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A margine della riproposizione da parte di Vincenzo Ambrosino del libro di Bixio sulla miniera (leggi qui) Silverio Lamonica coglie delle analogie tra la situazione isolana di allora e quella nazionale di adesso.
Il dramma che Ponza affrontò nel 1975: favorevoli e contrari all’attività estrattiva della Samip, lo stanno vivendo ora i cittadini di Taranto con l’ex Ilva.
Le proporzioni sono notevolmente diverse: Ponza nel 1975 aveva circa 4.000 abitanti e la Samip dava lavoro, grosso modo, a 100 operai, con una percentuale di circa 2,5 occupati per il numero di abitanti.
Oggi Taranto ha una popolazione che sfiora 200.000 anime (196.702 nel 1918) e gli occupati dell’ex ILVA sono all’incirca 11.000 con una percentuale che si aggira sui 5,5 occupati per il numero complessivo di abitanti.
Le percentuali si discostano, ma non di molto, essendo al di sotto del 6%.
Ponza, a suo tempo, fece una precisa scelta di campo tra turismo e attività industriale estrattiva e optò per la prima, dopo gli scontri tra chi voleva che l’attività della miniera continuasse e chi la voleva fermare, come scrissi nella recensione al libro di Bixio.
Oggi a Taranto si ripete – su più vasta scala – la stessa situazione: da una parte 11.000 operai e rispettive famiglie che sono terrorizzate di perdere lavoro e reddito e dall’altra un numero non meno ragguardevole, di cittadini che denunciano i danni da inquinamento che la fabbrica produce.
Si può conciliare l’attività industriale con la salute e il benessere della stragrande maggioranza dei cittadini? Sembra proprio di no, almeno in Italia, perché le industrie dovrebbero investire capitali non indifferenti per rendere gli impianti eco-compatibili. Lo constatammo a Ponza nel 1976 quando alla Samip si fece rilevare che, per continuare gli scavi, avrebbe dovuto mettere in sicurezza l’intero e imponente costone roccioso di Cala Cecata, affinché non crollasse la bretella che univa (e unisce) Calacaparra al resto dell’isola.
Lo constatiamo adesso con l’ex Ilva, acquistata da una società mista indiana e francese (ma questi ultimi non fanno parte dell’Unione Europea, assieme all’Italia? …Mah!) i quali cercano di delocalizzare la fabbrica in altri lidi, ben più tolleranti e compiacenti, dove si sorvola sull’inquinamento e dove gli operai vengono retribuiti con cifre irrisorie, altro che rivendicazioni sindacali!
Purtroppo sono questi gli effetti della globalizzazione e il liberismo, come giustamente non si stanca di osservare il caro amico Vincenzo Ambrosino, nasce, cresce, pasce, vive solo ed esclusivamente di “profitto” e il profitto non guarda in faccia a nessuno (e non muore mai!)
C’è poi da aggiungere che la materia prima, il ferro per far lavorare le acciaierie, la importiamo, o sbaglio? Se non erro le antiche miniere di ferro all’Elba, Valle d’Aosta e Sardegna sono chiuse ormai da anni perché poco sicure e poco produttive.
In un quadro del genere, su cosa deve puntare l’Italia con il suo inestimabile patrimonio paesaggistico, archeologico, storico, culturale, ambientale… se non sul turismo?
Per fare ciò occorrerebbe una seria politica rivolta innanzitutto alla protezione e alla conservazione di questo nostro immenso patrimonio (si dia inizio a serie opere di salvaguardia e di bonifica del territorio) e a preparare operatori che lo sappiano gestire e valorizzare e questo è compito della scuola italiana nel quadro di una politica a medio e lungo termine, che l’Italia ancora non si accinge a fare, vivacchiando sulle emergenze.
Fonti
Corteo a Taranto di 2000 persone “Cambiamo Taranto, il tempo è scaduto”
https://bari.repubblica.it/cronaca/2019/05/04/news/taranto_manifestazione_ambiente-225447036/
lagazzettadelmezzogiorno.it – 6.000 firme contro le emissioni nocive e cancerose https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1152593/ex-ilva-luigi-di-maio-torna-a-taranto-con-5-ministri-scattano-i-sit-in.html
Taranto popolazione e occupazione
https://st.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2017-06-06/ilva-confronto-governo-sindacati-piano-e-occupati-125900.shtml?refresh_ce=1
Rinaldo Fiore
19 Novembre 2019 at 08:10
Nel caso dell’ILVA ci sono dei fatti da cui partire: L’ILVA esiste, e si trova a Taranto. L’ILVA non si può abbattere con un bombardamento mirato e intelligente, insomma il problema ILVA esiste ed esisterà per chissà quanto tempo… ma se l’ILVA non può essere cancellata dal panorama di Taranto forse Taranto può essere cancellato dal panorama dell’ILVA: che significa?
Da quanti anni esiste il problema ILVA? Da tantissimi anni e in questo periodo lunghissimo una nuova Taranto si sarebbe potuta costruire. Infatti la mia idea (folle?) è che una nuova città di Taranto si potrebbe realizzare a 30-40 km dall’attuale Taranto risolvendo, per quanto è possibile, il problema sanitario e contemporaneamente i’acciaieria potrebbe essere portata a livelli di vivibilità per operai e ambiente (…ma non si può vedere come hanno risolto il problema i tedeschi nelle loro acciaierie?).
E’ una operazione costosa? Sì ma sembra che i soldi si perdano comunque nell’esistenza dell’ILVA per se stessa: è chiaro che bisogna fare i conti ma forse si può arrivare a risolvere il problema. Autostrade e treni veloci da Taranto Nuova alla fabbrica permetterebbe ai lavoratori di non soffrire le distanze. In un’operazione del genere c’è un indotto psicologico straordinario e un indotto produttivo nella realizzazione delle nuove abitazioni, non provvisorie, altrettanto straordinario.
Forse però un governo dovrebbe pensare ad abbattere burocrazia che è una palla al piede quasi inattaccabile e poi, diciamola tutta, nessun governo potrebbe governare il paese Italia, tranne un governo costituente formata da tutti i partiti presenti in parlamento, per almeno 25 anni: i governi attuali non possono farcela a migliorare la situazione globale del nostro Paese perché troppo complicata, mentre una Costituente forse ce la potrebbe fare. Sono un sognatore ma non vedo altre soluzioni all’orizzonte.