di Vincenzo Ambrosino
Avete mai ricevuto un invito a partecipare ad una cena e poi sentirvi esclusi? …e non perché gli altri commensali facciano comunella tra di loro, utilizzando un linguaggio a voi non chiaro, ma solo perché constatate che ognuno mangia da solo, con la testa nel piatto e ogni tanto a turno qualcuno dice una frase o esprime un pensiero, al quale gli altri non rispondono, continuando a mangiare. E allora tu che non ami stare intorno ad un tavolo, in quel modo, chiedi agli altri: “Ma signori, secondo voi questo è un modo civile di cenare?”
E’ un po’ quello che succede in ponzaracconta, nell’invito al dibattito: e allora facciamolo questo dibattito, ma quando io nomino volontariamente una persona, questi non sente il dovere di rispondermi, magari con intelligenza contrastando o sostenendo le mie idee.
Sono vari i tentativi che ho fatto dall’inizio dell’esordio di questa rubrica su ponzaracconta e tranne Sandro Russo, al quale io ho puntualmente risposto, gli altri dibattenti mi hanno “evitato”. Quindi mentre io tento di collegare i vari ragionamenti, cercando di dare a questi coerenza ed efficacia, gli altri svolgono liberamente il loro temino senza tenere in considerazione argomenti o frasi, o periodi già affrontati da altri.
Prendo atto che la linea del giornale deve rispettare un equilibrio tra visioni editoriali, diciamo diverse; prendo atto che i redattori non vogliono la polemica perché il “giornale non si deve far tirare per la giacchetta”; prendo atto anche che il passato scotta e quindi non facciamoci “seppellire dalla storia per questo bisogna guardare avanti con proposte e idee”; ma non posso prendere atto che il dibattito sia cominciato il 17/11/2011 con l’articolo di Gennaro Di Fazio “Le prossime elezioni amministrative: cominciamo a proporre”.
CHI, COME E PERCHÉ PROPORRE?
Io dico, in un precedente articolo: siamo deboli, abbiamo bisogna che gli amici di ponzaracconta si uniscano in associazioni ecc. …e nessuno ne parla per dire, ma che stai dicendo, come si fa ad organizzare questa cosa? Oppure, arrangiatevi da soli ci avete sempre esclusi, oggi non ci stiamo a farci coinvolgere!
Io coerentemente e testardamente continuo a dire che l’obiettivo deve essere quello di unire (altrimenti faremo sette liste) e finiti i partiti, per UNIRE bisogna partire dalle associazioni economiche e culturali presenti, cercando di mettere intorno ad un tavolo i vari Presidenti per creare un coordinamento.
Ma gli obiettivi di questa mia proposta non vengono capite neanche da quei candidati novità i quali avrebbero tutto l’interesse di incoraggiare tale proposta, invece rimangono velleitari e isolati.
Spiego meglio gli obiettivi di questa operazione:
1. Creare unità e mobilitazione nella residua società;
2. Far partecipare alla costruzione del programma le singole parti sociali che sono state sempre incapaci di produrre proposte;
3. Fare sintesi e coordinare in un programma di lavoro amministrativo le varie istanze;
4. Identificare personalità e capacità per proporli in Amministrazione; queste personalità autorevoli e realmente rappresentative possono emergere ed essere riconosciute come tali dagli altri, solo in un processo attivo che vede le persone incontrarsi, auto-organizzarsi, pensare, proporsi, dibattere, fare sintesi, ricercare l’accordo.
Questo ho proposto ma nessuno mi ha detto che ciò che ho scritto per esempio è inutile, impossibile da realizzarsi o altro, niente di tutto; al contrario improvvisamente compare l’articolo di Gennaro e propone tematiche da svolgere a eventuali esperti: propone un governo tecnico.
E allora a me che vivo in questa isola viene seriamente il dubbio di avere dei problemi di miopia e sordità e mi chiedo: ma allora ci possono essere realmente degli esperti capaci di proporre risoluzioni per risolvere i problemi di Bilancio; Collegamenti marittimi; Portualità e Demanio; Sanità e Servizi Sociali ecc.? E invece purtroppo, amici, non ci sono esperti o almeno io non li conosco. Ma tale proposta mi pone un altro quesito: questi eventuali esperti, che io non vedo: quali posizione culturale, sociale, economica rappresenterebbero per avere una tale autorevolezza ed essere presi seriamente da un contesto isolano in via di decomposizione?
E infatti ecco che vengono fuori proposte come quella del giovane Tobia Gallia (che io ringrazio per il suo intervento: voglio dire che l’isola ha bisogno dei giovani; che a questa età non bisogna essere modesti; che il mondo lo cambiano gli uomini dai 25 ai 35 anni che hanno di queste idee e che si organizzano per portarle avanti). Tobia non è un esperto, ma ha chiaramente delle idee che sono semplicemente adatte per lo sviluppo equilibrato di una piccola isola, anche se rimangono e rimarranno, in questo contesto, lì sospese nell’aria come una nuvola di marzo.
Voglio ricordare a Tobia e a Polina che al di là dei viaggi, queste idee e progetti sono già stati elaborati in uno studio molto approfondito fatto negli anni 1992/94 e vanno sotto il nome di “Progetto Castalia”. Questi studi partivano dalle conoscenze geologiche, botaniche, storico-archeologiche, economiche da cui, attraverso una analisi comparata dei dati raccolti, si passava a prospettare uno sviluppo socio-economico compatibile con le risorse naturali. Quindi non dobbiamo inventarci niente; dobbiamo trovare solo forze, energie, volontà, candidati, per portare avanti queste che sono “rivoluzionarie idee” per la cultura dominante di Ponza.
