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Della rivista, che seguiamo fin dal suo primo numero, pubblichiamo il Sommario e l’editoriale di apertura del condirettore.
Diritto universale
di Enrico Ceci
Ogni singolo giorno, 700 bambini sotto i cinque anni muoiono per diarrea legata alla mancanza di acqua potabile e di servizi igienici sicuri. Povere vite dal destino segnato. Eppure, in qualche modo, già sopravvissute. Sì, perché nei Paesi meno sviluppati del mondo più di 17 milioni di donne partoriscono senza avere a disposizione acqua sicura, esponendo se stesse e i loro figli a gravi rischi d’infezione, malattie e morte.
I morti per mancanza di accesso ad acqua sicura, e per le malattie portate dall’utilizzo di quella inquinata, non fanno notizia, anche se sono più di quelli causati da guerre e disastri. Non se ne parla ma – come confermano i dati del rapporto “Progressi sull’acqua potabile, igiene e servizi igienici, 2000-2017” pubblicato dall’Unicef e dall’Oms — la situazione, nonostante qualche timido segnale di miglioramento nel continente asiatico, è gravissima: 2,2 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile e 4,2 miliardi di persone, più della metà della popolazione mondiale, non dispongono di servizi igienici sicuri. I loro escrementi, cioè, entrano in contatto con le acque potabili e mancano sistemi di smaltimento. Per 3 miliardi di persone anche lavarsi le mani con acqua e sapone, uno dei modi più semplice ed efficaci per prevenire la diffusione delle malattie, è impossibile.
Questo stato delle cose, che rischia di aggravarsi a causa dei cambiamenti climatici che prosciugano e contaminano le fonti d’acqua, è inaccettabile anche perché garantire l’acceso all’acqua potabile e costruire condizioni igieniche accettabili non richiede investimenti insostenibili o tecnologie indisponibili. Qui parliamo di piccoli investimenti in pozzi, acquedotti rurali e sistema fognario.
Il vero ostacolo è la ricerca del profitto ad ogni costo come, paradossalmente, dimostrano anche i piccoli miglioramenti che la ricerca segnala. Questi, infatti, si sono verificati soprattutto nelle megalopoli del sud del mondo e sono legati a lucrosi sistemi di distribuzione idrica per mezzo di autobotti e non, come potrebbe essere, a efficaci e diffusi accessi pubblici di acqua potabile.
Inutile sperare che siano delle classi dirigenti corrotte e bramose di denaro a garantire a tutti l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici ma, fino ad oggi, anche la comunità internazionale si è dimostrata incapace di garantire questi diritti.
C’è bisogno di andare oltre la risoluzione ONU che ha dichiarato quello all’acqua “un diritto umano universale e fondamentale” e sottolineato come l’acqua potabile e per usi igienici è essenziale al pieno godimento della vita ed è fondamentale per la realizzazione di tutti gli altri diritti umani.
Occorre andare oltre perché la risoluzione del 2010, semplicemente, non è vincolante per gli Stati. Ben vengano tutti i piccoli/grandi interventi che la solidarietà riesce con fatica e passione a realizzare. Con la stessa passione però, è nostro compito sostenere ogni iniziativa che possa portare all’adozione di un Trattato internazionale che non si limiti a sancire il diritto all’acqua ma ne attui gli aspetti sostanziali e procedurali. Un patto che affermi il diritto all’acqua, ne garantisca i livelli minimi e l’accessibilità economica. E che sancisca il diritto all’informazione, alla partecipazione nelle decisioni e, soprattutto, il diritto di agire in giudizio in tema di acqua.