baia e la città di Ponza. L’opera è esattamente simile a quella che menzionai a proposito di Pozzuoli. Ciò prova quali danni il mare rechi a quest’isola, infatti l’acquedotto s’interrompe frontalmente nella parete rocciosa in molte insenature e continua di nuovo nel lato opposto delle medesime. Del resto, lo spazio intermedio è sprofondato tra le onde.
Come ci ritirammo, verso sera, assistemmo ad un party di paesani: uomini e donne che danzavano la tarantella, al suono di tamburelli e di una specie di violino, suonato con un archetto, formato da tre corde e retto tra le ginocchia, un qualcosa di simile al violoncello.
Il motivo non era altro che una semplice modulazione ritmica per scandire il tempo, ma la danza è leggera, briosa e gentile. Consiste interamente nei danzatori che si fronteggiano con graziosi movimenti delle braccia e, agitandosi intorno reciprocamente le castagnette, si avvicinano e si allontanano alternativamente. Era un fandango molto misurato e discreto. Una donna danzò fino a stancarsi e si sedette esausta, mentre un’altra ne occupava immediatamente il posto, e così fino a quando continuò il ballo.
15 ( luglio) Scesi a terra, ci recammo a far visita al Governatore il quale, anche se un tempo fosse stato capitano della gendarmeria, ora maggiore, sembra un uomo molto istruito e sensibile. È un amante delle antichità, e intende iniziare gli scavi in autunno. Sta qui da circa quattro mesi, sposato, ha con sé i libri e le varie comodità. Mi diede alcune patere, monete e oggetti di un certo interesse, che qui sono stati portati alla luce. Ho ricambiato il suo regalo con esemplari di coltelleria in acciaio lavorati in Inghilterra, di molto valore. Egli e il Sindaco, un uomo sensibile e ben informato, furono molto cortesi con me, e mi approvvigionarono al meglio delle loro possibilità con frutta ecc. durante la mia permanenza e ad entrambi ricambiai con dei regali.
Davanti alla caserma del Governatore si erge una statua acefala di un senatore romano togato, che è stata recuperata nelle acque del porto nel corso del dragaggio. È di buona fattura, ma il marmo è stato corroso dall’acqua. È la prova che i romani ebbero molta cura nell’adornare il loro porto.
VIII
17 (luglio ) Alla fine il vento si calmò e questa mattina siamo in vista della Sardegna. Doppiando Capo Carbonaro………. ( dalla pagina presente, 162, alla fine, pag. 173, l’Autore descrive la Sardegna e, in modo particolare, Cagliari – N.d.T.).
A cura di Silverio Lamonica
[Il Duca di Buckingham (3) – Fine]