di Mimma Califano
Se le parole hanno un senso, che significato vogliamo dare alla scritta “Confinato a Ponza”. Da un po’ di tempo molte auto che girano per l’isola portano l’adesivo con il motto di cui sopra. Capita anche di vedere – capitava, incomincia a far freschino – ragazzi che portano in giro t-shirt con la stessa scritta.
Senso dell’ironia? Un ricordo del passato ponzese? Oppure, come invece mi sono sentita rispondere… – Perché, non ti sembra che la vita del ponzese residente non assomigli a quella di un confinato!?
Siamo portati a vedere il bicchiere mezzo vuoto, piuttosto che il contrario. Del resto l’elenco delle carenze sarebbe lungo. Ma siamo proprio sicuri che tutto ciò che riguarda la nostra isola sia un male?
Non sarebbe forse il caso di prendere il considerazione che Ponza offre ai suoi abitanti più di altri luoghi? Innanzitutto la possibilità di lavorare, cosa non da poco di questi tempi, soprattutto per i giovani. In pochi mesi di attività buona parte della popolazione ricava di che vivere per tutto l’anno.
Non sarà che la mancanza di confronto – vero – all’interno della comunità e con l’esterno ci fa perdere il senso della misura?
Faccio un’annotazione personale, solo come esempio di cosa vuol dire lavorare oggi in una grande azienda privata multinazionale a confronto con Ponza. Non parlo delle 8-9 h al giorno di lavoro per 11 mesi l’anno, ma per i ritmi impossibili e per le competenze che vengono richieste. Si vive per mesi e mesi gomito a gomito con colleghi con cui non si ha il tempo per scambiare neppure i più banali convenevoli. Ci si dimentica anche di fare una telefonata per necessità personali o non si ha il tempo neppure per rispondere al proprio telefonino, per andare a prendere un caffé, ecc… Le competenze che fino a pochi anni fa erano suddivise tra più persone oggi vengono compresse e concentrate e cadono addosso come un macigno. Questa situazione ormai è la regola, in ogni settore di lavoro.
È vero a Ponza d’estate si lavora 14 h o anche più, ma per quanto tempo a questo ritmo? …Due, tre mesi? E siamo proprio sicuri che se la stagione turistica fosse più lunga tutti sarebbero d’accordo? O piuttosto con settembre non si vede l’ora di ritornare ai ritmi tranquilli di sempre? Vogliamo allora riconoscere che non è una disgrazia essere un ponzese, ma piuttosto un privilegio? Vogliamo provare a mettere le cose nella giusta dimensione!?
Questo discorso potrebbe essere lungo, perciò mi fermo qui. Volevo solo evidenziare la negatività con cui Ponza guarda e considera la propria condizione, senza ovviamente negare quanto sia difficile e limitante la vita quotidiana. È solo un’ulteriore esortazione a non piangersi solo addosso, bensì a fare. Cosa? Partecipare, proporre nuove idee, allargare il dibattito, affrontare il confronto, ma a viso aperto… Nascondersi dietro l’anonimato delle rete, rende qualsiasi cosa si abbia da dire inutile: ogni riferimento ai gruppi di facebook è… voluto.
Solo il confronto costruttivo può mettere in evidenza il danno enorme che le scelte amministrative così come sono state fatte fino ad oggi – io porto un pò di voti a te e tu fai qualche favore a me! – hanno prodotto all’intera comunità! Non ultimo lo stesso abbandono dell’isola, che nasce dalla mancanza di politiche adeguate a contrastarlo.
Ci sono e ci saranno sempre gruppi portatori di interesse di parte che “scendono in campo” promettendo… ricchi premi! La loro possibilità di spuntarla è, ritengo, direttamente proporzionale al silenzio che assorda la vita pubblica ponzese. In questo ha ragione Gennaro quando dice: Parliamo! …o Franco quando esorta a non aspettare aiuti esterni. Oppure la desolazione della residenzialità descritta da Vincenzo. L’ideale sarebbe di uscire dai siti Internet ed affrontare ampie discussioni in modo capillare zona per zona. Non credo tuttavia che l’oggetto delle chiacchierate debba essere il “programma” nel senso classico del termine, né un elenco di mancanze, ma piuttosto dove vogliamo che vada la nostra isola? Che futuro è auspicabile? Il resto verrebbe da sé: persone valide – politicamente intendo – comprese. La difficoltà maggiore in un tentativo di questo tipo è che chiunque lo proponesse immediatamente verrebbe indicato come chi si vuole candidare o fare una lista, perché, tornando al concetto di prima, nel ponzese é radicata l’idea che “non si fa niente per niente”. Se ci sono idee su come si possa fare, ben vengano. Ma lasciando fuori questo sito che ha, dal mio punto di vista, un altro ruolo, anch’esso importante.
