A malapena si vede, Ponza
di Gabriella Nardacci
Giulia, mia nipote, mi telefona per comunicarmi che le hanno dato l’incarico annuale nella scuola. Esulto dalla gioia e lei mi dice: “Si vabbè, però sapessi dove… All’isola di Ponza!” Rispondo: “Meglio a Ponza che ad Aosta non credi?”.
Ponza… Sicuramente non mi lascerò scappare l’opportunità di visitare Ponza ora che Giulia si trasferirà lì per un anno. In fondo è anche la mia isola, quella che “a malapena si vede…” da via della Circonvallazione.
Avviso mio zio e gli dico se può passare a casa di mia madre nel pomeriggio. Ci sarà anche Giulia. Mia madre tentenna il capo e dice: “Accussì luntano… meso a gliu mare… Tutta chell’umidità ce farà malo all’ossa…”.
La tranquillizzo dicendole che però quando c’è il sole è così caldo che asciuga ogni cosa. Mi guarda, si fida sempre di quello che dico, anche se certi miei concetti non sono attendibili.
Mio zio dice che farà un paio di telefonate per un monolocale per Giulia, che concorda. Giulia dice che la casa va bene in qualsiasi posto dell’isola ma zio, che conosce bene ogni angolo di Ponza, accenna di sì con il capo ma lascia intendere che lo sa lui dove cercare, dal momento che conosce anche la posizione della scuola dove Giulia presterà servizio.
Giulia è contenta per aver avuto l’incarico ma nello stesso tempo è un po’ malinconica. Ha paura di sentirsi triste, a Ponza, in questo periodo d’autunno in cui è arrivato l’incarico. Le dico che è meglio, così arriverà presto la primavera e mio zio aggiunge che finalmente si colorerà un po’ le guance che “…Si’ bianca accome alla carta e alloco gliu sole è n’atro sole. Magari te fai puro gliu rigazzo che alloco so forti e sanguigni…”.
Mio zio ha convinto pure mia madre, che insieme a me e a Giulia, ride di gusto. Zio è simpatico e riesce a strappare sempre un sorriso a tutti. Penso che forse è stata l’isola che gli ha fatto bene e in fondo concordo con ciò che ha detto.
L’aria del mare è salutare e di sicuro sarà meglio dell’aria di città.
Il mare intorno… E intorno il mare… Perché quest’isola io la immagino come in alcuni disegni che fanno i bambini a scuola. In mezzo al mare con una casetta e una palma, con la linea dell’orizzonte appena dietro e il sole in alto, che la illumina tutta, senza infastidirla. Un sole con i raggi tremolanti tutti gialli, alcuni dei quali si perdono nell’angolo in alto del foglio, o un sole che tramonta dietro la linea dell’orizzonte, con l’isola davanti che non diventa scura, ma rimane colorata come di giorno. L’unica differenza è che ha le finestre accese e il mare con il cielo dai colori caldi: “…Perché, devi sapere maestra, che d’estate, quando è sera tardi, è ancora giorno al mare”.
Anche la realtà è sempre fantastica per i bambini…
Mia nipote dovrà prendere servizio a scuola già lunedì. Per una settimana, una famiglia di amici di mio zio, la ospiterà a casa loro e nel frattempo Giulia potrà scegliere quale dei tre monolocali che le ha trovato mio zio, le piacerà.
Non potrò accompagnare Giulia nel fine settimana e mi dispiace togliermi la possibilità di vedere Ponza in autunno, ma mi ha promesso che nella sua solitudine farà una ripresa dell’isola e mi farà vedere le immagini.
Aiuto Giulia a preparare la valigia. E’ un’impresa ardua perché lei vorrebbe portarsi via anche la casa. Le ricordo che Ponza non è così lontana e che poi c’è zio e altri compaesani che lavorano lì e che possono comunque portarle cose che ha dimenticato. Le dico che forse è meglio arrivare a Formia con il treno così che possiamo parlare tranquille e fermarci un po’ a prendere una spremuta o un caffè prima che lei prenda il traghetto.
