di Antonio De Luca
Nella luce delle albe brumose
il taglio dell’uva accarezziamo
raccogliamo l’invisibile succo
tra terre d’ombre e dure pietre.
Tra silenziosi sguardi del Ringraziamento
l’isola nomade ci riversa nel tempo
“…i portatori hanno succo d’uva sulla fronte”
si riempiono i palmenti bianchi ridenti
i piedi felici sciolgono il dolce succo
scivola il nettare nell’anima profonda.
Dalle valli del Tigri e l’Eufrate
sui corpi seminudi inzuppati di raspi e mosto
nelle cantine reliquie di gioia e promessa
giungono per piste carovaniere
la dignità del tempo il senso della giustizia
l’ordine della bellezza le intatte virtù
dal fondo dei pozzi di questa terra,
gli atti rivoluzionari e venti d’amore
che nascondemmo negli anni delle rivolte.
La memoria è una sostanza nomade,
di ogni cosa vendemmiamo fino all’essenza
siamo isole che fluttuano dentro di noi
raccogliamo grappoli che su di esse maturano.
Negli anni della mia infanzia
a sud di giorni a un mare sciabordante
tra solchi e sentieri per uomini felici
“visionario solo vagavo”
lava viva coprivo la terra di vigne.
Ora la sera degli anni ha l’odoroso sapore del pane e del vino
su un vecchio letto scavandomi la quiete mi copro.
Antonio De Luca
Gennaro Di Fazio
17 Dicembre 2011 at 01:39
Ho sempre amato le poesie, di qualunque genere e poeta; ma di quelle che richiamano la mia isola ne sono ulteriormente affascinato perché all’aspetto letterario si somma quello emozionale di chi, come me e tanti altri, si è trovato a dover lasciare la propria terra nel periodo più delicato dell’esistenza: l’adolescenza. Leggendo le poesie di Tommaso Lamonica, di Franco De Luca e ultimamente quelle di Antonio De Luca, spesso rivivo quelle emozioni dei tempi passati che oggi il poeta è riuscito a tradurre in poesia. Ogni luogo di nascita ha il suo fascino ma credo che l’isola ne ha qualcuno in più, è particolare nelle sue bellezze e nella sua sofferenza come tutti i suoi abitanti, quelli veri, quelli che la vivono durante l’inverno e pagano solo lo scotto di essere isolani. Ma non dimentichiamo neanche coloro che pur stando lontano, per lavoro e per altre esigenze, continuano ad amarla e a viverla con partecipazione.
L’ultimo spunto mi è stato dato da questa poesia i cui versi mi hanno riportato agli antichi lavori, umili e faticati, durante i quali l’uomo viveva la natura e la vita al ritmo delle stagioni e dei rapporti umani.
Non facciamoci imbruttire dalla volgarità dei tempi attuali, il piacere non collima con la gioia e il valore umano, ridiamoci le mani e colleghiamo le nostre capacità, Ponza ha grandi possibilità, crediamoci. “Il primo requisito per la realizzazione di un grande sogno, è la grande capacità a sognare”.
Gennaro Di Fazio