di Francesco De Luca
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per la prima parte (leggi qui)
Oggi l’isola è visitata in modo intensivo in estate. Da Ponza giornalmente barconi carichi di turisti vanno per godere le bellezze delle coste e del mare. Ha preziosità naturali nella Grotta di Mezzogiorno. E’ un passaggio al di sotto del faraglione. Col mare calmo le acque si mostrano variopinte di rosso, di verde perlaceo, di blu. Il rosso lo donano i pomodori di mare, anemoni sulle rocce non colpite dal sole. Il verde lo evidenziano le alghe commiste con le rocce. Il blu cobalto è prerogativa delle acque pulite.
Cala Brigantina si presenta protetta come lo è sempre stata, ed ecco la ragione del nome. Le galee moresche si sottraevano alla vista di eventuali inseguitori, i pescatori in quella calma riposavano prima di riprendere la fatica.
La spiaggia del Porto ha questo nome perché è l’unica spiaggia che permette uno sbarco quieto. Anche i monaci nel primo medioevo scelsero di dimorare nella solitudine di quell’isola, e in quelle adiacenze innalzarono tetti ove pregare. Lo attestano antichi scritti e fino al 1800 qualche resto murario fu intravisto da Pasquale Mattej (1858). Così come sul cocuzzolo dello scoglio all’ingresso della spiaggia fu eretta una Postazione di Guardia dai Borbone. Ora spacciata per luogo di prigionìa di san Silverio.
Nell’isola di Palmaria (come è scritto nel Libro dei Martiri) morì di stenti il santo padre Silverio. Così si narra. Senonché in quegli anni ( 837 ) le isole dell’arcipelago venivano chiamate con i nomi più disparati e senza una nota identificativa (Arcipelago Pontino di Apollonj Ghetti) E poi, appare più verosimile che papa Silverio fosse stato portato lì dove altri cristiani erano stati deportati e vi avevano trovato la morte al tempo degli imperatori romani.
Una comunità cristiana aveva già dato segni di sé da molti anni e stazionava a Ponza nella zona intorno alla Chiesa. Lì dove erano presenti il Porto romano e una Torre. Un luogo riconosciuto dai cristiani per avervi lasciato le spoglie i martiri, poi innalzati all’onore della santità. Detto Martirìa, ossia dei Martiri. Vi giace anche la tomba che fu di santa Domitilla, nella spelonca che la tradizione le assegna.
Anzi, c’è da osservare che il Cristianesimo, nei secoli del Medio Evo, ebbe modo di modellare la Storia dei luoghi e degli uomini a suo piacimento. Fu così che san Silverio fu fatto morire nell’isola di Palmaria, individuata in Palmarola, e l’isola di Ponza fu legata alla vicenda, biasimevole per i Cristiani, di Ponzio Pilato, e divenne l’isola che diede il nome al pretore romano (Pontio l’ isola di Pilato di Vincenzo Bonifacio, Vianello libri). Lo stesso nome Palmarola fu fatto derivare dal fatto che lì molti cristiani si guadagnarono, con la morte, la palma del martirio (Da Frosinone a Ponza… Luigi Maria Dies, 1972). E non piuttosto Palmarola come l’isola dove alligna la palma nana.
Una voce, alquanto solitaria anche se autorevole come è quella del geologo francese Deodat de Dolomieu, ha ipotizzato che lì dove l’isola appare fessa nella continuità dei rilievi, ossia nella zona detta Forcina, agli inizi dell’800 vi fosse un canale che lasciava passare una barchetta. Dal versante di ponente a quello di levante (spiaggia di san Silverio).
Non v’è dubbio, da quel che appare, che lì vi sia stato e v’è ancora un cedimento continuo della roccia. Si chiama Forcina proprio perché il monte si presenta spaccato. Tanto che da Terracina l’isola, che è una, appare come se ci fossero due isolotti. Perché la fessura scende tanto che la curva terrestre ne occulta la base.
Cedevole è la composizione litica cosicché, si è ipotizzato, che il fenomeno del terremoto del dicembre 1892 (Mercalli, Note geologiche e sismiche sulle isole di Ponza) abbia potuto provocare una frana da coprire il canale di cui parla il Dolomieu. .
L’ ipotetico canale non trova segni nei documenti storici né nella tradizione orale. Esso (il canale) doveva essere operante quando ancora i Coloni ponzesi coltivavano Palmarola, la frequentavano di continuo, e quel canale sarebbe stato una scorciatoia provvidenziale ( per raggiungere la spiaggia di san Silverio ). Inoltre il fondale di quella spiaggia non è formato da materiale ghiaioso. Questo poggia su una base di roccia che è evidente fino alla battigia. Ne consegue che nessun canale era possibile e nessun passaggio.
[I gabbiani sono monogami (2) – continua]