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Bettino Craxi, all’anagrafe Benedetto Craxi (Milano, 1934 – Hammamet, 19 gennaio 2000), è stato un politico italiano, Presidente del Consiglio dei ministri dal 4 agosto 1983 al 17 aprile 1987 e Segretario del Partito Socialista Italiano dal 15 luglio 1976 all’11 febbraio 1993. Bettino Craxi è stato uno degli uomini politici più rilevanti della Repubblica italiana, oltre ad essere il politico italiano più importante degli anni ’80 e fu il primo socialista ad aver rivestito l’incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri (da Wikipedia).
Si parla molto in giro – sui media, tra gli amici – di Hammamet, il film di Gianni Amelio, la cui uscita è coincisa pressappoco con l’anniversario dei vent’anni della morte di Craxi in terra tunisina (da esiliato, diceva lui; da latitante, ha affermato la giustizia italiana).
Accenno qui solo sommariamente al film – che ho visto, ma forse ne scriverà Tano (che l’ha visto due volte!) -; mentre per gli aspetti “politici” faccio riferimento a due supersintesi, rispettivamente da l’Amaca di Michele Serra (in la Repubblica del 9 gennaio) e dalle Lettere a Corrado Augias (sempre in la Repubblica del 13 gennaio).
Ha detto Gianni Amelio del suo film, di non aver voluto fare un film “politico”, ma un film “su un uomo politico” – e quell’uomo era Craxi, con il suo carisma e la suo carattere -, e messo in scena situazioni verosimili o inventate e le diverse persone che lo circondano (la cerchia stretta dei familiari, soprattutto la figlia, poi la moglie e il figlio restato in Italia, occasionalmente in visita ad Hammamet), con le reazioni che “quel personaggio”, malato e amareggiato, avrebbe potuto avere.
“Il film è collocato esattamente nell’ultimo anno del 1900, nel 1999. Io racconto sei mesi di vita di un uomo politico importante fino alla sua morte, ma non è un arco narrativo che somiglia a una biografia, tutto il contrario. Racconto gli spasmi di un’agonia” (Gianni Amelio).
In effetti Amelio non è un politico, ma uno sceneggiatore e un regista e l’approccio al personaggio è per così dire “letterario”. E sia il regista che Pierfrancesco Favino (qui in una interpretazione magistrale) hanno sottolineato come il film è soprattutto una riflessione sulla caducità del potere e la paura di perderlo. E hanno citato il Re Lear di Shakespeare nei rapporti con i suoi figli [i cinefili non possono non ricordare anche la monumentale ‘riduzione’ cinematografica di Akira Kurosawa in Ran (in giapponese “Caos”) del 1985].
Pierfrancesco Favino nel ruolo di Craxi in Hammamet
Il re degli anni Ottanta
di Michele Serra
È davvero impossibile capire perché la figura di Bettino Craxi fu così tragicamente divisiva se non la si cala nel decennio del quale fu protagonista e simbolo, gli anni Ottanta. Quando, come ha scritto Guido Crainz su questo giornale (la Repubblica – NdR), “si modellò un Paese abituato a consumare oltre le proprie possibilità e a lasciare il conto da pagare ai figli”.
Gli anni Ottanta della febbrile spensieratezza post-ideologica, del riflusso, della Milano da bere, del trionfo di Reagan e Thatcher. Anni vitali e pure dissennati, nei quali molti dubbi furono bollati di moralismo (vedi Berlinguer) e ogni forma di sobrietà, economica ed etica, fu travolta da un’euforia comprensibile – si usciva dagli anni di Piombo – ma, a conti fatti, catastrofica. La morte della politica italiana abita proprio lì, nel momento in cui la politica rinuncia a una parte fondamentale del suo lavoro – l’organizzazione della critica – e decide che assecondare l’egoismo, in quanto motore della società, sia la sola scelta credibile. È il liberismo. Non è difficile capire perché sollevò polemiche, discussioni, divisioni feroci, il fatto che a capo di quell’onda, tra gli altri, ci fosse il segretario del Partito socialista italiano.
Fece scandalo – il più comprensibile degli scandali – il fatto che un pezzo della sinistra cavalcasse quella tigre, sedicente “moderna”, dalla quale poi, non per caso, generò il berlusconismo: ditemi voi quanto moderno. Se si parla di questo, il dibattito su Craxi è benvenuto, e sarà utile. Perfino più utile della discussione, necessaria, sul giustizialismo come malattia della democrazia.
