di Silverio Guarino
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In allegato il terzo episodio di “Erotika ’60”.
Sandro, con la tua “epicrisi”, mi stavi per rovinare il programma, ma questo articolo era già “in canna”. Ci ho messo solo una piccola aggiunta che ti (ci) riguarda.
Ciao, Silverio
“Tubist” or not “tubist”?: no, non è una parodia dell’Amleto, ma il quesito che era alla base dello sport preferito, desiderato e praticato dai giovani ponzesi “per bene” e innamorati durante l’estate.
La parola, napoletanizzata, deriverebbe dal sostantivo “tubista”, cioè colui che “avvita” i tubi con quel movimento della mano e del polso così facilmente evocabili con un cenno dell’arto superiore.
Lo stesso movimento con il quale si immaginava di poter accarezzare il seno della amata, avvolgente e coinvolgente, gentile e sicuro, che voleva manifestare amore, passione, senso di dono e di appartenenza.
A volte ci si riusciva in modo leggiadro e leggero, magari facendo il bagno insieme all’amata e, magari , tra un tuffo e l’altro, si riusciva nella manovra malandrina. Anche al “Cinema Margherita”, come ha riportato Sandro Russo nella sua Epicrisi domenicale del 5 agosto (leggi qui – NdR). Altre volte avveniva in modo che poteva sembrare casuale ed involontario, magari anche goffo, ma che era invece frutto di una attenta e oculata strategia di caccia.
Cose che: “Catullus volebat, nec puella nolebat”.
Il meglio poteva invece verificarsi durante un abbraccio focoso e impacciato, magari sulla panoramica, con magari anche qualche meraviglioso bacio dato sotto le stelle della Via Lattea, con le Pleiadi che ti stavano a guardare.
E alla prima esperienza da tubista, piccola e misurata che fosse, la prima espressione che si disegnava sul nostro viso era di gioia meravigliata e di voglia di farlo ancora.
Poi, quando l’estate finiva, lacrime vere e spontanee ci rigavano le guance, magari quando il nostro amore ripartiva per lidi lontani, come quando magari ritornava in America con la sua famiglia, mentre Maurizio dei New Dada cantava: “Cinque minuti e un jet partirà…portandoti via da me”, per finire con “…bugie, bugie, non tornerai…”.
Guarda e ascolta qui, da YouTube:
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Un invito per l’estate successiva, con la speranza di ripetere l’esperienza del tubista l’anno dopo, con esperienza acquisita sul campo e con qualche performance in più da rincorrere e che il freddo inverno avrebbe alimentato, aumentandone il desiderio.
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P.S. – Rileggendo, mi sono accorto di aver usato molte volte (sette!) la parola magari, che poi ho volutamente lasciato in corsivo per farvelo notare.
A me è piaciuto anche così.
E poi, “Magari” non è anche una canzone di Renato Zero? E “Magari” non si riferisce a qualcosa che si vorrebbe realizzare ma che magari non si potrà mai realizzare?
La Redazione
9 Agosto 2018 at 11:54
Chiediamo scusa a Silverio e ai Lettori per aver omesso il brano che lui chiedeva a corredo del pezzo pubblicato sopra qualche giorno fa.
Abbiamo ora ovviato alla mancanza.
Link e foto nell’articolo di base