di Emilio Iodice (traduzione dall’inglese di Silverio Lamonica)
La seconda puntata (tradotta dall’inglese) dell’ottimo saggio di Emilio Iodice su Mussolini, pubblicato sulla rivista americana The Journal of Values Based Leadership (Il giornale della Leadership basata sui valori), attualissimo (luglio 2018).
la Redazione
L’elezione al Parlamento
“Da parte mia, preferisco cinquemila fucili a cinquemila voti”
(Benito Mussolini)
La scarsa educazione di Mussolini, figlio di un fabbro ferraio socialista di un piccolo centro come Predappio, nel Nord Italia, la sua educazione di insegnante e le sue radici filosofiche, basate sugli scritti di Nietzsche, Sorel e Max Stirner lo prepararono a comandare con la forza, il vigore e, se necessario, la violenza. Aveva sete di potere. Mussolini condusse con vigore la sua campagna elettorale alle elezioni parlamentari del 1921. Vinse in un seggio e capeggiò un gruppo di 35 deputati. Ora aveva un partito, una tribuna e una voce nella politica italiana. Il suo seguito crebbe oltre le 250.000 unità.
I fascisti organizzarono i loro gruppi strategici in modo da ampliare e consolidare la loro base popolare. I sindacati erano formati da impiegati delle poste ed altre parti del mondo del lavoro per rimpiazzare le associazioni cattoliche e socialiste ed incrementare i membri del partito fascista. Mussolini organizzò con successo un movimento che si diffuse quasi in ogni angolo d’Italia. A questo punto vedeva l’opportunità di afferrare il controllo.
La marcia su Roma
“Il governo o ci sarà dato o lo prenderemo marciando su Roma”
(Benito Mussolini)
Dopo essere entrato in Parlamento, Mussolini cominciò a pianificare la sua prossima mossa.
Innanzitutto istituì formalmente il Partito Nazionale Fascista che vantava 320.000 membri. “Il 24 ottobre del 1922, al Congresso Fascista a Napoli, Mussolini dichiarò di fronte a 60.000 persone: – Il nostro programma è semplice: vogliamo governare l’Italia (Francis Ludwig Castern, 1982, “L’ascesa del Partito Fascista”, Edizione dell’Università della California, pag.62).
Mentre parlava, le camicie nere occupavano la pianura del Po, vicino Milano, e i posti più importanti del paese. In migliaia si stavano organizzando per marciare sulla Città Eterna col fine di prendere il controllo del governo.
Due giorni dopo il discorso di Mussolini a Napoli, l’ex primo ministro Antonio Salandra, avvertì l’allora primo ministro Luigi Facta dei piani di Mussolini di scendere sulla capitale con migliaia di camicie nere, per chiedere le sue dimissioni ed essere designato capo del governo. Facta chiese al Re Vittorio Emanuele III il permesso di sopprimere la rivolta fascista. Il re rifiutò.
Mussolini coi suoi capi fascisti durante la marcia su Roma. Per gentile concessione dell’Istituto Luce
Il re temeva che qualsiasi tentativo di fermare i fascisti avrebbe condotto alla guerra civile. Vittorio Emanuele era pure preoccupato per la crescita del comunismo che si opponeva alla monarchia e aveva pochi riguardi per i principii democratici e religiosi (Cartsen 1982, pag. 64) . Il re credeva che Mussolini avrebbe potuto combattere la tendenza verso l’estrema sinistra e portare la legge e l’ordine dove altri governi avevano fallito. Mussolini aveva anche il sostegno dell’ establishment, compresi i maggiori industriali e gli uomini politici chiave. Credevano che, una volta al potere, avrebbero potuto controllare Mussolini e stabilire la direzione della sua politica e dei programmi. Sbagliavano. (Renzo de Felice, storico, illustrò che la monarchia aveva una tendenza nazionalistica ed era preoccupata per il proprio futuro. Vedi “Mussolini il fascista, la conquista del potere”. Op. citata pagg. 365-66)
Fascisti durante la marcia su Roma. Per gentile concessione del Corriere della Sera
Il 28 ottobre 1922, Mussolini eseguì il suo piano. Ogni passo fu gestito e coreografato ad effetto. Voleva mostrare al paese che lui e le sue camicie nere erano una forza organizzata che rispettava la legge, contrariamente alle azioni pericolose e destabilizzanti di comunisti e socialisti. I militi marciavano come orde a cavallo affluendo da grandi città, dai borghi e paesi di ogni parte d’Italia. Il Duce si assicurò che ci fossero fotografi e cronisti per vederlo ed ascoltarlo, in merito al pericolo imminente per la pace e la stabilità in Italia e come solo lui potesse portare sicurezza e salvezza (Nicholas Ferrel “Mussolini, una nuova vita”. Londra, Phoenix Edizioni. 2003 pagg. 154-55).
“O Roma o morte”. Camicie nere che marciano sulla capitale, 28 ottobre 1922. Per gentile concessione dell’Istituto Luce
Come soluzione, usava le squadre di giovani in camicia nera per ristabilire la legge e l’ordine in tutt’Italia, sopprimendo il movimento operaio, attaccando i lavoratori e mettendo fine agli scioperi. Nello stesso tempo era preoccupato che i suoi piani avrebbero potuto affrontare ostacoli. Era preoccupato che l’esercito sarebbe stato chiamato per fermare l’avanzata fascista sulla capitale e lui stesso poteva essere arrestato per insurrezione.
Invece, dopo pochi minuti la mezzanotte del 28 ottobre 1922, il sogno di potere e di gloria di Mussolini divenne realtà.
Arrivò un telegramma. Vi si leggeva: “Sua Maestà il Re, mi ha chiesto di invitarla a Roma, col desiderio di consultarsi con lei. Auguri. General Cittadini, assistente di Sua Altezza Vittorio Emanuele III Re d’Italia” (Europinion.it http://www.europinione.it/mussolini-lincarico-di-governo-e-il-protocollo-di-corte/)
Benito Mussolini ringrazia Re Vittorio Emanuele III per la nomina a Primo Ministro d’Italia, 30 ottobre 1922. Per gentile concessione dell’Istituto Luce)
E. Iodice. Lezioni dalla Storia (2) – Continua
Qui la puntata precedente
Qui la presentazione generale con il file .pdf nell’originale inglese