L’amaca – Da la Repubblica del 13 gennaio 2020
Craxi e il fallimento di un disegno politico
di Corrado Augias
Caro Augias,
non serve vedere “Hammamet” per giudicare Craxi. Ho quasi 80 anni, maturo per ricordarmi che Craxi è stato l’uomo che ha distrutto il Psi come partito della sinistra.
Sostituì Lombardi alla guida del partito e si vide subito il cambiamento. Tutti quelli che si facevano chiamare “socialisti” pretendevano mazzette per ogni appalto. Ebbe alcuni meriti: fu lui a impedire la scesa in politica, purtroppo temporanea, di Berlusconi o il blocco degli americani a Sigonella; lui personalmente non ha preso una lira, permise però che altri lo facessero. Rimangono punti neri l’enorme debito che ancora abbiamo in campo europeo, con l’inflazione al 18 per cento. Fu proprio quella politica che portò a Tangentopoli e alla fine della prima Repubblica. Non a caso tutti o quasi i “socialisti” li abbiamo ritrovati in Forza Italia. Fu una iattura della quale ancora stiamo subendo le conseguenze.
Dr. Maurizio Rafanelli
La risposta
L’ uomo che Craxi scalzò dalla segreteria (1976) fu De Martino non Lombardi.
Resta vero il contenuto della lettera, anzi si può dire di più. Se Craxi ritardò la scesa in politica di Berlusconi, decretò tuttavia la diffusione nazionale dei suoi programmi Tv in violazione della legge, arrivando poi a imporre al Parlamento la questione di fiducia per la conversione in legge del decreto.
Berlusconi ricambiò generosamente il favore. Mi scrive da Torino la signora Bruna Cibrario: «Se paragonato ai guitti d’avanspettacolo che popolano la politica ai giorni nostri, Craxi era un gigante (e con lui Amato, Martelli, De Michelis…). Ma la sua ambizione di statista “machiavellico” (come anche lei lo ha definito) era mirata al potere molto più che al bene del Paese».
Certo che era mirata al potere. Qualunque uomo politico ha in mente il potere, ma l’uomo di Stato si distingue dal politicante da quattro soldi perché riesce a mettere insieme il proprio personale potere con un disegno politico strategico.
Craxi amava molto il potere, arrivò ad esercitarlo con brutalità. Ho avuto le confidenze di alcuni suoi stretti collaboratori. Uno di loro, all’epoca ministro, mi ha raccontato che, soli in una stanza, Craxi presidente del Consiglio gli disse in sostanza due cose. La prima: «Guarda che dal tuo ministero non arriva niente». La seconda: «Ma tu mi sei fedele?». Sono leale, rispose il ministro. Forse non bastò perché da quel momento si sentì accantonato. Ad un altro collaboratore, uomo di finissima intelligenza, in uno scatto d’ira, arrivò a tirare dietro un faldone di documenti che quello schivò ma poi dovette pazientemente raccogliere.
Questo era l’uomo che però aveva un disegno di lunga portata al contrario di quanto accade alla maggior parte dei politici di oggi che campano alla giornata aspettando con ansia i risultati dei sondaggi. Craxi voleva fare del Psi una forza di centro-sinistra, d’ispirazione diciamo liberal socialista, voleva rompere il blocco di fatto rappresentato dall’incombente “compromesso storico”. Il suo errore è stato di trascurare in nome di quel progetto quanto avveniva. Saliva il debito, dilagava la corruzione, la vita politica si corrompeva nella pratica e intellettualmente. Poi il disegno politico fallì e questo dà risalto ancora maggiore al resto.
Le lettere di Corrado Augias – Da la Repubblica del 15/1/2020
Tano Pirrone
19 Gennaio 2020 at 20:33
Sandro, i due articoli da te riportati sono le cose migliori lette da me, che ne ho lette parecchie. Il film – ottimo, lo dico prima – aveva altro fine che quello agiografico o persecutorio ed Amelio c’è riuscito magnificamente. Certo se si è tanto grulli da andare al cinema per vedere se vincono i cow boys e poi invece vincono gli indiani – o viceversa – è meglio mangiarsi un pizza: il danno al fegato nel secondo caso è più lieve.
Saluti diversamente socialisti.
Rinaldo Fiore
19 Gennaio 2020 at 22:38
Non andrò a vedere il film ma quel periodo lo ricordo sufficientemente.
