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A volte è difficile prendere sonno.
Ci si rivolta nel letto continuamente e pare che il corpo non riesca a trovare mai la posizione giusta per rilassarsi e permettere a Morfeo di prenderci tra le sue braccia e affidarci ai sogni. Oppure, per chi è più razionale di me, permettere un sonno ristoratore perché domani è un altro giorno faticoso e occorre andare a pagare le bollette e a fare spesa e… bla bla bla (…quelli razionali sono sempre con i piedi per terra e sentono il peso del mondo sulla testa, al contrario dei sognatori che sono sospesi dalla terra e hanno la testa tra le nuvole).
Meglio che ricomincio.
A volte è difficile prendere sonno.
I telegiornali e tutti i mezzi d’informazione mi mettono ansia e paura e mi resta difficile concentrarmi su cose più spensierate e su pensieri ottimisti. Ma ci sto lavorando e presto ne uscirò fuori. In qualche modo occorre vivere ed è meglio concentrarci sull’attimo, in attesa che le persone competenti, trovino le soluzioni giuste per sconfiggere i nuovi mostri. Al momento opportuno seguiremo le loro indicazioni (…a questo sto lavorando: a crederci!).
Di nuovo.
A volte è difficile prendere sonno.
Poi, un click quasi involontario, cambio canale e… arriva Elvis Presley con It’s now or never.
Allora la mia fronte si spiana, i miei occhi si asciugano, la canzone e le immagini entrano nella testa e sembrano spazzare via ogni pensiero negativo.
Eccola, la versione di Elvis del 1960:
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It’s now or never,
come hold me tight
Kiss me my darling,
be mine tonight
Tomorrow will be too late,
it’s now or never
My love won’t wait.
When I first saw you
with your smile so tender
My heart was captured,
my soul surrendered
I’d spend a lifetime
waiting for the right time
Now that your near
the time is here at last.
It’s now or never,
come hold me tight
Kiss me my darling,
be mine tonight
Tomorrow will be too late,
it’s now or never
My love won’t wait.
Just like a willow,
We would cry an ocean
If we lost true love
And sweet devotion
Your lips excite me,
Let your arms unfight me
For who knows when
Well meet again this way
It’s now or never,
Come hold me tight
Kiss me my darling,
Be mine tonight
Tomorrow will be too late,
It’s now or never
My love won’t wait
La cantano anche Pavarotti, poi Fernando di Lucia e Caruso, nella sua versione originale. Anche papa Giovanni II intonò la canzone in occasione della sua visita a Ischia e Marcel Proust ne fa riferimento in “Alla ricerca del tempo perduto”.
‘O sole mio’ fu composta nel 1898 da due amici: Giovanni Capurro, giornalista e poeta e Eduardo Di Capua, musicista. Già i cognomi ci danno indicazione sulla provenienza degli Autori e la canzone – si potrebbe pensare -, è un inno a Napoli. Anche se, secondo me, si presta a diverse interpretazioni.
Forse un inno al sole o forse una metafora per raccontare della donna amata; forse un momento di solitudine o di nostalgia; forse un po’ di tutto questo. Fatto è, che i diversi sentimenti che serpeggiano all’interno dei versi di questa canzone, li provo e li condivido con il poeta e il musicista.
Così immagino la fusione delle due arti (musica e poesia) con la napoletanità del cuore dei due artisti, nonostante Eduardo abbia composto le note di questo capolavoro a Odessa (Ucraina), ispirandosi al sole che nasce sul mar Nero visto dalla finestra della sua camera d’albergo (così dicono gli storici della canzone).
Caputo suggerì le parole.
Un mix perfetto: poesia in musica che in questo caso diventò una canzone che ancora oggi è cantata ovunque e spesso chiude i concerti e… i pensieri in modo struggente, riunendo amici e facendo parlare il cuore.
Fu presentata al festival di Piedigrotta del 1989, ma arrivò seconda.
La sua ascesa al successo cominciò nel 1920. Si tramanda che quella data, in occasione delle Olimpiadi di Anversa, durante la premiazione del marciatore milanese Ugo Frigerio, la banda che doveva eseguire l’inno italiano, pare avesse perso lo spartito della “Marcia Reale”. Per cavarsi d’impaccio, il direttore passò voce ai bandisti di suonare ‘O Sole mio, da tutti conosciuta a memoria, e immediatamente l’esecuzione venne seguita a gran voce dagli spettatori dello stadio (da Wikipedia).
Da quel momento in poi il successo della canzone si estese a macchia d’olio. Sono precisamente 100 anni!
Il ritornello della canzone, è semplice e scorrevole.
Le strofe raccontano ciò che si vede, che si sente, le illusioni, i pianti, la meraviglia, il dolore, la nostalgia. La mente si veste di immagini e di ricordi.
Ed è proprio una di queste immagini, che mi conduce verso un’altra interpretazione…
“Lucene ’e llastre d’a fenesta toia
’na lavannara canta e se ne vanta
e pe’ tramente torce, spanna e canta…”
Così penso che il poeta, nello scrivere questi versi, conosceva il cuore del suo amico musicista che, davanti a quel sole che nasceva, ripensava alla sua amata. Il poeta sapeva che Eduardo aveva visto quella donna la mattina di una bella giornata di sole. Probabilmente questa donna aveva aperto la finestra e guardato quei vetri puliti con dedizione e che luccicavano al sole che vi si specchiava. Li guardava ed era contenta di se stessa e delle sue capacità e cantava mentre strizzava, torceva e infine stendeva il bucato.
Il poeta sa che il suo amico si era innamorato di questa donna alla finestra e l’immagine di lei era bellissima perché il sole le illuminava il viso, facendola splendere nel suo cuore. In quel momento, il sole, non era di tutti, ma era solo il suo sole che si impersonava nella sua amata.
Eduardo si sarà, di certo, confidato con Giovanni che, per questo e nel momento in cui il sole tramontava sempre sul mar Nero, descrive la malinconia e la nostalgia tipica di un poeta e la condivide col suo amico perché solo un vero amico si può riconoscere quel certo ‘sentire’…
Sapeva, come avrebbe fatto anche lui, che il suo amico, sarebbe stato capace di restare sotto la finestra della sua amata per tutta la notte, in attesa di rivederla alla finestra, la mattina dopo.
Perché la notte è scura e potrebbe coglierci impreparati e forse ci si sente soli mentre una bella giornata è solo insieme a chi si ama che è il nostro sole e che ci illumina anche in una giornata di pioggia.
“Quanno fa notte e ’o sole se ne scenne
me vene quase ’na malincunia
sotto a fenesta toia restarria…
E infine ricomincio.
A volte è difficile prendere sonno, ma qualche sera fa è successo che è bastata una canzone di più di 100 anni fa, cantata da Elvis Presley ‘It’s now or never’, a suscitarmi tanti ricordi e infine a consentirmi di dormire con essi, senza scomodare la mitologia, Morfeo e l’armadietto delle medicine di casa.