di Isidoro Feola
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14 dicembre: a Sant’Aniell’ ’a iurnàt’ s’allong ’i ’nu pass’ ’i pecuriell’, così recitava un vecchio proverbio ponzese, ormai desueto. Anche qui, come avvenuto a proposito del 13 dicembre (Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia) bisogna rapportarci al vecchio calendario giuliano (in uso fino al 1582) allorquando il 14 dicembre corrispondeva al giorno successivo a quello del solstizio di inverno e di conseguenza la giornata di allungava di qualche manciata di minuti, paragonabili, nella fantasia popolare, alla lunghezza del passo di un agnellino (’u pecuriello, appunto).
Ma chi era, in realtà, Aniello e perché, come cercheremo di capire, il suo culto è sempre collegato a quello di Lucia?
Sant’Aniello nacque a Napoli nel 535 da una nobile famiglia di origini siracusane (Federico e Giovanna), probabilmente imparentata con quella di Santa Lucia.
Incline alla vita religiosa, divenne prima monaco ‘basiliano’ (che seguiva la regola di San Basilio, il grande o il magno, considerato il primo dei padri della Cappadocia), e poi monaco agostiniano.
Alla morte dei genitori usò la cospicua fortuna ereditata per le opere di bene e per costruire un ospedale per la cura delle persone povere.
Nel 581 sotto la minaccia dell’invasione da parte dei Longobardi, il popolo di Napoli si rivolse a lui perché intercedesse presso i capi dell’esercito che si apprestava ad invadere la città.
Sant’Aniello si presentò sopra una cinta muraria brandendo un vessillo bianco crociato di rosso e, sembr , che solo tale visione fu in grado dal fare recedere i longobardi dal saccheggiare Napoli.
Dopo tale episodio gli abitanti si convinsero che la sua bandiera possedesse poteri taumaturgici e quindi gli venivano condotti tutti gli ammalati senza speranza, nonostante che, a causa del clamore suscitato da tali azioni, Aniello si fosse ritirato in un eremo.
Si racconta che Sant’Aniello non ha soltanto poteri taumaturgici: le sue intercessioni servono anche ai contadini, di cui sorveglia e protegge il raccolto, ai pastori, di cui custodisce le greggi sia dalle malattie che dagli assalti dei lupi, ma anche e soprattutto alle donne incinte su cui si concentrano le tradizioni più curiose ed interessanti che fanno emergere un carattere puntiglioso e “vendicativo”.
Madonna con Bambino e i Santi Bernardino e Aniello.
P – Pinacoteca del convento di Sant’Antonio dottore in Nocera Inferiore
Il 14 dicembre è il giorno della sua morte (avvenuta a 61 anni nel 596), e tutte le coppie che aspettano un bambino non debbono per nessuna ragione svolgere lavori manuali e si debbono recare in una chiesa a lui dedicata per farsi vedere: per avere una… sorta di raccomandazione; in caso contrario mia nonna paterna faceva dire a Santa Lucia: “…di me fate quello che volete, ma riguardatevi da mio fratello Aniello…” (non potevano essere fratello e sorella perché Lucia è dell’anno 300 ed Aniello dell’anno 500) .
“…a Sant ‘Aniell’ nu’ tucca’ né forbice e né curtiell’…” – il giorno di Sant’Aniello non toccare né le forbici e né i coltelli, perché diversamente, se un genitore viene sorpreso dal Santo a maneggiare tali arnesi, potrebbe incorrere nel castigo di vedere il nascituro venire alla luce con qualche mutilazione più o meno grande, ad uno dei quattro arti. (…e meno male che stiamo parlando di un Santo!).
“Sant’Aniello beneditt’ saquenza…”: è l’espressione che si sente ancora pronunciare a Ponza da una donna incinta, tutte le volte che il suo sguardo si posa su qualcosa di sgradevole (persone, animali o cose di cui si può fare“abba”); di solito l’esclamazione è accompagnata dal gesto di tracciare un segno di Croce sulla pancia, più o meno attorno all’ombelico.
Una donna incinta non deve “tamburellare” con le dita sul tavolo altrimenti il nascituro può nascere “cu ’a faccia pizzicata” (il termine ’a pizzicata veniva pure usato per indicare le cicatrici che il vaiolo lasciava sulla pelle una volta che, per fortuna , l’infezione fosse guarita; la guarigione era, per lo più, abbastanza rara, almeno fino all’avvento della vaccinazione nel 1798 ad opera del dott. Jenner.
