“Opera di Stefano Tulipani” www.stefanotulipani.it
di Silverio Lamonica
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Verso la metà degli anni ’70 Franco De Luca e io, insegnanti elementari nelle scuole di Ponza, cominciavamo a fare progetti per il nostro futuro. Volevamo diventare “direttori didattici” (allora così si chiamavano i “dirigenti scolastici della scuola primaria”). Franco, un bel giorno, mi ficcò sotto il naso un testo pedagogico appena sfornato: “Descolarizzare la Società” (sottotitolo: “La Scuola è morta”), di un pedagogista e libero pensatore austriaco, Ivan Illich (1926 – 2002). L’autore, ovviamente, si riferiva alla così detta “scuola tradizionale” che trasmette il sapere in maniera tradizionale e come tale non era più valida. Già allora i vari mass-media: stampa, radio, televisione in bianco e nero (il computer con internet ancora non c’erano) facevano una spietata concorrenza alla scuola. Non parliamo poi delle varie occasioni che ogni persona aveva a disposizione: dai circoli ricreativi e sportivi con palestre annesse, alle sale cinematografiche, alle varie “agenzie di formazione”: scuole di danza, musica, recitazione e altro, che già allora proliferavano. Illich, in quel trattato, fa riferimento al mito di Pandora, dal cui vaso, una volta scoperchiato, uscirono tutti i mali tranne uno: la speranza. L’autore concludeva che la specie umana può sopravvivere solo se riscopre la speranza quale forza di coesione sociale.
Perciò, affascinati dalla prospettiva di quel pedagogista, piuttosto che rinunciare a “far carriera” nella scuola, l’amico Franco prima e chi scrive in un secondo momento (in quell’epoca tentai con Mario Vitiello ed altri l’avventura amministrativa, sorretti sempre da quella “speranza” di migliorare la situazione in campo sociale), decisero di non demordere. Così, in anni diversi, realizzammo quel sogno.
Anche la scuola può essere paragonata a un “vaso” dal quale “volato via un programma”, se ne fa entrare un altro.
Franco ed io abbiamo “vissuto” ben tre programmi scolastici.
Quelli del 1955 che sostenevano la formazione della persona umana, secondo la tradizione cattolica e cristiana; prevaleva, allora, la “crociata” clericale contro il “pericolo comunista”, inoltre asserivano che la scuola elementare era la scuola del leggere, scrivere e far di conto.
Poi vennero i Programmi del 1985 che Gino ha citato in “Ponza è un’isola” dove prevale la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione. Finalmente si faceva riferimento alla Carta fondamentale della nostra Repubblica.
Ma le cose belle durano poco, perché nel 1994, in coincidenza della “discesa in campo” di un certo signore, la Costituzione passò in secondo piano e si guardò alle diversità individuali e alla convivenza civile. Prendeva sempre più piede il fenomeno dell’immigrazione e la scuola si arricchiva via via di giovani provenienti da culture diverse, anche se qualche becero, nel “profondo Nord”, tuonava (e tuona ancora, purtroppo): “Negher… fora da i ball!”
Però, programmi a parte, il perno della scuola è sempre l’insegnante, così avviene da circa tremila anni (pensiamo ai sacerdoti dell’antico Egitto, a Socrate nell’antica Grecia …la Scuola, come istituzione, è più antica del Cristianesimo) perché c’è sempre stato un soggetto che trasmette il sapere ed un altro che lo riceve (gli “autodidatti” non fanno eccezione, perché, anche in quel caso – procedendo per tentativi ed errori – apprendono le novità sempre da altri soggetti: da testi vari o da “madre natura” o dalle varie circostanze con cui vanno a misurarsi). Ecco perché, secondo me, l’insegnante svolge un ruolo non secondario nel processo educativo ed istruttivo.
Anche Ponza può essere paragonata al “vaso di Pandora” dove il turismo, come non a torto ha osservato Gino, ha “scoperchiato” lo scrigno che racchiudeva tutti i mali: profitto ad ogni costo, egoismo, litigiosità… In questa nostra isola-vaso di Pandora, afflitta da quei mali, è rimasta solo “la speranza” e, proprio per questi motivi, essa assomiglia sempre di più ad un “deserto” dove, mi rendo ben conto, è molto difficile – quasi impossibile – trasmettere il sapere, quello positivo, intendo (ma altre realtà del così detto “continente” non sono poi tanto diverse).