In altre parole credo che per Ponza, in questo momento della sua storia amministrativa, sia prioritario un metodo di lavoro per arrivare all’assunzione di responsabilità piuttosto che un lungo elenco di cose da fare.
E per concludere, un’altra provocazione: perché non contrapporre a quel “CONFINATO A PONZA”, un bel manifesto: FIERO DI ESSERE PONZESE! ..?
Mimma Califano
polina ambrosino
18 Novembre 2011 at 13:56
Daccordo su tutto. Infatti è più facile lamentarsi che darsi da fare per evitare di ritrovarsi con le mani in mano… Le magliette “confinato a Ponza” sono solo una delle ennesime trovate, ma nessuno di quelli che le indossa sa cosa vuol dire davvero essere confinato nel senso letterale del termine e sinceramente ci auguriamo di non doverlo mai più sapere! Mimma ha sollevato, poi, un altro problema: l’incapacità di vivere bene i pregi dell’isola. E’ come avere una bella casa e non ospitare nessuno, come avere un balcone sul paradiso e tenerlo chiuso. Tutto quello che si fa altrove si può fare a Ponza con il privilegio di affacciarsi e vedere fuori uno spettacolo della natura invece che il palazzo grigio fumo che vedi in città. In un altro scritto sostenevo che chi vuole va… Volere è potere, ecc ecc… Infatti a Ponza ci lamentiamo di tutto ma se poi dovessimo fare davvero quello che fanno le persone che vivono in città, diremmo “arrassasia signore”… Già il 29 agosto si festeggia perchè finalmente se ne vanno tutti, a settembre tutti a dire “finalmente l’isola è tornata alla sua dimensione…” Ma allora: cosa vogliamo? La botte piena e la moglie ubriaca? Vogliamo, pretendiamo, che dal primo maggio al 31 agosto i turisti vengano, ci lascino soldini e soldoni ma poi vedano di andarsene perchè ci hanno infastidito abbastanza… Vogliamo in tre mesi guadagnare quello che io (e tantissimi altri) non guadagnerò mai lavorando per 9 mesi, con 30 bambini e cercando di dare il meglio di me stessa… Ci lamentiamo che non c’è niente per passare il tempo libero, ma nessuno si preoccupa di avere i requisiti necessari per aprire una palestra, per attrezzare un centro ricreativo, per organizzare una qualche attività culturale. E se qualcuno, coraggiosissimo lo fa, che succede? Tutti a dire “Eeeee, che s’ha mise ncapa? ma chiste che vò fà?? è arrivate ‘ù scienziate, nun tène niente a ffà, e pò, ma pecché ‘u ffa? va truvanne sorde, va truvanne coccosa a quaccune???” …Grandi discorsi di notevole levatura culturale, basati su: distruggere quello che si cerca di creare, invidia congenita, “uallera”, incapacità di mettersi in gioco e pigrizia. In barba a tutto ciò, voglio dire questo: il gruppo ‘A Priezza sta organizzando uno spettacolo teatrale, nonostante l’impossibilità di avere uno spazio in cui farlo a Ponza (speriamo esca da qui a due mesi), e incontrando difficoltà a trovare persone da far recitare (poi a Ponza non si fa niente…), e anche l’altro gruppo, il Nuovo Teatro, sta per iniziare i lavori per un altro spettacolo… Siamo sempre gli stessi, siamo quelli che iniziarono nel 1983-84 (!!!!), ma siamo orgogliosi di essere ancora qui. Che ci considerino pure i soliti sognatori, i soliti con la “capa fresca”… Siamo fieri di essere persone con la capa fresca, siamo fieri di essere ponzesi e di fare qualcosina per Ponza e per la sua gente, qualunque sia il giudizio che dà. Ci bastano le risate che ci facciamo insieme, l’amicizia che ci lega da tempo immemorabile e l’orgoglio di dare un po’ di allegria e cultura a un’isola che, come dicevo, merita molto di più da tutti… Soprattutto meno lamenti e più impegno, in tutto.