di Lino Catello Pagano
Avevo sei, sette anni, forse meno e vivevo con i miei nonni sopra Chiaia di Luna. Lì si faceva un presepe grandissimo per tradizione, con il nonno Giovanni, da parete a parete; le stanze di una volta erano grandissime, la cucina era quattro metri per lato ed il presepe era lungo appunto quattro metri. Era fatto tutto con i sugheri che venivano dalla Sardegna, belli grandi e spessi: servivano per fare i tappi alle botti e alle damigiane.
Ogni giorno che passava, dal Natale all’Epifania, il presepe veniva sconvolto da me: i Magi avanzavano nel loro cammino, i pastori venivano spostati in avanti così che poi alla fine, il 6 gennaio giorno della Befana, erano tutti ammassati davanti alla capanna del Bambinello.
La sera prima dell’arrivo della Befana mia nonna mi preparava all’evento. Mi diceva: – Questa sera devi mettere la calza nel camino, che quando passa la vecchietta ti mette i regali…
Allora si andava al letto con le galline… Si andava a dormire alle otto di sera, dopo che il nonno aveva raccontato qualche aneddoto del giorno, oppure una favola inventata lì per lì …quanta poca malizia c’era!
Poi il rito della calza appesa al camino. Io non facevo altro che prendere i calzettoni del nonno. Erano molto grandi, aveva un piede gigante: 46 di scarpa! I calzettoni li faceva mia nonna, con tanti ferri messi insieme e lavorati in contemporanea. Aveva una tale velocità a sferruzzare, che un paio di calze, se ci si metteva, riusciva a finirlo in due giorni!
Ma ritorniamo alla Befana. Mi prendevo un paio di calzettoni (dicevo a mia nonna che erano meglio due), così riuscivo ad avere più regali – evviva l’ingenuità – e li appendevo alla cappa del focolare. Poi mi preparavo per andare a dormire. Avevo un letto – lo ricordo ancora con odio per quanto era duro – con un materasso fatto di sfoglie di pannocchie di granoturco; era tutto un rumore come ti muovevi.
La nonna mi diceva, al momento di andare a dormire, di non fare rumore, perché se la Befana passa e sente dei rumori non si ferma e va avanti in altre case… Pensate a me su quel letto duro senza potermi muovere per non far rumore. Altro che Befana! Quella era una tortura tremenda, se ci penso, ancora oggi sento tutte le ossa che si ribellano.
Passata la notte rigido, immobile nel letto, al mattino al risveglio dovevo rimettere in ordine le mie povere ossa; poi via di corsa in cucina dove la nonna già trafficava a vedere cosa avesse portato la cara vecchia Befana. Il primo calzettone era pieno di carbone, e le lacrime cominciavano a sgorgare dai miei occhi; il secondo invece era pieno di cose da mangiare, fichi secchi, le cotognate – quelle fatte in casa in estate e fatte asciugare al sole di agosto, buonissime, i gettoni di cioccolato (quelli arrivavano dall’America da mio zio Silverio) e altri dolcetti sempre americani e le gi-gomme da masticare, una o due: non pacchetti ma numero di gomme!
Malgrado tutte queste cose buone, però, lo sconforto mi mordeva il cuore, per non aver avuto nessun giocattolo. Mia nonna mi guardava in faccia e mi diceva: – Hai guardato ai piedi del letto del nonno, vicino agli scarponi? Allora io correvo nella stanza dei nonni e lì trovavo la sorpresa! Un camion con la gru!
Ero al settimo cielo… Allora si vedeva davvero la felicità di un bambino che credeva alle favole e alla Befana.
…E quello era anche il momento di mettere i re Magi davanti a Gesù Bambino per i doni che Essi avevano portato a Lui.
Buona Befana a tutti!
Lino Catello Pagano