Però, proprio per la difficoltà del momento, nessuno deve perdersi d’animo e nessuno “deve tirarsi indietro”, come ben ha osservato l’amico Gino.
Come uscirne? Io voglio solo citare due esempi: la scuola di Barbiana di Don Lorenzo Milani e “Il Maestro di Pietralata”.
Entrambi gli educatori hanno vissuto due realtà paragonabili a due “deserti”, ma, batti e ribatti “hanno cavato più di un ragno dal buco”. Siano essi i nostri punti di riferimento. Sia Gino che Vincenzo sono due ottimi professori ed io mi auguro che godrò sempre della loro amicizia. Del resto questa “valutazione”, per quanto riguarda Vincenzo, io l’avevo già espressa in un articolo precedente, a proposito della “autonomia scolastica di Ponza” che era stata confermata. Allora dissi: “Siete ottimi insegnanti e state facendo un buon lavoro, ma non abbassate mai la guardia, perché la scuola di Ponza deve essere, sempre di più, una scuola di qualità” , e lo ribadisco adesso.
Solo che ho, probabilmente, uno strano modo di incoraggiare le persone (quando ero in servizio come dirigente scolastico, qualche “malinteso” con qualche docente, sotto questo aspetto, non è mancato, ma è sempre stato prontamente chiarito)
Un altro Ambrosino, Francesco, sta facendo un ottimo lavoro nella società isolana, con le numerose riunioni per far scaturire una lista “decente” per affrontare adeguatamente le prossime elezioni amministrative, come apprendo con soddisfazione proprio da “Ponzaracconta”. La sua iniziativa richiama un po’ il libro di Sergio Garavini “Abitare l’Utopia”. La sua è la medesima strategia che seguì l’allora sezione del PCI di Ponza nel 1985 per formare la lista (Gino Usai ed io vivemmo in prima persona quell’esperienza). Si vinse, ma dopo due anni, nel 1987…
Ecco, ho citato l’esempio, proprio per scongiurare che quell’errore abbia a ripetersi. Ma sono certo che Francesco e gli altri concittadini, sulla scorta dei fallimenti del passato, sapranno scegliere – questa volta – gli elementi giusti. Occorre sempre sperare che il nostro “vaso di Pandora”, cacciati via “i mali” si riempia di sentimenti buoni e di idee costruttive.
Infine, caro Gino, sono – come al solito – d’accordo con te: la falla sarà riparata da ottimi carpentieri e la nave, raddrizzata, continuerà a navigare guidata da bravi piloti. Ma poi è importante che, come le “dita della mano” di Verga, ognuno svolga bene il proprio compito; guai a confondere i ruoli di mignolo e pollice, di carpentiere e di pilota.
Immagine di copertina: Il vaso di Pandora, opera di Stefano Tulipani: www.stefanotulipani.it
Vincenzo Ambrosino
15 Febbraio 2012 at 18:15
Al giorno d’oggi l’espressione “vaso di Pandora” viene usata metaforicamente per alludere all’improvvisa scoperta di un problema o una serie di problemi che per molto tempo erano rimasti nascosti e che una volta manifesti non è più possibile tornare a celare.
Questo è stato il mio intento fin dall’inizio della collaborazione con Ponzaracconta far
comprendere che non è possibile sognare “la primavera di Ponza” se non riusciamo a cambiare cultura, organizzazione, visione progettuale.
Vedi Silverio, io non ho mai detto che a Ponza e in giro per il mondo non ci siano persone virtuose che potrebbero rifondare l’isola e farla rinascere, ma questi sono divisi, lontani, non hanno un minimo di collegamento; peggio non si immaginano impegnati in una organizzazione per fare in modo che le loro individuali, capacità, idealità possano avere una possibilità di essere realizzate.
Questi uomini virtuosi hanno una visione diversa dell’isola.
Ponza è per gli esuli un ricordo, un’immagine bella che appartiene al passato e non fa parte dei loro progetti; Ponza per gli interni è amarezza, quotidiana sofferenza che diventa scrittura, non certo azione.
Sbaglia secondo me chi vuole nascondere in fondo “al vaso di Pandora” i problemi nella loro complessità, incancreniti dalle tante mancanze: politiche, culturali, organizzative, progettuali.
Alcuni di questi amici, individualmente virtuosi, si stanno tuffando nell’ennesima avventura – improvvisata – di costituire una compagine elettorale.
Vanno incoraggiati? Forse…
Per quanto mi riguarda li osservo a distanza di sicurezza!