Per completezza ’a pizzicata indicava anche una presa di tabacco da fiuto, che era molto in voga) .
Tornando a Sant’Aniello, altra raccomandazione è quella di non maneggiare assolutamente corde, gomitoli, ecc., pena la possibilità che il nascituro possa nascere con giri di cordone ombelicale attorno al collo.
Però, come contraltare, bisogna dire che nelle chiese dove c’è un’immagine di Sant’Aniello da venerare , vi è tuttora la devozione , per le coppie che non riescono ad avere figli, di recarvisi in pellegrinaggio per ottenere la fecondità.
La devozione a Sant’Aniello (anche Agnello, dal latino Agnus; anche Nello) tuttora è molto sentita in tutto il Sud Italia, in particolare in Campania, dove esistono molte chiese a lui dedicate. Chi si reca nella penisola sorrentina, provenendo da Napoli, incontra sulla sua strada la cittadina di Sant’Agnello.
E’ uno dei Santi Patroni di Napoli (dal famoso episodio succitato della mancata invasione da parte dei longobardi nel 581) e di altre cittadine italiane .
Confraternite intitolate al Santo si trovano in diverse nazioni di tutti i continenti, qui sorte su iniziativa degli immigrati, parimenti a quanto avvenuto con il “nostro” San Silverio.
Fino ad una cinquantina di anni fa tale nome era molto diffuso a Ponza; a Forna Grande dove da bambino trascorrevo un bel po’ di tempo, gli “Aniello” si sprecavano o perché residenti nel quartiere, o perché gravitavano attorno Cala Feola (abbascia ’a marina) che di fatto era (e lo è tuttora per altri versi) il “porto” di Le Forna.
La spiaggia ne rappresentava il cantiere dove alare in secca i gozzi da pesca per pulizia, inchiodatura, calafataggio e pitturazione, onde approntare il tutto per la successiva campagna di pesca: partenza primaverile alla volta della Sardegna (soprattutto), ma anche Corsica, isole della toscana, La Galite (Yalt’ o Yarde).
Come si faceva a cala Feola a distinguere tra di loro tutti gli Aniello che vi gravitavano? Semplicemente attribuendo loro un soprannome.
Proviamo allora ad elencare, andando indietro nei ricordi, i soprannomi considerando anche il fatto che a dispetto del nome della località (cala dei Feola) la maggioranza degli abitanti faceva Romano (nei successivi soprannomi indicati con R) di cognome (sicuramente ne ho dimenticati):
– Anellìn’
– Anelluccio
– Anellone (Rivieccio
– Aaccaniell’ (balbuziente)
– Aniell’ Aniell’ (anche lui balbuziente, e quindi ripetuto due volte)
– Campaniell’ che con la crescita divenne Campan’ (De Martino)
– Cazzirré (Calisi) (probabilmente perché rossiccio e con tante lentiggini)
– ’U ranniss’ (Calisi)
– ’I Cuccumett’ (Di Giovanni)
– Zzann’ (Impagliazzo)
– I Bartulett’ (Pagano)
– Mannin’ (Sandolo, padre del dott.Sandolo , proprietario\armatore di mburchielle ^)
– ’U pazz’ ’i Scuott’ (Scotti)
– Puparuòl’ (Spigno)
– Baggian’ (Balzano)
– ’U zellùs’ (Balzano)
– ’U fratiell’ (Avellino)
– ’U russulill’ (Avellino)
– Sputazzell’ (Feola)
– ’U ’merican’ (Feola)
– Cartòn’ (Aprea)
– Aniellabbrea (Aprea)
– ’U casciulill’ (R)
– ’U viecchie R)
– ’U greche (R) (detto così perché sembra che dopo 2-3 bicchieri parlasse un idioma incomprensibile)
– ’I Rafiuccie (R)
– ’I tirapall’ (R)
– ’U nazzaren’ (R) (perché di credo evangelico)
– ’A bbestia (R)
– ’A marsiglia (R) (perché era stato 5-6 volte a Marsiglia imbarcato ’ncopp’ ’a ’mburchiella ’i Mannin’)
– ’I pacchiaron’ (R)
(*) ’a ’mburchiell’ era un bastimento–vivaio con cui si trasportavano le aragoste vive dai luoghi di pesca ai mercati di vendita (solitamente Marsiglia)