segnalato da Sandro Vitiello
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Ne abbiamo già scritto lo scorso anno, sempre per l’anniversario della morte (leggi qui) ma questo pezzo di Marco Boato mi sembra interessante da rileggere (dalla pagina Facebook di Marco Boato che riprende un suo saggio uscito sulla rivista ‘Mediterraneo dossier’ della Fondazione Girolomoni (2018).
A 24 anni dalla morte di Alexander Langer
Alexander Langer, testimone profeta del nostro tempo e protagonista della “generazione del ’68”
di Marco Boato
A ventiquattro anni dalla sua morte volontaria (3 luglio 1995), la figura di Alexander Langer è più attuale che mai. Per certi aspetti, la sua figura è più conosciuta e “riconosciuta” oggi che non quando era in vita, una vita durante la quale ha dovuto subire anche molte amarezze e misconoscimenti. Per questo parlo di lui come “testimone” (oltre che “protagonista”), ma anche come “profeta” del nostro tempo, sotto un duplice profilo. Un “profeta” a volte contestato e disconosciuto o ignorato, finché è stato in vita, ma un “profeta” che su molte questioni ha visto più lontano dei suoi contemporanei, ha anticipato da autentico precursore i tempi in modo lungimirante, pur non potendo vedere in vita la “terra promessa”. E basterebbe ricordare come tematiche per lui essenziali – quali la “conversione ecologica” e la “convivenza inter-etnica”– fossero ignorate o disconosciute durante la sua vita, mentre negli anni più recenti sono diventate ricorrenti, la prima nel dibattito ecologico e la seconda nelle riflessioni pubbliche sulle relazioni inter-etniche non solo nel suo Alto Adige/Südtirol, ma anche in Bosnia e oggi in Ucraina, Afghanistan, Siria, Iraq, Libia, Israele e Palestina, e via purtroppo elencando, comprese molte realtà europee oggi attraversate da pulsioni razziste e xenofobe… (continua al link sopra indicato)