È per dare forza a queste idee che io dicevo e chiedevo quando parlavo agli “Esuli sognando la primavera di Ponza”, che le comunità esterne dei figli di Ponza e di quelli adottati devono trovare una forma associativa organizzata per contribuire a salvare lo scoglio!
Nel “logo” del giornale del gruppo di giovani “Ponza C’è”, di cui io ero il coordinatore – questo per ricordare ad Antonello che qualcuno della nostra generazione aveva capito che quei giovani dovevano essere incoraggiati a crescere – c’era un gatto che si mordeva la coda, a rappresentare il sistema-isola in crisi: individualizzazione e disorganizzazione economica commerciale/due mesi di sfruttamento intensivo turistico; consumo eccessivo di risorse ambientali /abbandono invernale; residenti in via di estinzione/crollo dei servizi e della qualità della vita invernale; demotivazione dei pochi residenti/ incapacità di creare una classe dirigente; occupazione del potere da parte degli opportunisti/incremento all’abbandono.
Per far capire a quel gatto che la coda è sua – in altre parole: per far comprendere che il sistema isola è da ripensare in tutte le sue riproduzioni sociali ed economiche quotidiane – ci vogliono energie nuove perché qui siamo in pochi, demotivati e divisi.
È su questo che il dibattito deve a mio avviso svilupparsi: come possiamo contribuire, cooperare, organizzarci, noi residenti e voi esterni a salvare l’isola come patrimonio umano, sociale, ambientale ed economico.
Vincenzo Ambrosino
assuntascarpati
21 Novembre 2011 at 01:14
Hai ragione Vincenzo… è proprio un dialogo tra sordi… “Surde e cecate!” oserei dire…
Non ci basta vedere quello che sta succedendo?
Nooooo… Aspettiamo ancora, finchè poi non arriva “l’uovo di Pasqua” come dice Gennaro…
polina ambrosino
21 Novembre 2011 at 13:26
Prima di unirsi bisognerebbe incontrarsi. Pare che a Ponza, cosi piccola, sia più difficile che altrove. E’ strano ma non ci si riesce. A Ponza la gente si incontra nelle feste (specie se c’è da mangiare o divertirsi) o ai funerali, dove si va “a fare il dovere”. Per il resto l’incontro è una perdita di tempo, lo sappiamo bene anche noi facenti parte dell’ambito scolastico: progetti e lavori in comunità vengono sistematicamente boicottati perchè poi c’è da incontrarsi, discutere e accordarsi. L’accordo: parola sconosciuta nel vocabolario ponzese, sostituita fatalmente da parole contrarie quali autonomia, libertà di opinione, autoreferenzialità. A Ponza, purtroppo, è questo il problema di fondo: quando si cerca di chiamare a raccolta la comunità, la comunità non risponde perchè realmente non esiste. Non esiste davanti alle emergenze (come adesso quella scolastica, per esempio), non esiste nell’ambito sociale, non esiste nell’ambito politico. Siamo un popolo di individualisti, ognuno fermo nel suo universo, nel suo perimetro ristretto. Le cose sono due: o davvero rinunciare e aspettare l’Uovo di Pasqua, come quasi tutti vogliono perchè quasi nessuno ha voglia di “impegnarsi e vedere di che morte dobbiamo morire” oppure che quei pochi che credono di avere una speranza, facciano “casino”: ci si munisca di megafono e automobile, come in campagna elettorale, chiamando, zona per zona, gli abitanti per nome e cognome e anche per soprannome, dicendo che è ora di occuparsi della sorte dell’isola. Nè gli appelli su ponzaracconta, nè le diatribe su facebook, nè le tristi vicende raccontate dai giornali smuoveranno il sedere dei ponzesi dalle seggiole. Magari chiamati ad alta voce per nome e cognome, dalla bella lista di nomi di quelle che ha l’ufficio anagrafe e che servono per i seggi, si sentiranno citati personalmente… Se poi, anche davanti a questo tentativo paradossale (ma a Ponza il paradosso è la normalità), nessuno risponde, bè, allora ben venga il Ponzio Pilato di turno che si laverà le mani nel sangue di Ponza.
rita bosso
22 Novembre 2011 at 20:15
Mi piace la metafora del “pranzo asociale”, la trovo efficace e stimolante.
Internet (in generale, non solo Ponzaracconta) come sede di pranzo conviviale? Mi pare improbabile; molto spesso è luogo per spilluzzicate veloci, tra il serio e il cazzeggio; quando il menù è più sostanzioso, si ha l’impressione di cene in piedi in cui ognuno porta qualcosa, magari splendidamente preparato, lo mette in tavola ma lo gusta da solo, senza nessun confronto o condivisione.
Mi pare che la proposta di pranzo tradizionale, chiunque sia il proponente, cada nel vuoto; non sarà allora il caso di provare a proporre portate un po’ più leggere? Sbaglio o c’è una generale insofferenza al dibattito? Potrebbe esserci una maggiore disponibilità a mobilitarsi per singoli, limitati progetti, con finalità ben individuate e circoscritte?
Un esempio: una delle criticità dell’isola è la scuola. Alcuni degli amici di Ponza Racconta insegnano: e se provassimo ad elaborare un progetto e a realizzarlo? Ad inserire la scuola di Ponza in una rete le cui maglie saremmo noi, insegnanti in qualche modo legati all’isola, sparpagliati in tutte le regioni, in scuole di ogni ordine e grado?