riceviamo in Redazione e volentieri inoltriamo la richiesta ai nostri lettori
Spett.le Ponzaracconta,
mi chiamo Alessandra Pelagalli, vivo e lavoro a Napoli, ma la mia famiglia è originaria di Aquino (FR), paesino in cui per secoli è stata tramandata una tradizione, quella della distribuzione di una minestra a base di fave accompagnate da pane e distribuita ai poveri nel giorno dei morti. Questa tradizione è andata un po’ persa nel tempo.
Oggi mi farebbe piacere, poichè sono molto legata alle tradizioni del passato, sapere qualcosa di più in proposito andando a ricercare le motivazioni e le origini del connubio fave-morti.
Sto svolgendo una serie di ricerche storiche e culturali in questo campo e mi sono imbattuta in alcuni articoli in cui è riportata una preparazione a base di fave da preparare il giorno dei morti.
Potrei avere maggiori informazioni a riguardo? La sua preparazione, l’origine storica di questa tradizione.
Vi ringrazio moltissimo per quanto potrete suggerirmi a riguardo.
Cordiali saluti
Alessandra Pelagalli
Redazione
13 Gennaio 2012 at 06:16
Non per la gentile lettrice che ci ha scritto, che avrà sicuramente avuto accesso a questa informazone dal web, ma per i nostri lettori, riportiamo un trafiletto sul tema, recuperato in rete (leggi qui)
Le fave e il cibo dei morti
Il cibo tradizionale del Giorno dei Morti nell’antichità erano le fave che venivano servite come piatto principale nei banchetti funebri. I Romani consideravano sacre le fave e pensavano che contenessero le anime dei defunti. Con l’avvento del cristianesimo le fave rimasero il cibo del Giorno dei Morti; erano infatti consumate come cibo di precetto nei monasteri durante le veglie di preghiera per la Commemorazione dei Defunti. Per la stessa ricorrenza vennero usate come cibo da distribuire ai poveri o da cuocere insieme ai ceci e lasciare a disposizione dei passanti agli angoli delle strade.
Le “Fave da morto”, “fave dei morti” o “fave dolci” sono dei pasticcini alla mandorla, di forma ovoidale e schiacciata, cosparsi di zucchero a velo; hanno l’aspetto di un amaretto, ma presentano una consistenza maggiore (Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Marche ed Umbria). Differenti, seppur sempre a base di mandorla, sono le “Favette dei Morti”, presenti un po’ in tutto il Nord-est, ma soprattutto in Veneto, a Trieste e in Friuli, sono di tre colori (panna, marroni e rosa) e variano dal croccante al morbido, come le Favette Triestine.
Mimma Califano
13 Gennaio 2012 at 17:47
Era, e per qualche famiglia più tradizionalista ancora è, abitudine mangiare le fave il giorno dei morti.
Le fave secche vengono messe a bagno la sera prima e poi lessate la mattina presto. In genere le donne in mattinata si recano al cimitero e si pranza con le fave condite con sale, olio aglio, accompagnate con il pane o ‘a minestra’ con la pasta. Il perché della tradizione si perde nella notte dei tempi; fa parte di quelle abitudini familiari dove l’usanza non richiede una spiegazione. Questa era sicuramente abitudine a casa di mia nonna – classe fine 1800; io l’avevo interpretata come segno di penitenza per la ricorrenza. Altra tradizione della sera della vigilia della notte dei morti – in qualche modo connessa con questa – era, per i bambini, mettere la scarpa sotto al letto per ricevere doni, ed anche lasciare un secchio pieno d’acqua pulita sul pozzo. I vecchi dicevano che in quella notte ai Morti è dato il permesso di visitare le loro case e poiché hanno sempre sete era segno di affettuoso pensiero far loro trovare dell’acqua fresca da bere.
Lino Pagano
13 Gennaio 2012 at 23:40
Le mie reminiscenze mi riportano ai giorni prima dei Morti… Mia nonna usava mettere a mollo le fave per poi cuocerle nel forno a legna abbrustolite; venivano fatti dei copetti con la carta gialla quella per la pasta, che toglieva l’unto e venivano mangiate per strada fino al cimitero. A quei tempi si passava la giornata con i morti, non come ora che ci si va, si posano i fiori e si ritorna a casa. Se ti veniva un morso di fame le fave abbrustolite servivano a riempire i buchi nello stomaco; insieme alle fave si facevano anche i ceci fritti da mangiare quando la fame si faceva sentire. Questo è quanto.
Lino Pagano