Si fanno tanti ragionamenti tanti distinguo ma forse conviene attenersi ai fatti.
Craxi è esistito con la sua arroganza – quasi violenza fisica – contro chi lo ostacolava ma aveva una capacità di decidere unica, rispetto ai politici del tempo, e non parliamo delle ombre attuali. Nei salotti di pausa lavorativa era un nostro argomento ed io non condividevo il suo percorso… effettivamente in quel periodo si formarono le USL e infine le ASL e la politica entrò nella sanità con tutte le nefandezze del potere e delle relazioni di potere. Ancora, fu in quegli anni che il sindacato assunse i simboli e ruoli di potere con altrettanti guasti nella società
Tutti in quel periodo cercavano una nicchia dove vivere; molti del bosco politico arrivarono a potere e ricchezza senza concretizzare la loro azione in favore del popolo… il sottobosco politico sindacale si accontentò di prebende inferiori mentre il PCI iniziava il suo declino che raggiunse l’acme quando non condivise il pensiero di Craxi alle Camere… a mio avviso il silenzio di D’Alema e compagni fu la parte più attiva che la sinistra riuscì a fare riuscendo a mimetizzarsi nelle sabbie della legge e decidendo di sacrificare Craxi. E da qui inizia la storia di Craxi ad Hammamet… Sappiamo bene che di ‘etica’ non possiamo parlare per i ns politici ma, mio malgrado, devo ammettere che Craxi è stato l’unico vero statista dagli anni ’80 ad oggi. E forse tutte le ruberie di cui si parla fatte da Craxi non inquinano la sua azione politica…
Da quel periodo gli italiani impararono a cavarsela da soli non avendo una classe dirigente.
Ho parlato di fatti e ho espresso la mia opinione.
Lorenza Del Tosto
19 Gennaio 2020 at 22:44
Buonasera, la tentazione di rispondere e dire la mia è troppo forte e supera la lucida consapevolezza dei rischi in cui incorro così facendo.
L’altra sera a cena si parlava di Hammamet che nessuno dei presenti aveva visto e la nostra cara amica Silvia B. ha detto che sua zia (donna coltissima, intraprendente e dotata di un numero di anni che le ha permesso di vivere da testimone matura e attenta quel periodo) lo ha definito “orrendo”.
Il giorno dopo mi sono trovata, per varie circostanze, a vedere quel film e l’aggettivo orrendo mi è salito a fior di labbra dal minuto 10 fino ai titoli di coda.
Non cercavo battaglie tra cow boys e indiani. Cercavo semmai uno sguardo sulla natura umana, una riflessione personale volta a cogliere tratti universali ed eterni nel semplice squallore di quel tempo.
Sono andata nella speranza di trovare un senso alla volgarità di quegli uomini con cui purtroppo mi è toccato iniziare a lavorare. I miei primi lavori li ho fatti con loro, giovane e ingenua mi sono vista arrivare addosso secchiate di cacca, un dispregio totale per il lavoro altrui, soprattutto se donna.
Speravo di trovare un aiuto a mettere le cose in contesto e a liberarmi dal fardello dell’esperienza personale.
Non ho trovato altro che un’ennesima ripetizione di quanto già vissuto.
Personalmente – e strali me ne verranno – credo che Amelio condivida tanti dei tratti umani di Craxi e forse si è divertito a sublimarli in lui.
Frasi del tipo: “solo gli sciocchi non capiscono che i soldi servono in politica per un fine superiore” suonano non come un’ulteriore conferma dell’arroganza dell’uomo, ma come sotterranea giustificazione, salvo poi non spiegare quale sia il fine superiore. Forse il partito? Un partito fatto di interessi personali.
“Ma chi se ne frega” – è stata la reazione di pancia, della mia pancia, ad ogni scena.
Se Amelio ha scelto di non chiamare Craxi con il suo nome, per farne una figura universale e senza tempo, doveva avere il coraggio di andare a fondo, di guardare nella miseria umana. Di prendere parte almeno attraverso gli altri personaggi, scegliendo almeno attori meno orrendi ed incapaci.
Affondare almeno davvero nel dolore della figlia, nell’incertezza del figlio, la migliore è la moglie, forse almeno ha una personalità chiara.
Se non voleva parlare di politica allora doveva parlare del lato umano delle cose (…e non mi venite a dire che lo fa con quella farsa del figlio del sodale che speravo tanto gli sparasse davvero!).
