.
– T’u ricuorde ’u Semmentare?
Chi mi rivolge questa domanda è Biagino Pagano.
Lontano dal mare, oggi è una valanga di fatti, di impressioni, ripresi dal fondo della memoria. Il suo lavoro di pescatore gli teneva occupati le braccia e la mente. Oggi che il mare non lo tocca più perché in pensione cerca di essergli vicino riportando in evidenza i ricordi.
– Sì – rispondo – lo ricordo ’u Semmentare ”.
– Ebbene – mi confessa Biagino – è stato lui che mi ha spinto a intraprendere la pesca delle alici.
Sarà che soffro di una malattia: sono affascinato dalle storie. Quando poi implicano gente nostra, paesani schietti, allora mi scatta naturale l’interesse. Ne scrivo perché spero che così accada anche a voi.
– Ma perché tu che pesca facevi? – gli domando.
– Io avevo una barca e andavo a merluzzi. Ad alici ci andavano i fratelli Feola e Portazzero. Prendevo i miei pesci ma quando venivo a terra ’u Semmentare mi rompeva l’anima. – Tu – diceva – seppure fai una pescata eccezionale non puoi guadagnare come una zaccalena. E mi faceva i conti.
– Ma io non so farla quella pesca…
– Ma pecché – ribadiva – non l’hai fatta la pesca a castaurielle? È uguale… sulo ch’a rezza è cchiù grossa. E mi suggeriva come doveva essere la rete, quanto lunga, lo spessore del filo, la grandezza delle cordelle. Mi spingeva in tutti i modi. E la barca? Pure per quella mi dava suggerimenti. Così da amici seppi che a Marina di Massa c’era una barca, costruita per diporto, nuova, a prezzo abbordabile. Andai, la barca era buona e così, con i dovuti cambiamenti, divenne la mia zaccalena.
Mi dotai della rete e dell’equipaggio e iniziai l’avventura di padrone di zaccalena per la pesca delle alici.
– Avventura? Come? – gli dico.
– Eh… avventura sì, perché all’inizio combinai parecchi pasticci – riprende. Il più brutto è quello di rompere la rete. Perché non solo devi spendere per aggiustarla, in più ci rimetti perché non puoi pescare.
Biagino vorrebbe infarcire il racconto con tanti altri fatti riguardanti persone, porti e pescate. Ma il luogo non lo permette. Stiamo fuori ’u Iscaiuolo. Su quella panchina d’occasione siede anche Vittorio Feola. Quando Biagino lo chiama in causa lui annuisce con la testa. Ma poi passa Salvatore ’u meccanico con la bicicletta e chiede qualcosa, una domanda parte da Silverio ’i Maurino al nipote Mauro, il mezzo veloce da Terracina fa scendere una folla di turisti. Il trambusto vince su tutte le intenzioni.
Ponza di oggi vive di queste invasioni. L’estate è il periodo ‘grasso’. I ponzesi lo sanno bene e l’accettano perché il periodo di ‘magra’ non tarderà a venire e perciò tutti si gode di questa abbondanza.
Passa una ragazza con indosso una vestaglia leggerissima e trasparentissima. Ha il costume ma le forme sono troppo aggressive anche per occhi anziani come i nostri. La guardiamo e si ferma la parola. Quando la riprendiamo… – Stateve bbuone, ce vedimmo… – e ci disperdiamo soddisfatti, ognuno per la via di casa.
Nota:
’U Semmentare, Silverio Feola (1900 – 1982 ). Pescatore insieme a Portazzero (Silverio Di Meglio) di cui aveva sposato la sorella (Nanninella ’i Parabbula) .
Il soprannome gli venne attribuito perché ogni volta che veniva a terra dalla pesca, a chi gli domandava cosa avessero preso, come era andata la pesca, rispondeva: tutte semmiente, poca rrobba.
silverio lamonica1
27 Agosto 2018 at 11:03
‘U Semmentare, come tanti, amava incontrare gli amici al bar e conversare con loro. Tra quelli c’era anche mio fratello Francesco, il quale interveniva nel discorso usando vocaboli “ricercati”, tanto per provocare gli interlocutori; al che ‘U Semmentare, spazientito sbottava: “Franci’, ie nun te capisco! Parla comme t’ha fatto mammeta!”