Giuseppe, l’amico di mio zio, andrà a prenderla al porto di Ponza.
E’ la mattina di un sabato grigio di novembre. La stazione di Priverno-Fossanova è vuota e sul binario per Napoli centrale non c’è nessuno oltre a noi due, con un’unica valigia che scoppia di salute e di calore..! All’interno ci sono maglioni, ninnoli, libri e …salsicce piccanti, che mio zio invia a Giuseppe. Nello zaino a spalla, che la tira all’indietro, Giulia ha messo le scarpe, i documenti, la macchina fotografica e una piccola cinecamera. Nella borsetta le vanità; con la mia crema dopo-bagno di cui le piaceva tanto il profumo.
Il treno ci dondola. Vorrei guardare fuori e visitare i miei pensieri ma Giulia parla- parla-parla… quasi seguendo il ritmo del treno che dopo riporterà indietro solo me.
Cerco di concentrarmi a seguire i suoi discorsi ma ci riesco a stento. I giovani hanno la forza di saltare molte parole mentre io vorrei soffermarmi su di esse e su certe idee che ne scaturiscono. Giulia comprende che non ho molta voglia di parlare e attribuisce il mio silenzio alla sua partenza.
“Zia, quando tornerò per le vacanze di Natale, ti racconterò tante cose. Ma ci scriveremo vero? ”
La tranquillizzo e le dico che saremo vicine con ogni forma di pensiero. Lei ride di gusto e mi chiede: “Ma zia, anche i pensieri per te hanno forma?”.
Non ho dubbi e le rispondo di sì, ce l’hanno, come hanno forma le parole. Le dico che imparerà dai bambini tante cose belle e vere e le regalo quei due disegni sull’alba e sul tramonto che ho sottratto a Leonardo venerdì, a scuola, prima di partire per il paese.
E tra pensieri persi e quelli rimasti ancorati in testa, arriviamo alla stazione di Formia. Un taxi ci accompagna al porto. E’ ancora presto. Ci fermiamo nel piccolo bar del molo fino a quando arriva il momento del distacco.
L’accompagno e la vedo entrare nel traghetto. Sembra un panino imbottito. Ma sorride. Guardo il traghetto staccarsi dal porto e lasciare un solco profondo dietro di sé. Continuo a salutare con la mano anche se non la vedo, e mi ostino a non mettere gli occhiali da lontano perché aggiungere un ulteriore segno di vecchiaia, mi dà fastidio. Se Giulia mi vede dal traghetto, sarà contenta del mio saluto.
Mi avvio verso la stazione. Formia è carina. Si dice che Ulisse sia passato di qui e se avessi tempo, passerei pure a far visita alla tomba di Cicerone, ma devo andare al treno e non nego che se avessi avuto poteri magici, avrei scambiato me con Giulia.
Vorrei arrivare al paese prima di sera così che posso passare in via della Circonvallazione per affacciarmi al Belvedere e inviare un sms a Giulia che è dall’altra parte.
La sera arriva già nel pomeriggio, a novembre. E’ l’oscurità che si confà agli amanti e nelle strade quasi vuote del mio paese si sente l’odore del fumo dei camini.
Arrivo in via della Circonvallazione e invio un SMS a Giulia: “Sono in via della Circonvallazione e osservo la lingua del mare… Sei arrivata? Si vede qualcosa da lì?”.
Passano solo due minuti e Giulia risponde: “Sono arrivata poco fa. E’ triste Ponza in questo periodo ma suggestiva. Ti piacerebbe da morire zia, se la guardo con i tuoi occhi. Sai che si vedono i nostri monti da qui? A malapena, ma si vedono i nostri monti!”.
Ma come si fa a non piangere per tanta bellezza? Ditemi voi come si fa…
Gabriella Nardacci