Doveva farci vedere qualcosa. Io ho visto solo l’ennesimo balletto dell’Italia feroce che alla fine perdona.
“Chi se ne frega”.
Tea Ranno
21 Gennaio 2020 at 20:25
Grazie, Lorenza. Bellissimo questo che hai scritto. Non ho ancora visto il film, ma dagli spezzoni che girano, me ne sono fatta un’idea. E mi risulta urticante il gran parlare che se ne fa in tv, con la figlia sorridente onnipresente, il figlio che rilascia dichiarazioni, il compiacimento di chi ritiene di aver compiuto un’importante opera culturale e lo schifo che invece traspare, il senso di pesantezza, anche di vergogna per l’opera di magistrati attenti che hanno dato il via a quell’operazione chiamata Mani pulite non a caso. Mi disgusta il riportare alla ribalta esseri ignobili, che si sono mangiata l’Italia, che hanno dato il via a quello show di collusioni, connivenze, pizzi e mazzette che oggi è diventata la regola.
Lo vedrò il film, non so quando, senza fretta, solo per poter parlare con più cognizione di causa.
Francesco De Luca
22 Gennaio 2020 at 17:45
Mi iscrissi al Partito Socialista Italiano negli anni ’80 quando la segreteria la teneva Craxi.
Dei padri nobili: Lombardi, Nenni, Pertini soltanto l’eco perché i segretari erano stati Mancini, De Martino, mezze figure che la Democrazia Cristiana, da me odiata, se li mangiava col suo sgusciare, doppiogioco, sudditanza alla Chiesa.
Il Partito Socialista, puro nell’ideale e scomodo, era stretto fra la Democrazia Cristiana il partito Comunista. Craxi si impose e cominciò a trattarli alla pari.
Noi a Ponza eravamo nella periferia, dei problemi politici, della dinamica politica, degli orizzonti della politica. Dico noi perché a Ponza si formò una ‘giovane’ sezione socialista. Dico ‘periferia’ perché era l’idea socialista ad affascinarci e ci attrasse.
Con lo squarcio del velo di ‘mani pulite’ non ho più rinnovato la tessera. Mi è rimasta addosso la qualifica di ‘socialista’ ma nel sentirla prendo subito le distanze. Da chi? Da Craxi e dalla sua banda: De Michelis, Cicchitto, Martelli. Politici che tagliarono il cordone ombelicale col popolo, con i problemi del paese, per ‘affari’ la cui natura è stata acclarata dai magistrati. Non dall’‘idea’ socialista che coltivo come un fiore.
Craxi avrebbe dovuto dimostrare senso dello Stato, onore per la delega politica di cui fu investito.
Chi sono io per dire avrebbe dovuto? Sono uno che ha creduto in lui e ha votato per lui. Ed ora me ne vergogno.
Sandro Russo
22 Gennaio 2020 at 20:23
Riprendo – per condivisione e con ammirazione per il fine sarcasmo – dalla rubrica giornaliera di Luca Bottura sull’ultima pagina de la Repubblica di ieri martedì 21 gennaio.
TV – #bravimabasta
di Luca Bottura
Divampa ancora la polemica (per come può divampare in Italia, cioè un fuocherello utile a scaldare i finger food dell’happy hour) sulla presunta riabilitazione di Bettino Craxi compiuta dal film di Gianni Amelio – un film, appunto: non un saggio – che ne racconta il punto ultimo della parabola discendente.
Da una parte il puntiglioso elenco delle condanne subite dall’ex segretario socialista, dall’altra il racconto interessato di chi gozzovigliò durante la Prima Repubblica e non vede l’ora di rivalutare se stesso. Anche se i migliori restano i terzisti, cioè quelli che all’epoca si smarcarono alla grandissima dalle disgrazie craxiane, o addirittura cavalcarono il furore popolare, e oggi ci spiegano che i cattivi eravamo noi avversari politici.
Poi ci sono i fuoriclasse, come il senatore vivaista Nobili, che ieri ha spiegato in un’intervista come Craxi avesse ragione, tanto che Renzi ne ha preso il testimone (condivido) e che il problema della Sinistra fu Berlinguer.
Allora facciamo così: se Amelio gira un film per riabilitare Berlinguer, mi offro come sceneggiatore. Favino farebbe benissimo anche lui, e dovremmo anche spendere meno in calotte e riprese all’Estero.